Quando il vino caccia il bosco e gli uccellini
Quando il vino caccia il bosco e gli uccellini Quando il vino caccia il bosco e gli uccellini Da un'economia mista si è passati a una monocultura con vigne ovunque, anche in zone non vocate, abbattendo il vecchio ecosistema Carlo Petrin�i L termine antropizzazione, tec�nicismo difficile e spigoloso, sta a indicare la modellazione che I subiscono un territorio e il suo paesaggio in seguito all'azione uma�na, dopo secoli di lavoro agricolo e industriale. Alcune sere fa discute�vo, da un belvedere di Monforte d'Alba, del paesaggio che offrono le colline di Langa. Con alcuni produt�tori si osservava lo spettacolo che ci si parava innanzi e si notava come l'uomo abbia dato vita a scorci fascinosi, commettendo però spes�so errori madornali. Lassù da Monforte ma potevo essere a La Morra o in tanti altri belvedere scoige vo i grandi cru del Barolo e notavo insieme ai miei amici la sistematica scomparsa di boschetti, di zone non vitate e della flora selvatica in generale. Al posto di questo piccoli cuori verdi, che punteggiavano il paesag�gio fino a poco tempo fa, ci sono ora viti di chardonnay, dolcetto e, in altri casi, anche nebbiolo da barolo. È una pratica che sta andando avanti da diversi anni: da quando la nuova epopea dei grandi vini piemontesiha pagato sui mercati inter�nazionali. Lo trovo uno scempio paragonabile a quello dei capanno�ni che, dall'invasione dei fondoval11, stanno salendo in collina, prolife�rando come parassiti. Da un'economia mista si è prati�camente passati a una monocultu�ra, impiantando vigne ovunque, an�che in zone non vocate, disboscan�do, senza rispettare coltivazioni e ambienti che facevano parte di un ecosistema perfettamente funzio�nante. Nei piccoli boschi che costeg�giavano le vigne, disseminati fra le colline c'era tutta una popolazione di piccoli uccelli che garantivano l'opposizione al proliferare di inset�ti. Senza questi animali, sfrattati dal loro habitat, la difesa si deve ricostruire con l'utilizzo di prodotti chimici dei quali non sempre si riescono a controllare gli effetti collaterali. Anche la selvaggina era parte integrante di questo sistema che sta irrimediabilmente perden�do il suo equilibrio per portarci chissà dove nel lungo periodo. Non c'è più un prato di fondovalle, gli stessi alberi da frutta tra i filari facevano parte di una tradizio�ne che nessuno vuole ripropprre: ricordo con estremo piacere, e un po' di nostalgia, consunti abituati di pesche di vigna nella stagione esti�va.. E che dire di altre attività umane come l'allevamento, scom�parso anche lui in Langa per questa tendenza alla monocultura: dava un senso all'economia mista grazie alla possibilità di utilizzare la conci�mazione naturale. Secondo me, non giova un paesaggio fatto di sole vigne e cantine. Tanto dal punto di vista estetico, quanto da quello ecologico. Pongo questa riflessione ai miei amici produttori e al popolo di Langa; voirei stimolare, nel conte�sto di un quadro tanto roseo per quanto riguarda la produzione viti�vinicola piemontese, una sensibili�tà anche per questo tipo di temati�che. Agli scempi edilizi potrebbero aggiungersi altri errori difficilmen�te rimediabili: pensateci bene pri�ma di impiantare un'altra vigna e sacrificare porzioni di ecosistema langarolo. Non di solo vino vive l'uomo, ma anche la Langa.
Persone citate: Carlo Petrinì, Monforte
Luoghi citati: La Morra
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