TAVIANI un mitra per la Dc

TAVIANI un mitra per la Dc Nel «Diario» del senatore morto 10 giorni fa le lotte di Genova nel '45 e i personaggi della rinascita democratica TAVIANI un mitra per la Dc «Mettiamo a posto le coscienze» Paolo Emilio Taviani 23 maggio 1945 BASTA con le uccisioni per odio personale, basta con le vendette! La giustizia già si è attuata con i Tribunali del popolo e continuerà ad attuarsi con le Corti d'Assise straordinarie; ma la giustizia la deve fare il popolo e cioè l'organo costituito di una rap�presentanza del popolo. La giusti�zia non deve farla il singolo, arma�to, secondo il proprio unilaterale pimto di vista. Non ci sospinge una preoccupa�zione di pietismo. Chi è stato con noi alla direzione della resistenza durante il periodo cospirativo, sa che noi siamo stati sempre i più decisi nel reclamare la necessità di ima lotta a oltranza contro i tede�schi e i fascisti, lotta fatta di colpi di mano, di assalti, di imboscate. Allora era la guerra, la guèrra contro chi aveva voluto la guerra, contro chi non meritava altro che guerra. Oggi è la pace, la pace voluta da un popolo che ha contri�buito a conquistarsela, da un popo�lo che chiede lavoro e serenità. Non ci appelliamo ora alle leggi e all'ordine costituito, perché sap�piamo di trovarci al domani di una rivoluzione, e si sta ancora discu�tendo quali siano le vere leggi del popolo italiano e quale sia l'ordine da costituire. Noi non facciamo neppure appello alle autorità at�tualmente dominanti: alle autori�tà alleate, perché ci ripugna ricono�scere l'incapacità a fare da noi, e perché abbiamo constatato la delu�sione di quei reazionari che, all'ar�rivo delle truppe alleate, gongola�vano, sperando che esse avrebbero «finalmente messo a posto i parti�giani». I fatti hanno dimostrato che non si tratta di mettere a posto nessuno. Bisogna mettere a posto le coscienze a cui noi facciamo appello, alla coscienza del nostro popolo, alla coscienza di tutti i genovesi. 27maggio Qui a Genova oberammo la scel�ta dell'esercito unitario. Decidem�mo cioè di far affluire i nostri giovani fra i garibaldini. Noi stessi siamo garibaldini. Non sono certo mancate le critiche. Ma non mi pento di avere influito in maniera determinante su tale scelta. Non si poteva combattere su due fronti. L'esercito dei partigiani doveva essere unico. Pluralità dei partiti. Pluralità nei movimenti giovanile e femminile. Autonomia ideologica e d'azione per i partiti. Ma l'esercito in montagna doveva e non poteva essere che unico. Raimondo, Bisagno, Seri via. Da�do, Minetto, Santo: alcuni dei tanti nomi di nostri comandanti! Pur�troppo tutti o quasi tutti i nostri, dopo il 27-28 aprile, al più tardi il 6 maggio, se ne sono tornati a casa. Non dobbiamo invece scordare, amici, che la politica si fa con i voti, ma anche con le armi: dal 9 settembre 1943 a ieri la nostra presenza non è stata una presenza di voti, ma di sten, di mitra, di pistole, di bombe a mano. E' vero che ora vogliamo la pace. Ma pace fondata sulla demo�crazia, sul voto e sui processi legali. Questa deve essere la nuova Italia! (Applausi prolungati). Venerd�7 giugno 1946, Genova Che cosa aspetta il re ad andar�sene? Non soltanto i comunisti sono preoccupati. Se noi non colla�boriamo con loro sul tema istituzio�nale nel rispetto delle regole demo�cratiche, sarà guerra civile, e la vinceranno loro. Le regole demo�cratiche si perderanno. Inglesi e americani sembra che se ne freghino. Sono spariti. i Stasera, o domani sera, parteci�però a un grande comizio a Sestri Ponente con il comunista Novella. ««« Lunedi 10 giugno 1946, Genova Marea di gente, ieri sera, a Sestri Ponente. Mi sono spinto troppo, secondo alcuni amici. Ho detto che se qualcuno voles�se seppellire il referendum sarem�mo pronti a usare gli sten come due anni fa. Guai a lasciar soli i comunisti nella difesa del risultato referenda�rio. C'è il rischio di passare dalla dittatura fascista alla sovietica. Possibile che tanti conservato�ri, anche democratici, anche demo�cristiani, non si rendano conto che il rifiuto della scelta democratica repubblicana scatenerebbe la guer�ra civile? Venerd�14 giugno 1946, Geno�va Grazie a Dio, tutto risolto. Sì, grazie a Dio, ma, a quanto mi hanno telefonato da Roma, dobbia�mo veramente dire: Grazie a De Gasperi. Pare che ieri notte qualche mini�stro (Gerbino) abbia rischiato di morire d'infarto, tanta era l'ansia (e forse la paura) al Viminale, nel Consiglio dei Ministri, nelle ore in cui De Gasperi si recò dal Luogote�nente. Perché il triangolo rosso non fu un quadrilatero. L'altra alternativa sulla quale si fece sentire in Italia il peso strategi�co di Genova si sviluppò all'inter�no del Partito Comunista: fra togliattiani e secchiani. Ebbi modo di frequentare Sampierdarena, Sestri Ponente, Veltri durante i venti mesi della Resisten�za. Vi avevamo tenuto riunioni del Gin Liguria e incontri politici. Dor�mii più volte in abitazioni di famiglie di compagni comunisti. Posso testimoniare che i sec�chiani erano numerosi; in certi casi addirittura prevalevano. Ma già sul finire dell'estate 1945 i dirigenti comunisti (Bianchini, Scappini, Adamoli, Fessi) si pro�nunciavano per la linea di Togliat�ti e la mettevano in pratica. Convergeva su tale linea Terra�cini, genovese, grosso personaggio che poi diventerà presidente della Costituente. Nel '40 Terracini si era schierato a favore della Finlan�dia invasa dai sovietici e aveva rotto con Togliatti. Nel 45 invece ne condivise la linea politica, con�trapponendosi nettamente a Sec�chia. Sta di fatto che nell'autunno del '46, quando i secchiani di Reggio, Modena e Ferrara, insanguinaro�no il «triangolo rosso», le masse comuniste del Ponente genovese, di Savona e di La Spezia restarono ealme. Che cosa sarebbe accaduto se avessero seguito i loro compa�gni emiliani? Il triangolo sarebbe stato un quadrilatero. Ma la storia non si scrive con i se. E' però certo che l'appoggio ligure risultò impor�tante affinché Togliatti diventasse leader incontrastato del Partito Comunista Italiano. Il cardinal Siri. Siri era uomo di destra sempreché destra signi�fichi conservatorismo per quanto concerne la morale, la liturgia, le regole della Chiesa. Anzi: addirittu�ra di estrema destra. Ma in politica fu da sempre antifascista. E in sociologia da sempre antiliberista e fautore dell'intervento statale a protezione dei ceti umili. Era intelligentissimo, ma anche l'intelligenza ha le sue categorie. Eccezionale in filosofia, teolo�gia, escatologia. Assai bravo an�che, e onesto, nei bilanci. AmministròbenelaDiocesi. Non aveva le virtù dello storico e tanto meno dello psicologo. Non conosceva gli uomini; le sue inter�pretazioni storiche erano spesso inaccettabili, talvolta addirittura fantascientifiche. Cos�si spiega il suo egotismo, di cui era inconsapevole. Lo controbi�lanciava soltanto una fede smisu�rata, tetragona. Più di una volta lo vidi commuo�versi parlando della Madonna del�la Guardia. Quando ritornò dal conclave, dove era stato eletto papa Mons. Montini, che ai suoi occhi rappre�sentava una visione sbagliata e pericolosa della Chiesa, mi disse, con le lacrime agli occhi: «Taviani, io ubbidisco, perché ci credo». Angelo Costa. [...1 Diventò pre�sidente della Confindustria nell'im�mediato dopoguerra. La rettitudine di Angelo Costa raggiungeva limiti che oggi appaio�no incredibili. Quando ero mini�stro delle Finanze e stavo per reperire duecento miliardi di allo�ra (quattromila di oggi) di nuove imposte mi chiamò Segni, allora presidente del Consiglio, per avver�tirmi che, dovendosi aumentare l'imposta sulle società per azioni, sarebbe stato opportuno estendere lo stesso aumento alle società in accomandita. «Altrimenti» disse Segni «potrebbero pensare che lo si faccia per favorire i Costa tuoi conterranei, le cui società sono in accomandita». «Non ti preoccupa�re» risposi ((proprio ieri è venuto da me il mio conterraneo a sugge�rirmi l'estensione dell'imposta sul�le sue società in accomandita». Era cattolico praticante. Decisa�mente contrario alla nazionalizza�zione dell'energia elettrica. Credo di essere stato anche io un discreto cattolico. Ed ero decisa�mente favorevole alla irizzazione dell'energia elettrica. Le nostre due vite sono una testimonianza dell'autonomia dei cattohei in politica. [...1 Le nostre discussioni dottrinali cominciava�no sempre da Smith e terminavano a Stuart Mill. Sennonché Angelo Costa non arrivava all'ultimo Stuart Mill, che giunse a sostenere la soppressione dell'eredità per rendere assoluta la libera concor�renza. «L'eredità» diceva Costa «è un apriori». Io gli rispondevo «Que�sto apriori chi l'ha rivelato?». Il trio Siri-Costa-Taviani. Si è detto è scritto molto del trio Siri, Costa, Taviani, negli Anni Cinquan�ta e Sessanta. Non è risaputo però che Angelo Costa non era amico di Siri e viceversa Siri non lo era di Costa. Ero io ad essere amico di tutti e due, ricambiato della loro amicizia. DA ieri pomeriggio Ugo Berti, dirigente del Mulino che cura la collana «Storia/Memo�ria», ha in mano, nella versione definitiva, le memorie di imo dei protagonisti della nostra storia repubblicana: Paolo Emilio Taviani, fonda�tore della De di Genova, deputato all'assemblea costitutente, ministro degli intemi dal '62 al '68 e nel '73 e '74, spentosi a 88 anni all'alba del 18 giugno. Si tratta di circa trecento pagine, che partono da ricordi di famiglia ottocenteschi e si chiudono con un capitolo sui misteri italiani. Il titolo deciso dall'autore è Politica a memoria d'uomo, la pubblicazione è prevista per il prossi�mo anno. Il libro è frutto di un lungo rapporto fra Taviani e Berti. Una decina d'anni fa l'editor del Mulino aveva scoperto sulla rivista Civitas i diari del negoziato sui confini orientali fra Italia e Jugoslavia, ottenendo da Taviani di fame un libro: I giorni di Trieste (1994). Quindi il Mulino aveva ripubblicato Pittaluga racconta, evocazio�ni della resistenza. Intanto Berti aveva convinto Taviani a stendere le memorie politiche, sulla base dei suoi diari. Dopo una prima versione a gennaio, l'autore aveva terminato l'opera il giorno prima di sentirsi male. In casa editrice è arrivata ieri. E' un testo dallo stile asciutto, che intreccia riflessioni e ricordi. Ci sono molte attese, data l'autorevolezza dell'autore. «Non credo che l'opera contenga sorprese», dice Berti. Ma ci sono i temi scottanti, da Gladio al Sifar? «Certo che ci sono. Su Gladio Taviani si prende tutte le sue responsabilità. Sul Sifar non nascon�de la buona opinione per il generale De Lorenzo». Ora il libro sarà letto dai legali dell'editore, mentre si pensa anche a un'introduzione. Quando ancora stava scrivendo, il senatore a vita consegnò un capitolo al giornalista Paolo Lingua per una Breve storia dei genovesi, che esce da Laterza in tempo per il G8. Di tale capitolo pubblichiamo alcuni stralci. [a. p.] Paolo Emilio Taviani in una foto dei 1950 In aito la prima seduta della Costituente eletta il 2 giugno 1946