«Il Ppi in Europa con i socialisti» di Paolo Lingua

«Il Ppi in Europa con i socialisti» Il testamento politico «Il Ppi in Europa con i socialisti» Paolo Lingua GENOVA PER Paolo Emilio Taviani, scomparso dieci giorni fa alla viglia degli 89 anni, l'adesio�ne e la fedeltà al Partito popolare italiano, inteso come continuità autentica della vecchia De, erano fuori discussione, cos�come lo schierarsi a sinistra. Il vecchio leader genovese, però, da tempo non condivideva la linea dei diri�genti del Ppi e soprattutto non riteneva che la formazione della Margherita fosse l'approdo ideale del partito. «C'è un errore strategico di fon�do disse Taviani nel corso di questa conversazione, nella sua casa romana di via Asmara, negli ultimi giorni del gennaio scorso che a mio avviso accomuna Castagnetti e Prodi. Il primo crede anco�ra nell'aggancio con il partito popo�lare europeo; il secondo è alla ricerca di un'isola che non c'è e, curiosamente dalla sua posizione di intellettuale di formazione dossettiana, fa aderire i suoi "democratici" al gruppo liberale nel Parlamento europeo. A me sembra che facciano soprattutto confusione». Per Taviani, da tempo, la storia dei «popolari europei» non ha più nulla in comune con quel troncone della De rappresentato dal Ppi. «I popolari europei sono un partito certamente democratico, ma con precise caratteristiche: sono libera�li e conservatori. In alcuni casi non nascondono simpatie liberiste e il loro solidarismo, dove sopravvive, è tinto dai colori d'un vago paterna�lismo». E allora? «A mio avviso prosegue Tavia�ni il Ppi dovrebbe abbandonare alleanze liberaleggianti alla rincor�sa im po' parossistica di privatizza�zioni, quale mi sembra lo spirito dominante della Margherita e ri�piegare con decisione verso l'area socialdemocratica». Taviani ricorda, pescando negli anni della sua formazione universi�taria e post-universitaria, il rappor�to stretto con monsignor Franco Costa, genovese (nessuna parente�la con la famiglia di armatori), grande ispiratore degli universita�ri e dei laureati cattolici prima e dopo la guerra, strettissimo colla�boratore di Paolo VI, sin da quando era sostituto alla segreteria di Sta�to del Vaticano. «Sin dagli anni bui del fascismo, quando ci riunivamo quasi clandestinamente, cercava�mo, coniugando politica ed econo�mia, una sorta di terza via che ci consentisse, con l'intervento dello Stato, di equilibrare la distribuzio�ne del reddito e della ricchezza. Noi non avevamo il coraggio di parlare di socialdemocrazia, per�ché ci bloccava la barriera del laicismo. In realtà era proprio un disegno socialdemocratico quello che cercavamo di tracciare. Io e non solo io avevo in mente il pensiero abbozzato da Giuseppe Mazzini che puntava, da cristiano laico, a una pedagogia delie masse operaie senza intaccare il princi�pio liberale della proprietà privata e della libera imprenditoria». Taviani aveva insegnato per oltre trent'anni, alla facoltà di Scienze Politiche dell'Università di Genova, la Storia delle Dottrine Economiche e aveva approfondito, prima di dedicarsi anima e corpo al «suo» Cristoforo Colombo, gli aspetti del socialismo pre-marxi�sta. «In realtà si lascia andare a un pizzico di autoironia non sono mai stato uno studioso vero: la pohtica porta al pragmatismo che a volte è il contrario della specula�zione. Per questo, io credo che i popolari itafiani farebbero bene a inserirsi, perché è una grossa scom�messa, nella operazione che vedo abbozzata di dare vita a una gran�de partito socialdemocratico di ispirazione europea». I popolari dovrebbero dunque lasciare la Margherita e puntare al progetto appena abbozzato AmatoD'Alema? «Senza dubbio. Una pre�senza cattolica democratica porte�rebbe al reale rimescolamento del�le carte, superando le vecchie bar�riere del cattolicesmo integralista e del laicismo ottocentesco. A tito�lo personale ricordo lo scontro con Fanfani (che forse mi costò l'uscita definitiva dai governi italiani) quando io, pur mantenendo le mie convinzioni religiose, mi ero reso conto che la battaglia contro il divorzio era perdente sin dalla partenza e che temi del genere dovevono essere riportati nella sfe�ra delle scelte individuau. Ecco perché penso che non dovrebbe essere impossibile dare vita a una vasta federazione socialdemocrati�ca che faccia riferimento all'Inter�nazionale Socialista, saldando defi�nitivamente tutti i conti con la Storia. E' una prospettiva che mi darebbe una grande speranza e un grande entusiasmo». I popolari dovrebbero lasciare la Margherita non correre dietro alle privatizzazioni e dedicarsi a un grande progetto per chiudere i conti con la Storia

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