Così Manganelli, malinconico tapiro, diventò un cartografo dell'inconscio di Marco Belpoliti

Cos�Manganelli, malinconico tapiro, diventò un cartografo dell'inconscio Cos�Manganelli, malinconico tapiro, diventò un cartografo dell'inconscio RECENSIONE Marco Belpoliti NEL giugno del 19.53 Gior�gio Manganelli si trasfe�risce da Milano a Roma. Si lascia dietro le spalle un matrimonio fallito, una figlia, che non rivedrà se non dopo molto tempo, e una tempestosa storia d'amore con la poetessa Alda Merini. In quel periodo scri�ve poesie e recensioni su giornali e riviste. Nella stessa estate va in Inghilterra con una borsa di stu�dio, poi vince una cattedra d'ingle�se alle scuole superiori, e inizia a insegnare negli istituti tecnici. Due anni dopo si manifestano con evidenza dei disturbi nervosi che Manganelli cura con punture, an�che tre al giorno. Ha alcune brevi relazioni amorose, ma è sempre più avvolto dalla sua nevrosi. Nel 1957 incontra lo psicoana�lista junghiano Ernst Bernhard; è solo nella primavera del 1959 però, a causa dell'insorgere di una grave forma di disorientamento, che inizia una cura psicoterapeu�tica con lui. Fino al 1965, anno della morte del fondatore dello junghismo italiano, si reca tre volte alla settimana nello studio di via Gregoriana. Poi l'analisi continua con un altro psicotera�peuta. Nel 1964 esce presso Feltrinel�li il primo «romanzo» di Manga�nelli, uno dei libri più belli e originali della letteratura del dopoguerra: Hilarotragoedia. Pietro Citati, che lavora con lui presso la sede romana della Gar�zanti, di cui sono entrambi con�sulenti, riceve sbalordito l'omag�gio di quell'opera: non aveva mai sospettato che fosse uno scrittore. In un importante ricor�do postumo, intitolato «Giorgio, malinconico tapiro». Citati scri�ve che sull'orlo della disperazio�ne, oppresso dalle proprie nevro�si e malattie interio�ri, grazie all'aiuto di Bernhard, Manganel�li aveva attraversato le ombre dell'incon�scio: «L'analisi ave�va risvegliato, in lui, 10 scrittore nascosto; la letteratura l'aveva salvato dalla disperazione». Emanuele Trevi, bravissimo critico letterario e figlio di uno dei più originali psicoanalisti ita�liani, ha messo insieme un picco�lo libretto di scritti di Giorgio Manganelli dodici in tutto intorno alla psicoànalisi e al mito, 11 vescovo e il ciarlatano. Sono scritti di diverso valore, ma tutti essenziali per capire quello che è RECENMaBel stato uno degli scrittori più «psi�chici» dell'intera letteratura italia�na. Nello spiegare le ragioni di questa raccolta. Trevi affronta una questione ardua: scrittori si nasce o si diventa? La risposta è quasi ovvia: si nasce, di sicuro, ma anche si diventa. Per Manga�nelli la cosa è persino autobiogra�fica: è diventato scrittore in mo�do lento e faticoso, persino tardi, a quarantadue anni, per quanto sia evidente, anche dalla lettura dei suoi quaderni di appunti e dagli scritti inediti, che egli lo fosse già, dalla nascita o quasi. Una volta Italo Calvino, suo fratello gemello per quanto sim�metrico e rovesciato -, ha scritto che la prima invenzione di uno scrittore è quella di se stesso in quanto scrittore: autori si diven�ta per propria decisione. E lo scrittore è semplicemente unoche-scrive (altra cosa è, ovviaIONE co liti mente, l'aspetto pub�blico di questa attivi�tà: la pubblicazione è un accidente, una co�sa che capita, prima o poi, nonostante tut�to). Il caso di Manga�nelli, come sottolinea nella sua acuta prefazione Trevi, è quello di uno scrittore di «mitografie». Egli ha esplorato con i suoi libri e con i suoi articoli un territorio instabile e inquieto che corrisponde alla psiche umana. Lo ha cartografato, da par suo, ii\ modo complesso e contradditto�rio, con opere a volte divertenti, comiche e ridicole, a volte ango�sciose, nevrotiche e paurose, ma sempre con un'abilità e ima capa�cità incantatoria subhme, da scia�mano delle Belle Lettere (la sua arma migliore è la Retorica). Se si vuole capire meglio cosa significhi tutto questo in termini letterari, bisogna leggere quel te�sto straordinario, qui raccolto, che è «Jung e la letteratura» (Manganelli non parla mai o qua�si mai di psicoanalisi attraverso la letteratura, ma della psiche attraverso la letteratura). Chia�mato a tenere una relazione al convegno su Jung e la cultura europea, nel maggio del 1973 a Roma, raccontano i presenti. Manganelli, dopo aver sentito il presentatore che si rivolgeva a lui con l'epiteto di «professore dell' Università di Roma», e aver inizia�to a fatica l'intervento, preso dal panico si alza e se ne va in una stanza dietro la sala. Qui viene raggiunto dagli amici, e anche dal suo analista, che era presente alla conferenza. Dopo un po' di tem�po, si ricompone e rientra al tavolo dei relatori e parla a brac�cio buttando via la relazione che ha preparato. Il testo che Trevi presenta è una trascrizione dell' intervento. Parlando di sé, senza parlare troppo di sé. Manganelli spiega la differenza che intercorre tra la «cultura» e la «letteratura», tra le «spiegazioni» la cultura e ciò che invece si sottrae alle spiega�zioni la letteratura -, e pronun�cia una frase che è riassuntiva di tutta la sua opera: «Il momento psicologico, credo, è la cattiva letteratura, è quella letteratura da cui il sogno viene espunto, da cui viene espunto l'incubo, l'in�conscio, la nevrosi notturna. E' la letteratura del giorno, non della domenica, ma del momento in cui sorge l'alba, i tram cominciano a funzionare; da quel momento in poi si può scrivere la cattiva letteratura fino all'ora del copri�fuoco. All'ora del coprifuoco co�mincia l'ora della letteratura ve�ra, che è sempre notturna, sem�pre sonnambula...». La letteratura ha che fare con gli escrementi, la fogna, con l'in�ferno; sta dalla parte della morte, e lo scrittore usa una lingua morta, che «non è parlata né parlabile». Questo ha imparato lo scrittore Manganelli dal suo mae�stro Ernst. Bernhard, l'ebreo berli�nese fuggito in Italia; da lui, diceva, aveva imparato a mentire e ad avere un io plurale. Lo scrittore, alla pari dello Dsicoanalista, è una strana mescoanza tra un fool e un prete, tra un vescovo e un ciarlatano. Lo «spazio psichico», scrive Trevi non è un episodio da turismo culturale, ma il cardine del suo modo di diventare scrittore. Quanti scrittori ci sono come lui? Manganelli, purtroppo, o per fortuna, è unico. E gli dobbiamo molto. Raccolti in volume i suoi scritti sul rapporto tra psicoanalisi, mito e letteratura; incrocio della sua esperienza terapeutica iniziata con Bernharc e della sua ricerca narrativa: «Lo scrittore, alla pari dello psicoanalista, è una strana mescolanza tra un foole un prete, tra un vescovo e un ciarlatano». L'AUTORE DI «HILAROTRAGOEDIA» DICEVA CHE LA CATTIVA LETTERATURA E' DIURNA, ESPUNGE SOGNI, INCUBI, NEVROSI MENTRE LA BUONA LETTERATURA E' SEMPRE NOTTAMBULA Giorgio Manganelli incontrò nel 1957 il junghiano Ernst Bernhard: nacque cos�il suo interesse per la psicoanalisi. A destra, un'opera di Magritte, pittore di sogni e inconscio .* 4 Ma'"0■'ini"' Giorgio Manganelli II vescovo e il ciarlatano. Scritti 1969-1987 a cura di Emanuele Trevi, Quiritta. pp. 124, L. 24.000) SAGGI

Luoghi citati: Inghilterra, Italia, Milano, Roma, Trevi