DENTRO o FUORI?

DENTRO o FUORI?ANALISI" .Lelio D«inulu-lis QUALCUNO ricorda il film Zelig di Woody Al�ien? Era la storia di Léonard Zelig, ebreo americano e autentico camaleonte umano, capace di assumere di volta in volta nella sua smania di farsi accet�tare e amare dagli altri le caratteristiche somatiche, psi�chiche e di linguaggio di chiun�que incontrasse. Rappresenta�zione impietosa ma vera della nostra ocfiema condizione uma�na. Siamo diventati individui so�litari, senza progetti: non siamo più massa indistinta (ma calda di passioni) come ieri, piuttosto individui massificati (con pas�sioni individuahzzate, fredde e subito consumate). In bilico tra modelli da imitare, bisogno di sicurezza (la tolleranza zero come emblema delle nostre pau�re) e autonomia debole. L'idea di comunità (insieme di valori e obiettivi comuni, empatie! più che razionali) muore e insieme rinasce in forme perverse: crol�la infine l'idea stessa di polis. L'economia trionfa con il suo linguaggio basato sullo scambio e la divisione invece che sul dono e la condivisione. Accadrà a Genova, al G8 di luglio. Il popolo di Seattle (mon�do composito, ma forse nuova comunità esclusi gli estremi�sti) sfiderà l'elite dei potenti in realtà inconsapevoli esecutori della vera volontà di potenza odierna, quella dell'economia e della tecnica. Il popolo di Seatt�le li sfida, usa s�Internet (la tecnica) ma è una comunità ancora umana, usa spazi pubbhci (le piazze) e chiede alla tecni�ca e all'economia di avere degli scopi (giustizia sociale, redistri�buzione). Il GB sembra invece rappresentare un mondo solo tecnico ed economico, chiuso, senza altri scopi che il proprio rafforzamento. Teme infatti gli spazi pubblici ed il dialogo, ovvero ciò che fa nascere la condivisione e sostenere una autentica polis. Comunità, dunque. Pensata sempre come piccolo mondo chiuso, escludente e autorefe�renziale ma si veda invece il libro di Roberto Esposito, Communitas (Emaudi, 1998) che ne fa derivare l'etimologia da munus, dunque debito, dono nei confronti degli altri e dunque riapre ciò che credevamo chiu�so. Ma oggi ecco tre nuovi libri che, in modi diversi, ci parlano della comunità. Uno, ideologico della nuova ideologia odierna ("i problemi complessi richiedo�no soluzioni semphei"). Il secon�do, problematico (non esistono soluzioni sempheistiche per pro�blemi complessi). Il terzo, radio�grafia della comunità che viene. Il primo proclama la Verità i mercati risolvono tutti i proble�mi nel modo migliore. Il secon�do cerca di capire la Realtà, nella migliore tradizione euro�pea (e laica) del pensiero critico. Il terzo ci dice che avremo comunità di uomini non più individuali né universali, ma qualunque, dominati dall'assen�za. L'autore del primo libro Rudi Dombusb, professore al Mit, uno dei più ascoltati econo�misti odierni è annoverabile nella categoria degli intellettua�li organici, cantori acritici di un'ideologia (oggi il liberismo). L'autore del secondo Zygmunt Bauman è uno dei massimi sociologi odierni e forse meglio di altri ha letto e interpretato l'attuale crisi sociale e gli effetti della globalizzazione. Il terzo libro, di Giorgio Agamben che insegna Estetica all'Università di Verona già edito nel 1990, cui ora si aggiunge una Postilla 2001, sembra davvero confer�mare oggi le anticipazioni di ieri. Dombusb ne Le chiavi del�la prosperità (Egea Editore, pp. 243, L. 44.000) si proclama erede (della "ideologia", afferma con orgogho, oggi però diventa�ti luoghi comuni) della scuola liberista di Chicago: i mercati si sanno autoregolare, l'America è sempre innovativa e l'Europa è sempre lenta, occorre tagliare le pensioni e il welfare. Bauman invece ne La voglia di comuni�tà (Laterza, pp. 146, L. 24.000) in qualche modo inizia dove Dorobush si ferma. Se Dombu�sb esalta flessibilità e deregola�mentazione senza curarsi delle conseguenze, Bauman contesta questi assiomi e parte dagli effetti sociali di un liberismo che produce non prosperità (co�me crede Dombusb), ma disu�guaglianze, perdita di sohdarietà. Dombush invoca la creazio�ne di ricchezza, ma trascura che il capitalismo ha vinto solo quando (con Ford) ha capito che bisognava aumentare i salari degli operai (cioè redistribuire) per consentire loro di comprare l'automobile. Se però tutto si riduce a scambio e la società degli uomini diventa mercato, trionfa un individuo non più libero, ma più solitario e sulla solitudine del cittadino globale proprio Bauman ha scritto un saggio magistrale. Dunque la comunità, quel "tipo di mondo che purtroppo non possiamo avere, ma nel quale desidereremmo tanto vi�vere", dice Bauman. La comuni�tà ci manca, quindi la cerchia�mo, ma non la troviamo (più). Spesso diventa una sorta di spazio sociale vuoto, perché il mercato sostituisce l'agorà con il centro commerciale; e l'incer�tezza e la paura producono disciplina e sottomissione sen�za più bisogno di costosi appa�rati di controllo. Ieri era il taylorismo (coi suoi tempi e metodi), oggi basta la banalità di un fare che ci rende (tutti) autonomamente funzionali all' organizzazione, ovvero (ancora Bauman) "coordinati ma non integrati". Se trionfa il merca�to, non ci sono più obblighi sociali, siamo alla fuga dai sentimenti. Tutti per sé, nessu�no per tutti. Senza comunità siamo debo�li, ma nella comunità perderem�mo la nostra autonomia e la nostra libertà. Dunque, invo�chiamo e insieme aborriamo la comunità. Oggi poi prevale da un lato il disimpegno di massa, dall'altro l'eccesso di massa. Da una lato la secessione di ciascu�no dagli altri (egoismo), dall'al�tro l'esaltazione dell'eccesso, dell'illimitato. Processi entram�bi funzionali alla perdita di comunità e di identità e alla infinita manipolazione dei desi�deri, vero motore del mercato. Trionfano allora le comunitàgruccia dice Bauman legate allo spettacolo e alla televisio�ne: comunità estetiche senza etica, qualcosa cui appoggiarsi brevemente (come Zelig), ma senza responsabilità né legami, né impegni reciproci. Spiega Agamben, ne La comu�nità che viene (Bollati Boringhieri, pp. 93, L.22.000): "Il capitali�smo nella sua forma ultima si presenta come un'immensa ac�cumulazione di immagini... Do�po aver falsificato l'insieme del�la produzione, l'economia può ora manipolare la percezione collettiva e impadronirsi della memoria e della comunicazione sociale, per trasformarle in un' unica merce spettacolare in cui tutto può essere messo in discus�sione, tranne lo spettacolo stesso . Eccoci allora al Grande Fra�tello televisivo, forma di comu�nità prodotta dalla tecnica: un ambiente interno falso, un am�biente estemo abolito, relazioni umane prodotte e recitate. Il voyeurismo degli spettatori è diventato un gioco perverso, finalizzato dalla tecnica a tra�sformare il nostro modo di inten�dere la comunità. Non più qual�cosa di umano (nel bene e nel male), ma di assolutamente arti�ficiale. Come infatti è avvenuto, rendendo normale l'anormale. Il mercato ci garantisce la libertà ma omologa e soffoca la comunità; la comunità ci dà sicurezza ma rischia di essere una gabbia: come conciliare allora nel mondo globale libertà e sicurezza? Tre saggi per discutere uno dei temi che attraversa il confronto tra economisti e sociologi e sarà al centro anche del G8 di Genova DENTRO o FUORI? DENTRO o FUORI?

Luoghi citati: America, Chicago, Europa, Genova, Seattle