Nella Woodstock «de noantri»

Nella Woodstock «de noantri» UNA LUNGA GIORNATA TRA TIFO E FOLKLORE Nella Woodstock «de noantri» Tra sciarpe e umori, fianco a fianco vip e ultra personaggi Giancarlo Laurenzi inviato a ROMA CHIAMATELO come vi pare: Woodstock de noantri, Live Aid di pallonari. Giubileo gial�lorosso. Oppure, in mancanza d'al�tro e considerando la marmellata di valori globali, l'oppio dei popoli del terzo millennio. E quanto a popoli, quello della Roma campio�ne d'Italia ha già votato con esiti bulgari: contando anche i tetti delle case e delle chiese nei parag�gi, gli alberi e i rami più lunghi e resistenti quasi un milione di per�sone si sono appiccicate corpi e bandiere e sciarpe e striscioni e umori, trasformando la festa dello scudetto in una mimesi unica, quasi irreale. Sabato sera c'erano già le tende e i sacchi a pelo di stagione, la spianata del Circo Massimo camuffata in un camping a cielo aperto, con bagni a lume di candela e invidiatissimi fornelli per il caffè. Amici, fidanzati ma anche mariti con mogli e pargoli, ricchi e poveri, futuri scienziati, generah in pensione, tenenti e nullatenenti. Discoteche vuote, i quartieri addobbati da Maracanà, ogni strada una balera, balconi di palazzi eleganti o casermoni uniti da drappi infiniti. Con l'alba è arrivato il resto, da mille si è passati a diecimila, centomila. Frotte hanno rinuncia�to al mare (che pure galleggia a due passi e nonostante la giornata africana) per un posto al sole nella griglia di partenza del Gran Pre�mio del tifo. Al sole, in tutti i sensi: picchiava come la mannaia del boia e l'acqua è scivolata a fiumi isolle teste, nelle pance) per mal�menare la disidratazione fino a esaurimento delle scorte dei pochi bar aperti. Dopo il pranzo è scattata la marcia su Roma. In 1 Ornila sono partiti da Campo de' Fiori, sotto la statua di Giordano Bruno, e poi dai quartieri cult fino al tempio, da Testacelo e Garbatella, da Prati e Pietralata, un fiume bicolore che si è fuso dentro il più grande stadio dell'antico impero, tra il Palatino e l'Aventino. «Laziale pecora, toma nell'ovile» era lo jingle guida. Degli altri striscioni menzione per l'esca�tologico (Nun so' cristiano, min so' musulmano, so' romanista» e per il patologico «Ferilli, facce vede le coppe»). Di coppe Sensi ha intenzione di alzarne, più che di vederne. Una dietro l'altra, da qui all'eternità. Ha promesso che dopo l'eventuale vittoria in Champions League pas�serà la mano, ma (ricordando che aveva fatto lo stesso nell'agosto scorso con lo scudetto) c'è chi assicura che trattasi di pura scara�manzia e che nel caso non lascerebbe fino all'Intercontinen�tale di Tokio. Sensi si muove come Paperone, fa il bagno nei dobloni, inebriato da un gruppo d'ascolto che non ha eguali per fede e di un parco giocatori ingrassato dagli arrivi dei giovani migliori: Cassa�no, Pelizzoli. Ieri la squadra tricolore era ridotta all'essenziale, presenti (prima dietro le quinte, poi sul palco) quelli più attaccati a"maglia e città, come lo stesso Sensi ha sottolineato prima di corregersi per non creare incidenti diplo�matici. In particolare: Capello giace in vacanza dall'altra parte del mondo, Batistuta si gode Irina e prole lontano dal baccano. In sintesi, c'erano: Montella in ma�glietta rosa e auricolare con mo�glie al seguito che si è rilassa�to godendosi gli assist di Tetti avvolto da una camicia bianca sbottonata fino allo sterno, con Candela e Deivecchio e Lupatelli e Zebina a reggere la coda. La gente è im�pazzita, un co�ro stordente: «Montella nun te ne annà, re�sta con noi», te�mendo la fuga dell'«aeroplanino» inviso a Ca�pello. Coro e sal�ti a cui ha parte�cipato anche Tetti, che ha strizza�to l'occhio al compagno: «Aho, ma 'ndo vai?». Montella si è commosso come un pupo e la gente gli ha strappato più di una promessa: «Ho interrotto le mie vacanze per essere qui con voi, io. Penso di rimanere, sì». Poi Sensi ha rivolto un saluto a chi non c'è più e tifa dal cielo in unica direzione: Dino Viola e Ago�stino Di Bartolomei, presidente e capitano dell'ultima Roma tricolo�re, 18 anni fa: «Sono sicuro che ci (e vi) guardano da lassù. E cantano e festeggiano con noi». Tetti ha fatto passerella da solo, la folla di qua e dilla della pedana. Una visione, come il gladiatore che si è fatto tatuare sul braccio insieme con Claudio Amendola, secondo patto (o scommessa, fate voi) pre�stagionale. A vedere il mare uma�no non ha retto, l'emozione senza precedenti è stato un gancio al plesso, dalle labbra voce senza decibel: «Sono abituato a recitare Un milione per lo calciatori e II tifosi di scender davanti a SOmila persone, mica un mihone. Un sogno che avevo da bambino. Non capita a tutti di realizzarli, i sogni». Per i tifosi, ieri il sogno era di toccarli, i i-ampioni d'Italia. Li hanno visti arrivare alle 7 passa�te, i giocatori. Altro che Liverpool e i Beatles. Un delirio in cui anche i peli delle braccia faceva�no la «ola». Montella e Tetti, ma anche Candela con la bandana e pantaloni alla moda costruiti con un'infinita sequenza di toppe. Sensi li coccolava (e li coccola) con lo sguardo e il portafoglio: i giocatori, i tifosi. In comune, una cosa soprattutto: sono miniera d'oro. Quelli hanno spostato un milione di questi, romanista più, romanista meno. Qualcuno avrà ripensato a Sergio D'Antoni, che candidò Sensi a sindaco per le ultime elezioni. Ricordando che, grazie a Falcao, Dino Viola arrivò in carrozza a Palazzo Madama. Senatore, sì. Uno striscione: «Nun so' cristiano nun so' musulmano so' romanista» La gente grida «Montella resta» e lui dice: «Ci sarò» Totti fa passerella da solo sul palco Sensi guida i giocatori e ricorda Viola e Di Bartolomei «Dal cielo ci guardano» Un milione per lo scudetto della Roma da festeggiare con I calciatori e II presidente Sensi che ha chiesto invano ai tifosi di scendere dai tetti. Qui sopra: Vincenzo Montella

Luoghi citati: Italia, Roma, Tokio