Il padre; «Urlavo gli agenti: non sparate»

Il padre; «Urlavo gli agenti: non sparate» Il padre; «Urlavo gli agenti: non sparate» Lieve miglioramento del bambino ferito a Gela Antonio Ravìdà corrispondente da PALERMO Migliorano le condizioni di Giu�seppe Rinzivillo, il bambino di 12 anni, colpito ieri sera a Gela mentre era in auto con il padre, la sorella e un'amica, da un proiettile vagante sparato du�rante un conflitto a fuoco tra agenti di polizia e un clandesti�no albanese. Il piccolo, ricovera�to nel reparto di nourorianimazione dell'ospedale Civico di Pa�lermo, si è risvegbato dallo stato di «coma vigile» ed ha chiesto notizie del padre. I due hanno anche scambiato qualche paro�la: «Papà dammi un bacio», ha detto il piccolo Giuseppe. Ora i medici esprimono un cauto otti�mismo anche se non hanno anco�ra sciolto la prognosi. Il dramma di Giuseppe si era consumato fino a pochi minuti prima nella più assoluta delle incertezze. Sopravviverà, guari�rà, rimarrà menomato? Oppure? «Saranno decisive le prossime ore», ha ripetuto ieri sera uno dei medici, Pier Giorgio Fabbri. La vettura, una. Audi, si è trova�ta nel bel mezzo di una sparato�ria tra i pobziotti e un clandesti�no albanese, che all'improvviso, inseguito, ha imbracciato un fu�cile a canne mozze (di quelli usati dai mafiosi con la lupara). Llgami Arben, 37 armi, che in un primo tempo aveva declinato altre generalità, spacciandosi co�me kosovaro, è stato ferito a un piede da un altro proiettile. E' piantonato nell'ospedale di Ge�la. Si sospetta sia un killer in combutta con mafiosi gelosi. L'extracomunitario invece affer�ma: «Mi ero procurato il fucile per rintracciare la persona che aveva insidiato la mia donna, ero armato per motivi di gelo�sia». Ma su questo gh inquirenti non aprono bocca: hanno avuto conferma dell'esistenza di una consociazione fra boss e malavi�tosi albanesi che, dopo essere sbarcati in Pugha, si sono spinti anche in Sicilia oltreché verso la Campania e il Centro-Nord? Mentre i parenti attendono nella più cupa disperazione, si intrecciano dùbbi sui rischi cor�si dalla gente nel pieno centro della città di 80 mila abitanti che, per quanto bellissima, è sfregiata da mighaia di case abusive e assalita dalla mafia, dal racket, da una criminalità spicciola spavalda e incosciente che non teme niente e nessuno e sfida giomo e notte le forze di polizia con attentati incendiari, bombe, agguati. Giuseppe è in terapia intensi�va. Nella notte dopo il volo da Gela a Palermo su un elicottero del 118 dell'emergenza sanita�ria, è stato sottoposto a un'altra tac (una prima già a Gela nella breve permanenza nell'ospeda�le locale) e quindi a quattro ore di intervento chimr-gico diffici�lissimo in sala operatoria. I me�dici, che sono stati chiamati a casa in tutta fretta, hanno aspor�tato frammenti di un proiettile, ma altri sono rimasti nella scato�la cranica del bambino. Si teme un edema cerebrale. Il dottor Fabbri è stato franco con il papà, la sorella, i nonni di Giuseppe: «La situazione è gravissima, ma tutto è possibile», ha detto loro. Il questore di Caltanissetta Santi Giuffré, dopo un sopralluo�go a Gela, sempre nella notte si è trasferito a Palermo. Emoziona�to e teso, è rimasto al fianco dei parenti di Giuseppe durante la sua permanenza in sala operato�ria. «Non ho nulla da rimprove�rarvi, ma ci siamo trovati in mezzo ad un inferno di fuoco», gh ha detto Giuseppe Rinzivillo (Benedetto all'anagrafe, ma si fa chiamare come il figlio), il pa�dre, commerciante di carni di 38 anni. Ma, parlando con alcuni giornalisti, ha aggiunto che durante la sparatoria aveva inutilmente invitato gli agenti a non «sparare». «È stata una reazione spontanea ha spie�gato di fronte agli spari e alla vista di mio figlio sanguinan�te. Gridavamo "fermatevi" mentre loro continuavano a colpire». Il questore che per anni a Palermo ha diretto la Criminalpol e quindi uno dei commissariati nevralgici che copre quasi mezza città e i suoi dintorni occidentali, pri�ma di essere promosso e invia�to a Caltanissetta, ha ripetuto ancora in mattinata in una conferenza stampa alla que�stura di Palermo che gli agenti del commissariato gelese non hanno avuto alternative e so�no stati costretti a rispondere al fuoco aperto dall'albanese. «Gli agenti dovevano difender�si. Capisco il dramma del bam�bino e dei familiari ha soste�nuto il questore ma devo dire che il padre ha mostrato di aver compreso e comunque gli agenti non hanno sparato ver�so l'auto, come confermato dal fatto che il bimbo è stato raggiunto da un frammento. Si è trattato certamente di un proiettile rimbalzato». La ricostruzione dell'accadu�to è al centro dell'inchiesta coor�dinata dal procuratore di Gela Angelo Ventura. L'Audi di Rinzi�villo era in via Verga, nella zona del mercato vecchio, vicino a porta Caltagirone, uno degb anti�chi ingressi della città a non più di 100 metri dalla chiesa madre. Il proiettile di rimbalzo esploso da uno dei pobziotti ha forato il parabrezza e ha colpito sotto l'orecchio destro Giuseppe, sedu�to accanto al padre, che era al volante. Le due ragazze erano nei sedih posteriori. Insanguina�to, con un urlo smorzato in gola, il bambino è scivolato e si è accasciato accanto al papà, che non ha più capito niente. Nume�rosi i testimoni, che hanno segui�to terrorizzati il conflitto a fuo�co, cercando riparo per evitare di essere colpiti a loro volta. Giuseppe ha riconosciuto il papà e gli ha rivolto alcune parole. Anche peri medici «può farcela» Piantonato in ospedale il clandestino albanese inseguito dai poliziotti: «Ero armato perché volevo dare una lezione a chi mi insidiava a fidanzata» La disperazione dei parenti in attesa che migliorino le condizioni del piccolo Giuseppe Rinzivillo, 12 anni, colpito alla testa dalla scheggia di un proiettile sparato da un poliziotto

Persone citate: Angelo Ventura, Fabbri, Gela Antonio Ravìdà, Giuffré, Giuseppe Rinzivillo, Llgami Arben, Pier Giorgio Fabbri, Rinzivillo