Retamar, una lunghissima fedeltà alla geografia morale dell'America meticcia

Retamar, una lunghissima fedeltà alla geografia morale dell'America meticcia Retamar, una lunghissima fedeltà alla geografia morale dell'America meticcia ROBERTO Fernàndez Retamar, poeta e sag^sta, cofon�datore e direttore della famosa rivfeta cubana Casa de los Américas, compare nello sfondo di un albergo romano in una mattinata stranita: la città divisa tra il silenzio e il vuoto di poche automobili e lo sciamare del�la gran festa popolare per l'anniver�sario della Repubblica. Lui, Retamar, è invece assolutamente compo�sto; grazie alla sua antica conoscen�za di Roma e soprattutto, ci sembra, grazie a quell'armonia più profonda che lega da secoli il mondo ispanico a quello italiano. Alto, magro, dirit�to risulta, anche nell'ambiente in�congruo, un hidalgo, quasi la rein�carnazione del poeta Garcilaso de la Vega quando, a Napoli, in un magi�co crepuscolo intomo al 1530, dopo che la padrona di casa, a deplorare l'arrivo dei candelabri accesi, porta�ti da servi troppo zelanti, aveva pronunciato il verso di Petrarca, «0 sordo e cieca gente» aveva aggiun�to, in tutta semplicità, «a cui si fa RECENAnBian SIONE ela hini notte innanzi sera». Anche a Retamar viene spontanea ogni allusione, ogni frase italiana, soprattutto di Dante. Ma passano an�che i nomi di tutti colo�ro che dal mondo ispa�nico, seppure in epo�che diverse, sono approdati in Ita�lia: Jorge Guillén, («lui, l'ho cono�sciuto a Yale»), Maria Zambrano («pensi che coincidenza, abitava a piazza di Spagna, ed è toccato a me annunciarle la morte del suo gran�de maestro Ortega y Gasset»), Rafa�el Alberti e Maria Teresa de Leon («una coppia encantadora, bellissi�mi tutti e due, e bellissima è Altana Alberti che abita a Cuba e collabora a La Casa de las Américas), Octavio Paz («per alcune cose che ha scritto su Cuba, non sono stato d'accordo con lui, ma era un grande poeta»), Borges, («una cosa è la poesia e l'altra la politica») e poi via via fino agli ultimi scrittori, come Abel Prieto, cubano, e, naturalmente, a colo�ro, come Lezama Lima, che pur premiato dall'Istituto Italo Latinoa�mericano negli Anni Sessanta, per il suo capolavoro, Paradiso, a Roma, per motivi di salute, non arrivò mai. Vorrei dire che il segno della conversazione con Retamar è il pacato trascorrere del fiume della cultura. Viene dunque spontanea l'aminirazione per questo grande testimone che, nel tormentato mez�zo secolo appena trascorso, ha scel�to la fedeltà alle proprie origini e alla propria storia. Particolarmente giusto che, in questi giorni, per tutta la sua opera, gli sia stato conferito, qui, a Roma (anzi a Piano Romano, «un premio alla resisten�za», dice Retamar, scherzando), il Premio Feronia: premio singolare, che, da dieci anni, è dedicato alla poesia, alla narrativa, alla critica militante, e anche al riconoscimen�to speciale a un autore straniero. Il tutto, però, con una particolare attenzione alla parola scritta e in aperta polemica con la «cosiddetta civiltà deUe immagini». Retamar è nato all'Avana nel 1930, a diciassette anni si reca a studiare a New York per un anno,, poi, più tardi viaggia in Europa e vive a Parigi, dove studia linguisti�ca e filologia sotto la guida di André Martinet. Prova però fin da allora il senso di un altrove, di una personali�tà propria da precisare nel contesto americano, sentendo fin da allora che «è un errore riservare (il nome americano)... agli abitanti dell' "America europea" di cui parlava Marti. Noi siamo "la nostra America meticcia", ed essere cubano, co�me essere messicano... significa ap�punto essere cittadino di un suo frammento». Per la rivendicazione dell'America meticcia, al momento della vittoria della rivoluzione a Cuba, lascia gli amati studi e le cattedre statunitensi e sposa la cau�sa della rivoluzione, di Fidel Castro, del Che, diventando non un operato�re culturale, bens�il convinto segua�ce delle idee di José Marti e di Ezequiel Martinez Estrada. Buona parte del pensiero di Reta�mar sulle culture emergenti e so�prattutto sulla storia dolorosissima di Cuba fino alla rivoluzione si trova nei saggi oggi appena pubbli�cati: Cuba defendida ; una piccola parte di una grande produzione ancora da far conoscere in Italia. Più che nei saggi, vien fatto però di ritrovare la sua personalità com�plessa, calda, ironica, e non esente da nostalgie, nella sua lirica, an�ch'essa pronta per essere pubblica�ta. E un esempio, tra i tanti, potreb�be essere il poemetto, tradotto in occasione del Premio Feronia e inti�tolato La mia figlia grande va a Buenos Aires che dice: «La mia. figlia grande va à Buenos Aires I diasi alla stessa età che avevo io» ed enumera mezza America e mez�zo secolo di incontri e letteratura. RECENSIONE Angela Bianchini Nato a L'Avana nel 1930, in «Cuba defendida» raccoglie i saggi sulle culture emergenti e sulla dolorosa storia dell'isola fino alla rivoluzione Feméndez Retamar Cuba defendida trad. epref. di Alessandra Rkdo, Speriing&Kupfer, pp. 200. L. 32.000 SAGGI Roberto Fernàndez Retamar, poeta e saggista cubano