I mantra del Potere
I mantra del Potere BUONGIORNO nòGramellini I mantra del Potere W^^ON ha offeso, non ha esalta^►to, non ha illuso, non ha M^svelato. Semplicemente: non ^na. Il presidente del Consiglio si è tenuto per un'ora il microfono del Senato senza dire nulla. Trattandosi di Berlusconi, cioè di un ammaliatore sbrodolone e abituato a spararle grosse ogni volta che apre bocca, la novità segnala un salto in avanti della comunicazione politica: il divor�zio fra la parola e l'azione. Lo teoriz�zano decine di manuali per manager fai-da-te, del tipo «Come dominare gli altri in venti lezioni, fidanzandosi con una top model nelle pause», dei quali l'uomo di Palazzo Cinque è notoriamente ghiottissimo. Regola fissa e tutt'altro che ingenua di que�ste americanate è che una volta raggiunto il potere il buon capo non dichiara mai in anticipo le sue inten�zioni, per non suscitare aspettative e resistenze. Prima modifica la realtà, poi casomai la commenta. Basta con la pohtica degli annun�ci, cara a quei cerebraloni dell'Ulivo che invece dei manuali a dispense leggevano ancora Proust. Nell'azien�da che si fa governo, alla parola rimane il compito di massaggiare le emozioni con appelli generici al cam�biamento («ma lo faremo», il ritornel�lo preferito dal rapper di Arcore) ed elencazioni di mantra rituali: meno tasse, più lavoro. Però il modo per raggiungere gli obiettivi, cioè l'ani�ma della politica, viene tenuto nasco�sto e derubricato dal premier a mera «tecnicalità».
Persone citate: Berlusconi, Proust
Luoghi citati: Arcore
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