Vilipendio, in bilico tra diritto e abuso

Vilipendio, in bilico tra diritto e abuso Il Tricolore e gli altri simboli dello Stato nella Costituzione e nel Codice Vilipendio, in bilico tra diritto e abuso Marco Neirotti SI chiamava «vilipendio al�le istituzioni costituziona�li» e condannava a pene fra uno e sei anni chi pubblica�mente avesse offeso «la Coro�na, il Governo del Re, il Gran Consiglio del Fascismo, o il Parlamento, o soltanto una delle Camere». Cos�la figura giuridica entrò nel Codice Roc�co, salvo poi subire le modifi�che dettate dall'avvento della Repubblica. L'attuale codice penale con�serva diverse tipologie di vili�pendio, contemplate negli arti�coli dal 290 al 293 e poi dal 297 al 300: alla Repubblica, alle istituzioni, alle Forze Ar�mate, a chi «fa le veci» del presidente, alla Nazione, alla bandiera o «altro emblema dello Stato». Poi le offese ai Capi di Stato esteri, ai loro rappresentanti, alle loro ban�diere. Le pene variano, dai sei mesi ai tre anni. Per quanto riguarda i Paesi esteri l'artico�lo 300 prevede la condanna soltanto quando la legge stra�niera «garantisca, reciproca�mente, al Capo dello Stato italiano o alla bandiera italia�na parità di tutela penale». Stracciare, insultare, calpe�stare o destinare a usi impro�pri la bandiera italiana può costare caro. L'articolo 292 recita: «Chiunque vilipende la bandiera nazionale o un altro emblema dello Stato è punito con la reclusione da uno a tre anni. Agli effetti della legge penale, per bandiera naziona�le s'intende la bandiera ufficia�le dello Stato e ogni altra bandiera portante i colori na�zionali. Le disposizioni di que�sto articolo si applicano anche a chi vilipende i colori naziona�li raffigurati su cosa diversa da una bandiera». Il 292 bis porta un'aggravante se a com�mettere il reato è un militare in congedo. E' attuale una condanna cos�forte? I costituzionalisti fanno notare che non stiamo parlando di un totem, di un feticcio, bens�di un simbolo visivo, immediatamente per�cepibile della nazione, della patria. In altre parole: la ban�diera è soltanto lo strumento, l'oggetto di un gesto o di parole che mirano, tramite lei, a colpire direttamente, a «tene�re a vile», come dice l'etimolo�gia, la Patria, della quale lo Stato rappresenta la persona giuridica^ Di reati di vilipendio è pie�na la storia italiana, anche spicciola. Basta pensare alle scritte sui muri con «Nixon boia» in testa, a bandiere ame�ricane bruciate per protesta contro la guerra in Vietnam, a insulti scarabocchiati ovun�que. Sono stati parecchi i pro�cessi e sempre, in aula, si è combattuto adducendo una contraddizione fra il Codice penale e l'articolo 21. della Costituzione: «Tutti hanno di�ritto di manifestare liberamen�te il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione», j Su questo punto il dibattito fra i giuristi ha escluso ih linea di massima di riconosce�re una limitazione posta da una legge ordinaria a quella fondamentale della Repubbli�ca. In sintesi affermano: nes�sun diritto è illimitato. Dicono i costituzionalisti: «La Carta non è un elenco di norme che sono monadi chiuse. Rappre�senta un sistema che va letto raccordando ogni singolo tas�sello all'altro». E' dunque la ragnatela di disposizioni a con�sentire che la legge penale punisca ciò che più che diritto è abuso. E' la Costituzione, dicono, a dedicare un articolo (il 12) alla bandiera, a farne simbolo. Al�la legge ordinaria spetta stabi�lire la pena a chi svilisce quel simbolo. Ritenere il contrario sarebbe un equivoco. Cos�è anche per i capi di Stato, italiano o stranieri che siano (con l'aggravante se il vilipen�dio avviene all'estero). E' NATO COSI' Il 7 gennaio 1797, a Reggio Emilia, il Parlamento della Repubblica Cispadana, decréta «che si renda universale lo Stendardo o Bandiera Cispadana di Tre Colori Verde. Bianco, e Rosso, e che questi tre Colori si usino anche nella Coccarda Cispadana, la quale debba portarsi da tutti». Il Tricolore aveva però già fatto la sua apparizione nel settembre 1796. Lo stesso Napoleone scrisse al Direttorio che la Legione Lombarda, appena costituita, aveva scelto come propria bandiera "nazionale" il Tricolore bianco, rosso e verde. Neil 848 lo adotta anche Carlo Alberto, nonostante lo Statuto avesse proclamato che «lo Stato conserva la sua Bandiera (croce bianca in campo rosso)». Cosi, pur mancando un'esplicita norma, il Tricolore diventa la bandiera nazionale italiana. E nel 1947, ovviamente privo del simbolo sabaudo, viene introdotto nella Costituzione repubblicana. Il tricolore è nato Il 7 gennaio 1797 a Reggio Emilia

Persone citate: Bandiera, Bianco, Carlo Alberto, Marco Neirotti, Nixon, Stendardo

Luoghi citati: Reggio Emilia, Vietnam