Aiutare i deboli è sempre più difficile

Aiutare i deboli è sempre più difficile Aiutare i deboli è sempre più difficile La globalizzazione riduce le entrate fiscali degli Stati, spinge a diminuire tutte le tutele Oggi parlando di globalizza�zione economica e finanzia�ria sempre più spesso si concentra l'attenzione su come tutelare i cittadini colpiti dai rapidi sconvolgimenti operati dalle nuove tecnologie, dalla concorrenza estera, dagli spostamenti di produzioni da un paese all'altro. Emerge un nuovo consenso attorno ad un'idea semplice e accattivante: si possono go�dere appieno i vantaggi della globalizza�zione se si realizzano programmi di pro�tezione sociale efficaci verso i più deboli. Per esempio Michael Moore, direttore generale della Wto, si è espresso così: "Certo nel breve periodo la liberalizzazio�ne degli scambi si risolve in un danno per alcuni. Ma il modo giusto per allevia�re le difficoltà di questa minoranza sfor�tunata è ricorrere a una 'rete di sicurezza' sociale, e alla riqualificazione dei lavora�tori che perdono il posto, anziché ab�bandonare riforme che apportano van�taggi alla maggioranza". L'appello ad una protezione sociale più efficace evoca gli sforzi compiuti dopo la seconda guerra mondiale, quando nu�merosi paesi, specie nell'Europa occi�dentale, vararono sistemi di protezione sociale finanziati dallo Stato per salva�guardare i cittadini dai rischi connessi al�la vecchiaia, alla malattia, alla disoccu�pazione e alla povertà. Oggi, tuttavia, la crescente integrazione delle economie e la libera circolazione del capitale minac�ciano di compromettere l'efficacia di questi strumenti. Le forze della globaliz�zazione che, da un lato, accrescono la domanda di ammortizzatori sociali effi�caci, erodono, dall'altro, la possibilità dei governi di finanziare politiche assisten�ziali su vasta scala. Basti pensare al gettito tributario neces�sario a finanziare la spesa sociale. Benché in molte economie avanzate i bi�lanci pubblici siano stati risanati, con en�trate al massimo storico o quasi, è vero anche che molte "termiti" connesse alla globalizzazione ne stanno minando le fondamenta. I cittadini possono più facil�mente spostarsi da un paese all'altro e acquistare prodotti costosi in paesi dove le imposte di consumo sono più basse, cosicché i paesi piccoli sono incoraggia�ti ad abbassare le tasse sui pro�dotti di lusso per attirare compratori stranieri. Analogamente, il dif�fondersi del com�mercio elettronico rappresenta un in�cubo per le autori�tà fiscali: di fronte al tentativo di tassare all'origine, magazzini e punti di vendita si trasferi�rebbero dove le imposte di con�sumo sono basse o inesistenti. Man ma�no che prodotti un tempo venduti soltan�to nei negozi e negli uffici la musica, i film, i libri, come pure la consulenza fi�nanziaria, i progetti tecnici, i servizi edu�cativi si trasformano sempre di più in prodotti digitali venduti via Internet, l'idea stessa di giurisdizione fiscale appare sorpassata dai tempi. Il crescente ricorso ai paradisi fiscali offshore per realizzare gli investimenti finanziari è un'altra minaccia. E' proba�bile infatti che le persone fisiche o le so�cietà titolari di queste attività 5 mila mi�liardi di dollari in tutto il mondo, stando ad una stima recente si astengano dal denunciare i propri redditi. L'ascesa dei nuovi strumenti finanziari, hedge funds, derivati o altro, crea enormi difficoltà per identificare i veri detentori, l'importo delle transazioni, i redditi. A complicare il qua�dro, interviene l'estensione crescente del commercio internazionale tra società controllate dalla stessa multinazionale, che con una accorta manipolazione dei prezzi consente di trasferire i profitti nei paesi dove la tassazione societaia è più bassa (può essere il caso delie filiali ir�landesi di parecchie multinazionali). Inoltre le politiche fiscali saranno costret�te ad allinearsi sempre più, a causa della pressione a ridurre le aliquote derivanti dalla concorrenza tra paese e paese per attirare gli investimenti. Confrontando le aliquote di imposta sulle società applica�te nei principali 14 paesi indu�strializzati si riscontra negli ultimi anni una discesa quasi precipitosa, da una media del 46"}*. circa nel 1985 al 330Zo del 1999. Messi insieme, tut�ti questi fattori fini�ranno per impedire ai governi di mantene�re il gettito fiscale ai livelli attuali, obbligandoli a tagliare la spesa per la protezione sociale. La globalizzazione nuoce, infine, alla protezione sociale a causa della ten�denza alla deregolamentazione che ad essa si accompagna. E' probabile infatti che, nel tentativo di aumentare la com�petitività, i governi continuino a privatiz�zare altre aziende oggi pubbliche e completino la liberalizzazione del mer�cato del lavoro, modificando o cancel�lando del tutto le leggi che ostacolano i licenziamenti. Può anche darsi, naturalmente, che le pressioni competitive della globalizza�zione, come pure il bisogno di confor�marsi a nuovi accordi internazionali, spingano i governanti ad aumentare la spesa per l'istruzione, la formazione, la ricerca e lo sviluppo, la tutela dell'am�biente, la riforma delle istituzioni pubbli�che. Sono iniziative che probabilmente gioveranno alla società nel suo insieme. Ma in ogni caso resta inevitabile una profonda revisione del ruolo svolto dallo Stato nella protezione sociale, compresa una difesa mirata di coloro che restano danneggiati dalla globalizzazione. irare i. e sferi�strialiuare il Vito Tanzi, ora sottosegretario al Tesoro nel governo italiano, ex dirigente del Fondo monetario internazionale, ha scritto questo articolo come senior associate del Carnegie Endowment for International Peace.

Persone citate: Carnegie, Michael Moore, Peace, Vito Tanzi

Luoghi citati: Europa