Ora gli chefs stranieri studiano la nostra cucina

Ora gli chefs stranieri studiano la nostra cucina Ora gli chefs stranieri studiano la nostra cucina Un successo che ha radici nelle tradizioni regionali, come dimostra la storia dell'editoria gastronomica, con al vertice il mitico Artusi Carlo Petrilli GLI chefs in erba di tutto il móndo, piuttosto che indi�rizzarsi verso la meta clas�sica per i praticantati d'al�ta scuola cioè la Francia anivano in misura sempre maggiore nella nostra penisola. Per rispondere a questa domanda crescente di cono�scenza del patrimonio gastronomi�co nazionale, è nata a Jesi una scuola di cucina regionale italiana denominata Master of Italian Cooking. È esclusivamente rivolta a stranieri e rappresenta un'ottima promozione delle cucine regionah italiane, perché ha il merito di aver compreso nel suo programma l'es�senza dell'arte culinaria nazionale: la forte connotazione territoriale. Non si può infatti parlare di cucina italiana tout court e la cosa non ce la stiamo certo inventando. Ha radici storiche ben precise: una sua logica ripercorribile attraverso le pubblicazioni di ricettari e libri di cucina nel corso dei secoli. Dopo una stagione tardo-medievale e ri�nascimentale, in cui la fece da padrona una ricca produzione di ricettari di corte, pieni di piatti costruiti più sull'impatto visivo che sull'effettiva esaltazione dei sapori, per tutto il Seicento, fino alla secon�da metà del Settecento, l'editoria culinaria italiana ha taciuto, succu�be della posizione egemone conqui�stata in quel periodo dalla Francia. Mentre i nostri cugini d'oltralpe consolidavano quella che sarebbe diventata là loro cucina nazionale a colpi di manuali e ricettari (La Varenne e Massialot) destinati a diventare vere e proprie bibbie ga�stronomiche, in Italia la trasmissio�ne dei saperi in cucina avveniva oralmente, conferendo alla nostra gastronomia un'impronta estrema�mente localistica. L'emergere e lo stabilizzarsi di questa caratteristica fondamentale sarà testimoniata dalla ripresa del�l'editoria gastronomica italiana, che possiamo far coincidere con l'uscita del volume 21 cuocopiemonteseperfezionato a Parigi nel 1766. Fu un candissimo successo e, seb�bene fosse figlio della tradizione culinaria francese, conteneva già i germi di una cucina territoriale, ribadita con più forza dallo, stesso editore con l'uscita successiva de La cuciniera piemontese. Viste le potenzialità commerciah, in tutta Italia fior�una letteratura gastrono�mica con questa impronta, rivolta alla classe borghese per la propria cucina casalinga: dal Cuoco galante napoletano, al Cuoco maceratese, fino alla Cuoca cremonese, ecc. La tappa decisiva per consacrare il localismo della nostra cucina av�verrà però solo dopo l'unificazione dello Stato italiano e vedrà protago�nista un mitico bon vivant d'origine emiliana: Pellegrino Artusi. La sua Scienza in cucina e l'arte del man�giar bene del 1891 è il più importan�te tentativo di codificare l'arte culi�naria italiana e, guarda caso, classi�fica piatti e ricette su base regionale anche se tiene poco conto della cucina meridionale cercando di awicinare le tradizioni contadine alla borghesia cittadina cui è rivolto il volume. Con Artusi si può parlare a pieno diritto di nascita della cuci�na italiana moderna. Altri libri, le osterie e la diffusione a livello mon�diale di pasta e pizza prima, e di tanti altri prodotti italiani poi, han�no fatto il resto. -**

Persone citate: Artusi, Artusi Carlo Petrilli, Pellegrino Artusi

Luoghi citati: Francia, Italia, Jesi, Parigi