Ti racconto una barzelletta, capirai che la vita è tutta un paradosso

Ti racconto una barzelletta, capirai che la vita è tutta un paradosso Ti racconto una barzelletta, capirai che la vita è tutta un paradosso UN medico prescrive a un malato di reni una die�ta a base di latte matemo. H malato tor�na a casa e, non tro�vandovi la moghe, va daha vicina che ha partorito da poco e le racconta le sue disavventure. La donna, pre�murosa, propone di allattarlo e l'uomo accetta di buon grado. Dopo un po', la donna comincia a trovare la situazione molto stimo�lante e offre ripetutamente ah'uomo di dargli qualunque cosa desi�deri. L'uomo, immerso perduta�mente nel suo seno, non rispon�de; infine però si riscuote e le dice «In tal caso, prenderei volentieri un biscotto». RECENErmBenc SIONE nno ent/a Neha nostra vita sociale è comune rac�contarsi barzellette così, ed è anche comu�ne che ci si faccia degh scherzi, che si disegnino caricature e si imitino i manieri�smi di amici o perso�ne famose; sono alcune tra le tante forme dell'umorismo, una caratteristica onnipresente e di�stintiva deha specie umana. Su di essa si sono interrogati per secoh filosofi, psicologi e antropologi, sollevando perlopiù domande causali: perché si ride in casi simili? perché il riso è piacevole? perché le stesse, esperienze che fanno ridere alcuni (e provocano loro piacere) lasciano altri indiffe�renti (o h angosciano)? Freud, per esempio, avrebbe detto che la barzelletta di cui sopra ci permet�te di dar voce in forma socialmen�te accettabhe ai nostri repressi desideri incestuosi (donde il pia�cere) e quindi di scaricare mo�mentaneamente le energie psichi�che destinate di sohto aha loro repressione (donde il riso). In Una dólce follia, William Fry si pone domande teoriche d'altro genere; esplora cioè non l'origine ma la struttura del comico. A lungo cohaboratore di Gregory Bateson, Fry deve al maestro l'idea fondamentale del silo libro (uscito in inglese nel 1963). Non è un'idea sorprendente, per chi co�nosca Bateson, ma è assai sugge�stiva: quella umoristica è ima situazione paradossale. Andiamo con ordine. In par�tenza ci sono �paradossi logici: chi dice «Io sto mentendo» dice qualcosa che è vero se e solo se è falso. Ci sono poi i tentativi di risolvere i paradossi, per esem�pio la teoria dei tipi di Russell, in base alla quale una frase A che parla di una frase B appartiene a un tipo logico diverso da B e quindi una frase autoriflessiva come «Io sto mentendo» è mal formata, perché dovrebbe appar�tenere contemporaneamente a due tipi diversi; e c'è il riconosci�mento da parte di Bateson e altri che queste soluzioni cadono negh stessi paradòssi che voghono evi�tare (le fi-asi che costituiscono la teoria dei tipi parlano di tutte le frasi, quindi anche di se stosse). Ne segue la convinzione di Bate�son (ma anche di Hegel) che «il paradosso non può essere escluso dal pensiero e dalla comunicazio�ne umana», che gli esseri umani, lungi dal volerh «scioghere in nome di una pretesa logica linea�re», dovrebbero piuttosto impara�re ad abitare i paradossi, a muo�versi con disinvoltura in ima forma di vita in cui essi hanno stabhe dimora. . La situazione paradossale stu�diata più profondamente da Bate�son è quella del «doppio legame»: se mi si dice «Sii spontaneo», mi si danno contemporaneamente un'istruzione di primo livello (su spontaneo) e ima di secondo livel�lo (obbedisci all'ordine), che sono in conflitto reciproco. Mi trovo in condizioni analoghe se mi si co�munica, esplicitamente. o (più spesso) implicitamente (diciamo aggrottando le sopracciglia), «Questo è uno scherzo»: mi si invita infatti a prendere sul serio l'invito a non prendere nulla sul serio. Il gioco dèi bambini e degh adulti non fa che inscenare para�dossi, in cui si slitta costantemen�te dalla figura allo sfondo, dal realeal fittizio (pensate a un bambino che gioca al pirata d'in�verno e s�rifiuta di: mettersi il cappotto perché un vero pirata non se lo metterebbe mai). Gh episodi umorìstici fanno la stessa cosa («l'umorismo è innanzitutto gioco»), ma hanno in più un elemento esplosivo, in cui figura e sfondo compaiono insieme, ren�dendo il paradosso innegabUe e magari insostenibile (Fry parla a lungo della cataplessia, una sin�drome i cui soggetti si accasciano a terra privi di forze quando incontrano qualcosa di diverten�te)^ quella die gh inglesi chiama�no punch line, ossìa la battuta finale, fulminante appunto come un pundhi un pugno. Nel caso deha nostra barzefletta, fino ah^ punch line' si trattava di una storiella strana e un po' boccacce�sca, ma che potrebbe accadere davvero; la battuta finale chiari�sce però ebe niente andava preso sul serio e ci affonda tutta un tratto nel paradosso. Una tesi interessante, ma mal servita da un libro disorganizza�to e dispersivo, oltre die irrime�diàbilmente datato (discorre per pagine delTordine di beccata e delle ritualizzazìoni studiate da Lorenz come se fossero novità). Forse, invece d�riesumare que�sto reperto d�dubbio valore, sa�rebbe stato megho scrivere un testo nuovo sidl'ài^omento. RECENSIONE Ermanno Bencivent/a William F. Fry Una dolce follia. L'umorismo e i suoi paradossi trad. di DavideZoletto, Cortina, pp. 259, L 25.000 SAGGIO

Persone citate: Bate, Bateson, Freud, Gregory Bateson, Hegel, William F. Fry, William Fry

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