Maroni: non sarò ministro della Giustizia di Ugo Magri

Maroni: non sarò ministro della Giustizia Maroni: non sarò ministro della Giustizia Vertice Bossi-Berlusconi, si riapre la trattativa con la Lega Ugo Magri ROMA Bobo Maroni fa un passo indietro e nel pomeriggio di domenica annun�cia: «Non sarò il ministro della Giusti�zia». Lo dice col tono amareggiato di chi vuole trarre d'impaccio il futuro premier («Si sono create attorno al mio nome alcune complicazioni che rischiano di rendere più difficile la formazione del governo...»), un atto di generosità politica, insomma. Pe�rò, la sua sorte era già stata decisa sabato sera, in un incontro segreto ad Arcore tra Silvio Berlusconi e Umber�to Bossi. I due avevano lungamente discusso della questione, come usa dire, «in tono franco e cordiale». Ma alla fine s'erano trovati d'ac�cordo: alla Giustizia andrà un leghi�sta diverso da Maroni, sul quale incombe il veto del Quirinale. Si parla di Giancarlo Giorgetti, fino a ieri sistemato al Welfare, o più probabilmente di Roberto Castelli. La sorte di Maroni risulta viceversa assai incerta. Al Cavaliere, insomma, è riusci�to un esercizio di alta acrobazia: accontentare il Colle senza far detonare Bossi. Ce l'ha fatta usan�do nel colloquio di sabato il seguen�te argomento: «Se il veto fosse sulla Lega, lo respingerei al mitten�te. Nessuno può permettersi di sbarrare la strada del governo a un partito che ha contribuito a vince�re le elezioni». Ma se lo «sgradimen�to» del Quirinale riguarda non il diritto della Lega a prendersi la Giustizia, bens�la persona di Maro�ni, trattasi di perplessità da prende�re in esame. Tra le ragioni che alimentano le riserve del Quirinale pare ci sia la famosa inchiesta del procuratore di Verona, Guido Papalia. Su Maroni pende la richiesta di rinvio a giudi�zio per «attentato all'integrità dello Stato», e se venisse mandato sotto processo la sua posizione risultereb�be incompatibile con quella di Guar�dasigilli. In ogni caso, la Costituzio�ne attribuisce a Ciampi il potere di nomina dei ministri, dunque l'ulti�ma parola spetta proprio a lui. Qualora l'Umberto avesse punta�to i piedi, dicendo «Maroni non si tocca», allora Berlusconi si sarebbe trovato davanti a un bivio: litigare col Presidente prima ancora di far nascere il governo, come dire una jattura aggravata dalla, popolarità di cui gode l'inquilino del Quirinale (vedi parata del 2 giugno); oppure rompere col senatùr. che su queste cose è piuttosto vendicativo. «Inve�ce, Bossi si è rivelato un politico duttile, non è caduto nella trappola tesa da quanti vorrebbero divider�ci», tirano un sospiro di sollievo gli uomini del futuro premier, «se c'era un piano del genere, adesso è fallito». Il piano, inutile dirlo, sarebbe stato quello di far nascere un governo Berlusconi senza la Lega, o col Carroccio addirittura all'opposizione. Sulla carta, i voti ci sarebbero tanto alla Camera che al Senato, «ma Berlusconi non è mica matto a tal punto», insistono i suoi, «da fidarsi di una maggioranza tenuta su da qualche ex democristiano... Lui punta su Bossi». Che l'ha ripagato sacrificando il fido Maro�ni. Ora, Berlusconi può dedicarsi alle ultime caselle del suo puzzle. Chi ha parlato con lui durante il weekend, racconta che è piuttosto seccato dalla lotta a coltello tra i suoi colonnelli: «Tutti vogliono il ministero dell'Interno, si comporta�no come se ciascuno avesse chissà quale diritto, fanno i musi lunghi... Basta, sarebbe ora di finirla...». Però, sta a lui sciogliere il nodo. Beppe Pisanu e Claudio Scajola sembrano i meglio piazzati per quella poltrona. Lo sconfitto dovrà accontentarsi delle Infrastrutture. Enrico La Loggia e Antonio Martino paiono destinati a Pubblica Istruzio�ne e Beni culturali (dopo il «tecni�co» Pietro Lunardi, perde quota anche il nome di Letizia Moratti). Tramonta decisamente l'ipotesi di uno «scambio» di ministeri tra An o Forza Italia, che ambisce alla Dife�sa: il partito di Fini ha respinto le avances per il ministero di via XX Settembre. Adolfo Urso non esclude il recupero di Domenico Fisichella, ma è più facile che la spunti Maurizio Gasparri sul filo. Il premier darà vita a un Consi�glio di gabinetto, cabina di regia formala da Berlusconi medesimo più Bossi, Fini e Buttiglione. L'ha reso noto quest'ultimo, spiegando che «ciascuno avrà una delega: io mi occuperò di rapporti con l'Euro�pa, Bossi di devolution e Fini di riforma dello Stalo».

Luoghi citati: Arcore, Roma, Verona