Il giorno della disperazione russa
Il giorno della disperazione russa LAPRIMA VERA INTEGRAZIONE AVVOLGE LE MADRI ARRIVATE DA POCH^MESrNELLA'TERRAPRQMESSA Il giorno della disperazione russa Ai funerali delle vittime, tutti nuovi immigrati reportage EM il giorno del dolore russo, ~ della disperazione per que�ste bambine bionde arriva�te da poco e subito uccise dall'odio del terrorista palestinese, è il gior�no che Israele fa i conti con le sue Irina Usdachi, Irana Nafmaniashty, Anja Kchkova, con Marija Tagilchev, Ekaterina Kastaniada, Rajsa Nimrovsky, con le sorelline Elena e Julija Nelimov, e con Ro�man Dezaneshvili, o Elja Gutman. Non si chiamano Dani o Uri o Dafna i ragazzi seppelliti ieri. Sono .tutti figli di immigrati recenti, mol�ti della stessa scuola speciale di integrazione, molti poveri, sionisti nonostante tutto. Israele si batte il petto, la tv parla russo, la radio traduce i discorsi dei politici in russo, il pianto dei genitori e dei compagni di scuola. Adesso che le lacrime si mescola�no e si confondono, qui avviene la prima vera integrazione. Avviene sugli urli della madre delle due sorelle di 18 e 16 anni ieri sotterra�te insieme, sulla storia di una bambina nata di cinque mesi otto etti di peso che i suoi genitori portarono qui dalla Russia per tirarla su a minuzzoli di amore nell'ambiente più favorevole, nel rifiuto a lasciare il cimitero di ima madre che aveva nella figlia l'unica amica in una vita di vedova. In queste ore seguitano negli ospedali a morire altri ragazzi. «Non so che cosa dire»: il ministro del governo Sharon, Nomi Blumenthal, una la�dy di ferro bionda a minuta, si piega come spezzata davanti alla tomba piena di fiori. Singhiozza: «Voglio chiedervi scusa. Vi abbia�mo promesso che sareste venuti a vivere una vita migliore, che i vostri figli sarebbero stati il fiore di Israele, e vi abbiamo invece prepa�rato questa tragedia, la più terribi�le delle sorti, la perdita dei figli». Echeggiano la disperazione, i singhiozzi, sotto il sole terribile nel kibbutzGivat Brenner, sul cumulo di terra gialla che copre il piccolo corpo di sedicenne della bella Ma�riana Badbedenko. Una ragazza russa immigrata due anni fa soltan�to, certo con la voce sottile, il volto sorridente, il pallore, l'accento, le perline, la femminilità gentile e stupefatta che hanno le fanciulle russe piombate nella rude Israele. Una giovane immigrata, gioiello del sionismo, e adesso, come tutti gli altri ragazzini uccisi nella notte di sabato sul lungomare di Tel Aviv da un terrorista suicida, per�duta per sempre mentre appena cominciava a abituarsi al nuovo mondo aspro, ignaro del suo cibo, della sua musica, della cultura diversa, incurante del modesto mo�do di vita degli immigrati. Sotto il sole, vestita con un golfino nero con i lustrini, sviene la madre di Mariana fra le braccia della gente del kibbutz, mentre il presidente della knesset Avraham Burg dice: «Il terrorista non ha distinto fra sangue e sangue, fra lingua e lingua: noi siamo un popo�lo, insieme per sempre». Ai funerali non si sentono parole né di odio né di guerra. Accanto alla madre di Mariana il padre, i due gemelli e la sorellina che la mamma non aveva lasciato andare alla discoteca. Quel�la discoteca era una specie di corti�le dei giochi della comunità dei ragazzi russi: le ragazze fino a mezzanotte non pagavano il bigliet�to di entrata, e così, racconta una delle compagne di scuola, ci trova�vamo a casa di qualcuna, ci cambia�vamo tutte insieme, e poi dormiva�mo tutte insieme. La scuola Shevah che ha avuto cinque morti, e in cui convergeva�no i ragazzi russi anche delle picco�le città intorno a Tel Aviv (Holon, Rishon le Zion), è in stato di choc, gli psicologi di lingua russa sono tutti mobUitati, i ragazzi al funera�le più che parlare piangono: «Io credo totalmente nella pace», dice Kitra, vestita di nero, bionda e diciasettenne, con un orsacchiotto attaccato alla cintura: «Verrà un giorno... Quando siamo immigrati avevo quattro anni. Nessuno mi ha chiesto dove andare. Ho visto quel�lo che i genitori hanno pagato: solitudine, discesa nella scala socia�le». Non solo: il kibbutz di Givat Brenner ha offerto una tomba ai ragazzi russi che non sono intera�mente ebrei, perché il rabbuiato faceva problemi a seppellirli nel grande cimitero di Tel Aviv, se non m una sezione speciale. Allora alcu�ni genitori hanno preferito il picco�lo cùnitero laico di Givat Brenner. I ragazzi della scuola Shevah che si dedica a Tel Aviv all'integra�zione, alla lingua, all'accoglienza psicologica, passano su un autobus blu di funerale in funerale: fra loro in gran parte già parlano ebràico. Evgenij Eshovski, piccolo e palli�do, ricorda che Mariana sorrideva sempre. Urlano le madri il dolóre enorme, incontenibile, i padri si disperano in silenzio. «Noi siamo gente diversa dagli israeliani», dice, un biondino di nome Klemond: «Parlano a voce alta, noi teniamo il dolore dentro. Sono duri, noi siamo affettuosi. Vengo da un paesino sul confine ceceno. Andrò nell'esercito e anche se fossi all'estero tornerei apposta per farlo. In un'unità di combattimento. Ero molto amico di Mariana». [f^ri^l Molti dei ragazzi frequentavano la scuola Shevah per i neocittadini Qualcuno è sepolto nel cimitero del kibbutz dove abitava Al funerale ieri a Tel Aviv una giovane .. .' israeliana tra altri parenti. delle vittime del kamikaze piange là morte della cugina Simona Rodin, di 17 anni
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