McGovem: la mia lotta contro la fame nel mondo di Emanuele Novazio
McGovem: la mia lotta contro la fame nel mondo Ambasciatore americano presso la Fao McGovem: la mia lotta contro la fame nel mondo Emanuele Novazio ROMA Ha un sogno, George McGovem. A 76 anni, e trent'anni dopo la leggen�daria sfida a Richard Nixon alle presidenziali del '72, l'ex senatore del South Dakota è convinto che l'America non abbia perso la capaci�tà e l'urgenza di sognare e che l'umanità sia approdata a un'altra «frontiera», quarant'anni dopo quel�la che fu John Kennedy a tracciare. Una frontiera che passa per Roma e l'ambasciata americana presso la Fao (l'Agenzia delle Nazioni Unite per l'alimentazione mondiale) della quale è titolare dal '97 per volontà di Clinton e ora di Bush. «Vorrei trova�re un posto dove vivere nel modo in cui davvero meriterebbe farlo», si è augurato una volta. Roma potrebbe sollecitare la tentazione del ritiro e diventar rifugio per l'ex senatore democratico che, nonostante la scon�fitta devastante subita ad opera di Nixon (29 milioni di voti contro 47 e un solo Stato, il Massachussetts), ha continuato a incarnare il desiderio dell'alternativa e del sogno? Troppo presto per dirlo, par di capire: per l'uomo che, con la sua coraggiosa opposizione alla guerra nel Vietnam, diede dignità e vigore a una genera�zione di giovani in cerca di autoaffer�mazione e ribellione, la capitale ita�liana è soltanto una sede di lavoro, per quanto apprezzata. L'occasione di un impegno che questo s�ha i tratti del sogno: «La ragione per la quale l'amministrazione Bush mi ha chiesto di restare è la slessa che riempie la mia vita: aiutare a soprav�vivere 450 mihoni di bambini che soffrono la fame, riuscire a garantir�gli un pasto caldo al giorno». Un monito morale, prima ancora di un appello politico a chi governa: «Non c'è scusa, non possiamo per�metterci che tanta gente ancora soffra la fame. Se ci sono problemi che è impossibile risolvere, la fame non è fra questi: una delle certezze che rende affascinante il mio lavoro a Roma è la possibiUtà di eliminare la fame nel mondo entro i prossimi 25-30 anni». Un'ambizione esagera�ta, un eccesso d'ottimismo? «Non sto sognando un sogno, intravedo la realtà di questo sogno». Purché i ricchi del mondo rispondano aU'appello: «L'Itaha ha un suiplus di riso, centinaia di migliaia di tonnellate stipate in magazzini. Perchè non donarlo al programma alimentazio�ne dell'Orni?». Lo stesso sforzo avverte McGovem devono farlo tutti i produttori in eccesso, dagli Stati Uniti alla Francia, dalla Germa�nia al Canada all'Australia. «Ma riusciremo a mobilitarii, riusciremo a convincerli a collaborare fra di loro e con noi?». Se questa è la sfida del futuro, cos'è rimasto di un passato che si è conquistato i tratti del mito? Una convinzione, soprattutto: la sconfit�ta del '72 «non fu un ripudio del liberalismo» e di McGovem, che alle primarie riusc�a battere «fior di candidati come Hubert Humphrey e Musky», ma il frutto dell'«attentato al govematore WaUace, che dirottò su Nixon 10 milioni di voti». E una certezza: «Se avessi battuto Nixon la guerra freddda non sarebbe finita nel 1989 ma nel '73. E la guerra nel Vietnam sarebbe finita subito, il pomo stesso della mia inauguration». Ad ogni costo? «Ad ogni costo. Il vero prezzo sarebbe stato il ritor�no a casa di soldati e prigionieri, ma il solo mezzo per riaverli sarebbe stato metter fine aUa guerra». Del suo primo incontro con l'Ita�lia, giovane pilota negh anni della guerra, McGovem conserva una me�dagha al valore conquistata per aver salvato il suo «B24», colpito dalla contraerea, con un atterraggio di straordinaria audacia su un'isola dell'Adriatico: «Per questo mi fa tanto piacere essere qui oggi, è un segno di quanto sia cambiato in meglio il mondo». Come appare a questo «ambasciatore bipartisan», daU'osservatorio romano, la nuova amministrazione americana che qualche perplessità ha sollevato in Europa? «Thomas Jefferson una vol�ta disse: "GU Stati Uniti devono avere un conveniente rispetto per le opinioni dell'umanità". E' ancora vero, e aUe volte penso come sia facile dimenticarsene: il fatto di essere i più ricchi, i più forti, i più potenti, non significa avere sempre ragione, su tutto». Una critica garba�ta? «Ho fiducia nella nuova ammini�strazione, non credo che il presiden�te e il segretario di Stato PoweU siano incauti. Sono conservatori che voghono usare il potere in modo sensato, sono convinto che non af�fronteranno i problemi del mondo in maniera avventata. Se faranno degli errori? Li abbiamo fatti anche noi democratici, li fanno tutti».
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