Quando voleva ricucire lo strappo con l'Urss di Pierluigi Battista
Quando voleva ricucire lo strappo con l'Urss Il leader si oppose alle «abiure» del passato, ma avallò la riabilitazione di Imre Nagy Quando voleva ricucire lo strappo con l'Urss Pierluigi Battista MOLTI giornali, in quel gen�naio del 1986, suggerirono l'ipotesi che l'incontro del�la delegazione del pei guidata da Natta con il gruppo dirigente del pcus di Michail Gorbaciov rappre�sentasse nientemeno che «la ricuci�tura debo strappo», b primo rianno�darsi di fib tra due partiti comuni�sti entrati definitivamente in rotta di colbsione dopo che Enrico Berlin�guer, a seguito dei fatti di Polonia del 1981, aveva dichiarato «esauri�ta la spinta propulsiva» impressa dalla rivoluzione russa del '17. Bettino Craxi, che amava i giudizi taglienti e che aveva fatto deba guerrigba ideologica con i comuni�sti «fratebi separati» una bandiera da sventolare con orgoglio e durez�za, bobò addirittura la missione del pei a Mosca come un nuovo «bacio della pantofola». Ma l'imma�gine di un Natta «filo-sovietico» e determinato, come segretario del partito comunista, a risanare la frattura con l'Urss sembra davvero ingiusta a Emanuele Macaluso, che accompagnò il leader di Botte�ghe Oscure al funerale di Cermonko, e che ricorda Natta «come un uomo mai stato legato ab'Urss: aveva un rapporto scettico con quel mondo, era culturalmente estraneo a queba storia, non aveva mai frequentato i dirigenti sovieti�ci, non aveva mai passato un giorno di vacanza in località sovie�tiche». E sembra sommamente irri�guardosa anche a Piero Fassino che ricorda Natta come «un vero carte�siano, un antidogmatico razionali�sta, laico, aperto. E anche coraggioMacaluso: il rapporto con il mondo sovietico fu però di scetticismo so, visto che, appena nominato segretario, permise a una nuova generazione di dirigenti di assume�re le redini del partito». Fatto sta che negb anni della sua segreteria molti segnab poteva�no assomigbare ad altrettanti sinto�mi se non di una «ricucitura», senz'altro di una inflessibile fedel�tà a un mondo e a una storia indissolubilmente intrecciate aba vicenda mondiale del comunismo e deb'Unione Sovietica. Fedeltà che avrebbe portato Natta, neir89, a opporsi con disperato vigore aba «svolta» occhettiana nel nome di una continuità con una storia di cui b successore di Berlinguer non avrebbe mai voluto vedere la bquidazione. Resistenze ed espressioni di quello che Giorgio Napobtano defimrebbe «uno spirito guardin�go» che in quegb anni si manifesta�rono, per esempio, con la partecipa�zione di Natta alla celebrazione nel 1987 del settantesimo anniversa�rio deba Rivoluzione sovietica da cui sarebbe tornato, dopo avere lungamente incontrato un Gorba�ciov impegnato neba «pèrestrojka», con la decorazione debor�dine deba Rivoluzione d'Ottobre (la cui spinta Berlinguer aveva qualche anno prima decretato «esaurita»). Del resto, proprio negli anni deba segreteria Natta, un Fassino: dimostrò grande coraggio e permise ai giovani dirigenti di crescere Qui accanto il ministro della Giustizia Piero Fassino, alla sua sinistra Emanuele Macaluso In alto a sinistra amici e compagni di partito fuori dalla camera mortuaria dell'ospedale di Imperia dirigente berbngueriano come Ugo Pecchiob arrivò a minimizzare le ragioni dello «strappo» sottolinean�do «le novità che oggettivamente riawicinano i due partiti». Lo stes�so Natta liquidava brutalmente la «povera sagra dell'anticomuni�smo» che a suo avviso si sarebbe manifestata con le critiche sociali�ste a Palmiro Togbatti e una volta, nato, arrivò a definbe «deplorevo�le» la pubbbeazione sull'Unità di�retta abora da Gerardo Chiaromonte di un articolo di Umberto Cardia sulla «solitudine di Gramsci» non mitigata, nebe galere fasciste, dal conforto del partito ormai nebe mani di Togbatti. Ma fu sul trentennale dei fatti d'Ungheria e poi sulla «riabbitazione» di Imre Nagy che si calamitaro�no tutti i problemi di un partito che dopo lo «strappo» era ancora incer�to se andare ancora avanti suba strada della rottura con il passato o frenare su una posizione più con�servatrice. Nell'ottobre deir86 Cra�xi chiese imperiosamente al pei di Natta «un atto di coraggio, di onestà, di verità ed anche di ripara�zione» nei confronti della memoria di Nagy e degli insorti ungheresi schiacciati dai carri armati sovieti�ci. Ma Natta, che pure si era recato in quei giorni in visita a Budapest incontrando Janos Kadar, dichiarò in un'intervista a Ugo Baduel per l'Unità che «non ha senso chiedere abiure». Certo l'esecuzione di Nagy fu un «atto ingiusto e disumano» ma per Natta «mai ragioni e torti si dividono con l'accetta» e la revisio�ne del passato non può trasformar�si in «sempbficazioni e riduzioni assurde». Era una posizione decisa�mente più prudente di quella del Giorgio Napolitano che in quegli stessi giorni, davanti ad Antonio Giolitti, riconobbe in una trasmis�sione televisiva «il nostro errore». E soltanto due anni dopo, nel giugno del 1988, Piero Fassino si recherà a Parigi a rendere omaggio alla tomba di Nagy. «Decidemmo di compiere quel gesto richiestoci espressamente dall'associazione dei familiari dei martiri d'Unghe�ria», ricorda Fassino, «col pieno appoggio del segretario Natta e del vicesegretario Occhetto, con b qua�le, un anno dopo, ci recammo a Budapest neb'occasione del ritor�no delle spogbo di Nagy in Unghe�ria». Pajetta, ricorda Claudio Pe�truccioli nel suo recente flendiconto, reag�molto duramente al gesto di Fassino: «Chi ha deciso che andasse?». Ma Natta difese quella scelta.
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