Toscanini, lo schiaffo al Duce di Oreste Del Buono

Toscanini, lo schiaffo al Duce LUOGHI COMUNI Personaggi e memorie dell'Unità d'Italia di Oreste del Buono e Giorgio Boatti (gboatti@venus.it) Toscanini, lo schiaffo al Duce L'affronto subito dal Maestro nel '31 a Bologna si trasformò, per il regime, in un clamoroso autogol UNA sera di maggio di settanta anni fa Arturo Toscanini, giunto a Bolo�gna per tenere un concer�to in memoria del compositore Giuseppe Martucci, viene aggre�dito da un manipolo di fascisti. Cos�nel saggio "Lo schiaffo a Toscanini" Luciano Bergonzini racconta l'accaduto: "Quello che doveva essere il più autorevole gh chiese: "E' vero che non vuoi suonare "Giovinezza"? " Toscani�ni rispose solo: "No, niente inni" e cos�cominciò il tumulto. Il Mae�stro non si intimorì, mandò tutti all'inferno e allora part�lo schiaf�fo, che lo colp�al labbro inferiore sinistro". Responsabile del gesto secondo Montanelli e Stagheno che ne hanno tratteggiato anni fa la biografia è stato quasi sicura�mente Leo Longanesi. Toscanini, poche ore dopo l'ac�caduto, riassume i fatti in un telegramma diretto a Mussohni. Scrive il maestro: "mentre con la mia famiglia mi recavo al teatro Comunale di Bologna... venni ag�gredito, ingiuriato e colpito ripe�tutamente al viso da una masna�da inqualificabile... non piena�mente soddisfatta di ciò la masna�da ingrossata nelle sue file si recò minacciosa sotto le finestre dell' Hotel Brun, dove abitavo, emet�tendo ogni sorta di contumelie e minacce contro di me. Non solo: uno dei suoi capi per tramite del maestro Respighi m'ingiungeva di lasciare la città entro le sei antimeridiane non garantendo in caso contrario la mia incolumi�tà...". Nella storia ci sono stati schiaf�fi che, oltre a lasciare purpurea traccia su volti Dlustri, segnano il maramaldesco prevalere di un vincitore, l'imporsi di un prepo�tente su uno sconfitto fattosi inerme e indifeso. Non è questo, in verità, il caso dello "schiaffo di Bologna" del 14 maggio 1931 che, più che una lezione impartita per ordini superiori al riottoso diret�tore d'orchestra, si presenta come un clamoroso autogol del regime. Il fattaccio nonostante l'imme�diata disposizione impartita ai giomah di minimizzare l'inciden�te ha un immenso clamore e raccoghe la condanna pressoché unanime della stampa intemazio�nale. Non solo: provoca un'onda�ta di simpatia, e non solo da parte delle minoranze antifasciste, ver�so il direttore d'orchestra. In quel maggio del 1931 presso la sua abitazione milanese giun�gono secondo fonti della Pubbli�ca Sicurezza qualcosa come quindicimila telegrammi o atte�stazioni di solidarietà. Tenendo conto della stretta sorveghanza e dell'occhiuta vigilanza dispiegata dalla pohzia pohtica su ogni gesto di dissenso, questo plateale strin�gersi di molti moderati, e persino di sostenitori di Mussolini, attor�no a Toscanini rivela come nonostante il cementarsi dello Stato autoritario sia assai poco realistico, per il regime, sperare di condizionare Toscanini. 0, peg�gio ancora, sperare di trarre van�taggio sfidandolo in una contrap�posizione violenta e plateale co�me quella che avviene a Bologna. Di questa situazione di stallo si era reso conto benissimo Mussoh�ni che non a caso, la sera stessa di quel 14 maggio 1931, quando viene informato telefonicamente dal ras bolognese Arpinati dell'ac�caduto, "reag�con tanta violenza che si sentivano le urla". Quindi il Duce ordina immediatamente il black out informativo ma, ormai, a causa di quei fascisti che secon�do Arpinati "sono scappati di ma�no", la frittata è fatta. Ed è succes�so proprio quello che per quasi un decennio Mussolini ha cercato di evitare. Con una pazienza e una diplomazia che stupisce vedere all'opera in un tipo come lui. Infatti dopo l'avventurosa allean�za elettorale del 1919 tra Mussoh�ni e Toscanini (quando il program�ma mussoliniano contemplava l'instaurazione della repubblica, il voto ahe dorme, l'espropriazio�ne delle terre e qualche altra bazzecola rivoluzionaria) il raf�freddamento tra i due procede a lunghi passi. Il duello a distanza procede con gli strumenti di cui dispongo�no: i diktat di Mussolini s'intrec�ciano ai rifiuti di Toscanini, già a partire dal 1922, di suonare inni di partiio, o la stessa Marcia Reale, in apertura delle sue esecu�zioni. Nel 1922, a poche settima�ne dalla marcia su Roma, a Mila�no Toscanini viene strattonato dagh squadristi perché rifiuta esattamente come farà a Bologna nove anni dopo di far precedere al "Falstaff l'inno "Giovinezza". A partire dal 1925 s'impone per legge l'obbligo di eseguire l'inno di partito in apertura di spettaco�lo in tutti i teatri del regno. Ma alla Scala, finché rimane Toscanini, vige una specie di 'banriera agli inni" insuperabile perfino al Duce. Indicativo quanto succede nell'aprile del 1926. In occasione deha prima assoluta della "Turandot" s'annuncia la presenza alla Scala di Mussolini. Con la conse�guente imposizione senza dero�ghe possibili dell'inno di partito. "I direttori deha Scala scrive Harvey Sachs nella sua biografia di Toscanini si trovarono nella poco invidiabile situazione di scegliere tra le ire di Toscanini e quelle di Mussolini. Essi riferiro�no al Maestro l'ordine del Primo ministro ed egli ribatté che pote�vano far eseguire "Giovinezza" se trovavano un altro che dirigesse sia l'inno sia "Turandot". A questo punto Toscanini diventava più indispensabile di Mussolini al buon funzionamento deha "Sca�la" e quindi "Turandot" venne eseguita col Maestro e senza il Duce". Il Duce, in occasione di un incontro in Prefettura a Milano, cerca di recuperare il rapporto con Toscanini. Non ci riesce. E davanti al Maestro ("immobile e impassibile") Mussolini si trasfor�ma nel maestro. Quello di Predappio che redarguisce quasi fosse uno scolaretto il direttore d'orche�stra "per il suo pessimo comporta�mento". Magra soddisfazione, ov�viamente. Tanto che nel 1930, quando Toscanini porta in Italia in tournée la "New York Philharmonic", i due sembrano giocare a rimpiattino. Toscanini dirige a Roma e Mussolini organizza un bagno di folla a Firenze. Non appena però Toscanini arriva a Firenze Mussolini, poveruomo, se ne deve tomare precipitosa�mente a Roma. Per non dover ripetere la sceneggiata milanese della "Turandot", nel 1926. Allo�ra, per dare degna giustificazione aha mancata presenza aha Scala, si era intrattenuto con i veterani milanesi del fascio. Tre lunghissi�me, noiosissime ore. Mentre To�scanini, aha Scala, faceva piange�re i milanesi con le lacrime di Liù. DA LEGGERE Luciano Bergonzini Lo schiaffo a Toscanini IIMuiino, Bologna 1991 Harvey Sachs Toscanini EdtMusica, Torino 1981 I. Montanelli-M. Staglieno Leo Longanesi Rizzoli. Milano 1985 Toscanlni con la moglie Carla