L'italiano vero contro il signor «né né»

L'italiano vero contro il signor «né né» L'italiano vero contro il signor «né né» Di Pietro e D'Antoni si contendono l'elettorato terzaforzista «I Derby» sono il racconto in presa diretta dei grandi duelli della campagna 2001. Già pubbli�cati: �vicepremier Fini-Fassino ( 17 aprile), �romani Veltroni-Tajani (22 aprile), i toi inesi Chiamparino-Rosso (27 aprile), le napoleta�ne Jervolino-Mussolin�(I mag�gio). Oggi i Terzi Incomodi al�l'esordio elettorale: il fu magistra�to Antonio Di Pietro e il fu sindacalista Sergio D'Antoni. Do�po il pezzo e il tormentone cavurriano, il lettore potrà cimen�tarsi nel classico test sei Di Sbirro o D'Astutoni? Massimo Gramelllnl TOTO' Di Pietro apre il b aule della macchina (una Lancia, mica ima Merce�des) e vi intrufola il testone, smanettando dentro la vali�gia alla ricerca di qualche carta bollata delle sue. Le conl serva in fondo, schiacciate sot�to un sacchetto di plastica del supermercato che è gonfio di biancheria sporca come ima pal�la. «Devo scappare a casa a fare il ricambio». Di carte o di calzini, non si sa. Ma l'accostamento è quanto di più dipietresco si possa im�maginare. Ne�gli anni d'oro i mora listi lo defi�nivano «l'al�tro italiario» per contrappor�lo, a Berju sconi. Inve�ce è «l'italiano vero» cantato da Cutugno. Quello alle vongo�le, ruspante, furbo. Insomma: democri�stiano. Proprio come Sergiuzzo D'Antoni, il berlusca senza soldi che non potendone più di tut�ti questi partitini, ha finito col fondarne uno anche lui. D'Antoni-Di Pietro è la semifinale che designerà lo sfidante di Formigoni nella corsa all'eredità dell'odiato Cavaliere. Se non ci fosse Berlusconi, en�trambi starebbero già oggi nel blocco della destra (loro la chia�mano «non-sinistra»), uno nella corrente dei veri duri e l'altro in quella dei finti molli, il felino D'Antoni puntando alla pre�sidenza del Consiglio e il tribuno Totò agli Interni. Ma finché Berlusconi c'è, i due «centrini» devono af�frontare la partita elettora�le da Terzi Incomodi, in realtà molto scomodi più a se stessi che agli altri, per�ché i mezzi sono scarsi e le tv, spietate coi deboli, se li filano poco. Tutti e due hanno cambiato mestiere a 50 anni e si giocano l'occa�sione della vita con il dub�bio sottile di averla già spre�cata ai tempi del terremoto tangentizio. Quando il fu magistrato di Mani Pulite era una riverita rockstar, mica la vecchia gloria di adesso che può passeggiare in Galleria a Milano nell'ora di pun�ta senza che quasi nessuno se ne accorga, solo la signora che gli chiede l'autografo: «Lo sa che lei per me era un mito?». Era. «Cer�to, per Di Pietro sarebbe stato più facile buttarsi in politica allora», spiega lui in terza persona con la voce impostata da oratore di paese, «ma sarei diventato un Caudillo, un Perón. Mi avrebbero votato per quello che facevo, non per quello che sono». Anche il fu sindacalista conob�be l'attimo fuggente nel 1993: manifestazione con Mariotto Se�gni in un Palaeur di Roma stracol�mo, voglia di facce nuove per una riscossa democristiana che di l�a raco si sarebbe incarnata in Berusconi. «Era il momento giusto, ma non per me. Facevo il segreta�rio della Cisl da troppo poco tempo per mollare». Ma D'Anto�ni è siculo e sportivo praticante: da fatalista e opportunista d'area, sa che dopo un gol sbaglia�to non serve disperarsi. MegUo nascondersi all'ombra di qualcu�no più grosso e aspettare che sbagli. Un'altra palla-gol, prima o poi, arriva. L'Itce l«E' di bchealla SE 12.000 VI SEMBRAN POCHI «Dibiedro», gli grida per stra�da un marocchino che parla un po' megUo di Biscardi, «du che hai arresdado duddi i ladri...». «Tutti, magari... Solo dodicimi�la». Dodicimila. Da riempirci lo stadio del Como o del Crotone. Dodicimila. E gli sembran pochi. «Sono di nuovo a piede libero. Come quel Gianstefano Frigerio già condannato a Milano che si candida in PugUa. Adesso si fa chiamare Car�lo». Che tempi: allora tutti i ladri venivano a lui col cappeUo in mano, perché adesso si può dire erano davvero «tutti» a rubare, «solo che quelU di sinistra, più furbacchioni, quando erano con�dannati se ne stavano bassi bas�si, senza dare neU'occhio». Il cambio di ruolo ha prodotto in Di Pietro un'interessante mu�tazione genetica: lo sceriffo di Montenero si è pannelUzzato. Non siamo ancora aUo scio�pero deUa fame, che pure non guaste�rebbe aUa Unea. Ma è destino di tutti i Terzi Incomodi fare un po' il verso aU'originale: toni apocaUttici, atteggiamenti da vittima e ossessione fameUca per le comparsate tv. Basta che accanto a lui si accenda una telecamera qualsiasi, anche quel�la di un turista giapponese, per�ché Di Pietro gonfi Ù petto, alzi la testa e parta in monologhi deva�stanti sul «nuovo Muro di BerUno che divide legaUtà e UlegaUtà, da Mondov�a Canicattì». Ce l'ha con la sinistra che lo ha scaricato e ormai gU sta quasi più antipati�ca di Berlusconi. «Mi hanno mes�so contro uno dei loro sia in Molise che a Milano. Risultato: U coUegio andrà al Polo e U sindaco iure. VogUono normaUzzare l'Itaia e io sono l'unico ostacolo, la loro voce deUa coscienza. Anche i miei vecchi elettori del MugeUo lo hanno capito. Questo non è più l'UUvo, è una Quercia coperta di avvoltoi che gU succhiano le ghiande, con tanti berluschini di sinistra che pensano solo alla poltrona: Dini, MasteUa, De Mi�ta, PisciteUo, uno che se lo cono�sci lo eviti. E RuteUi, il moscone verde che salta di groppa in groppa sfruttando gU altri anima�li, cattoUco coi cattoUci e ateo con gU atei». Le sparate finiscono sempre con un'aUusione giudizia�ria, U suo marchio di fabbrica. «RutelU si batte per la legaUtà? Proprio lui, l'unico sindaco pizzi�cato daUa Corte dei Conti per LntraUazzi e favoritismi vari!». Con l'avvicinarsi del 13 maggio, qualsiasi vuoto elettorale diven�ta buono da riempire, persino queUo deUa Lega, «che per trenta denari ha rinunciato aUa sua sacrosanta battagUa contro Ro�ma ladrona». Ci penserà lui ad arrestarla, la signora o signorina Roma, se gU orfani inconsolabiU di Mani Pulite gU daranno i voti: «Ne aspetto tre miUoni. Noi so�pra U 40Zo e tutti i falsi fiori girasoU, margherite e buttigUoni al di sotto: spazzati via. D'Anto�ni no, lo rispetto, anche se non lo condivido. Vuol costruire un'al�ternativa aUa sinistra. Io invece sono per la scomposizione e ri�composizione dei poU. Mi muovo a 360 gradi. Scomposizione e ricomposizione, è chiaro u' con�cetto?». E le mani gU scattano in aria, come se stessero strozzando qualcuno. IL SIGNOR NE'NE' Attenzione a D'Antoni, potreb�be essere la sorpresa. Nei sondag�gi sta messo male, ma anche la De a parole non la votava nessu�no. NeUe urne, poi. La sua campa�gna d'esordio sembra un rap: né fascista né comunista, né destra né sinistra, né con l'impresa né contro. In realtà U signor Né Né ha raccattato scontenti dapper�tutto: da Vito Gnutti a EmiUo Colombo, passando per Carlino Scognamiglio. E se 1 interessato non avesse risposto di no, U capoUsta a MUano sarebbe stato De CaroUs, simbolo deUa De con�servatrice. Il sogno di D'Antoni è queUo del maschio itaUano me�dio: possedere una squadra di calcio e un partito come Berlusco�ni senza avere né i suoi soldi né le preoccupazioni (né... né). Per riu�scirci, da bravo figUo cattoUco, Sergiuzzo si appoggia agU anzia�ni: Sensi gU ha dato U Palermo e Andreotti la Democrazia Euro�pea, che gU speaker dei comizi in un lapsus chia�mano Cristiana. Sui manifesti si è fatto ancora ritrarre nei pan�ni del sindacaUsta che arringa una foUa con la cravatta sbUenca. Da politico la prosa è rimasta la stessa, solo che ades�so si notano di più le inflessioni sicule: «infrasciucciure», «mecciopoUtane», «sciumenti». Nei modi, invece, ha già assunto queU'aria com�passata e polverosa che rimanda aUa vecchia De, particolarmente rimpianta in questi tem�pi appariscenti e stressa�ti. «Ricordo U primo comi�zio a cui assistetti in SicUia, da ragazzo. Erano gU Anni 60 e si parlava del ponte sullo Stretto... Siamo ancora U». L'obiettivo finale di D'Antoni è prendere il posto di Berlusco�ni. Quello più urgente, sopravvi�vere a un sistema elettorale che rischia di schiacciarlo. Quasi gli dispiace di non aver cercato un accordo con Di Pietro («abbia�mo elettorati contigui e in parte sovrapposti»). Adesso avrebbe un rivale in meno. Anche lui è arrabbiato con la sinistra «e i suoi giornali masochisti che mi oscurano, senza capire che solo io posso portar via voti a Forza Italia». Però, al contrario di Di Pietro, D'Antoni non ha fretta. Giocherella con la fede nuziale, il suo unico tic, e aspetta. La vicinanza di Andreotti deve averlo indotto a misurare la vita sui ritmi dell'eternità. «Nel 1994, alle prime elezioni col maggioritario, il centro di Martinazzoli prese 5 milioni di voti, ma pochi seggi. Lui si sent�abbandonato e mollò tutto. E invece bisognava insistere, ave�re pazienza. Li prendessi io, 5 imlioni di voti!». Giura che pro�prio per questo in Parlamento non si schiererà mai col vincito�re. «Non mi gioco U futuro per una poltrona da ministro». An�che perché i giochi li farà altro�ve. Magari appoggiando la de�stra nelbaUottaggio di Roma in cambio di una desistenza a suo favore, quando a giugno si candi�derà a presidente deUa SicUia contro Orlando. Non è politica dei due forni, questa? «Lo sareb�be a UveUo nazionale. Ma a UveUo locale, bisogna essere fles�sibili, rispettare le decisioni che gli amici prenderanno autono�mamente. Altrimenti dove va a finire il federaUsmo?». Attenti a D'Antoni, il ragazzo è sveglio. La campagna del capo di Democrazia Europea: non sono fascista, non comunista; non con l'impresa, non contro... L'Italia dei valori ce l'ha con l'Ulivo: «E' diventato un insiemdi berluschini che pensano soltanto alla poltrona» ettore potrà cimen�ssico test sei Di tutoni? lnl ro apre il b macchina (una a ima Merce�ola il testone, ntro la vali� di qualche e sue. 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Quello più uvere a un sisterischia di schiadispiace di nonaccordo con Dmo elettorati csovrapposti»). un rivale in marrabbiato co Antonio Di Pietro e Sergio D'Antoni in un disegno di Ettore Viola