Per il capitalismo senza regole ci vorrebbe un nuovo Keynes di Lelio Demichelis

Per il capitalismo senza regole ci vorrebbe un nuovo Keynes Per il capitalismo senza regole ci vorrebbe un nuovo Keynes NEL Paese delle meraviglie. Alice chiedeva d gatto: Vuoi dirmi, d grazia, qua�le strada prendere per usa�re d qd? E il gatto: Dipende da dove vuoi andare. C'è un paradosso nel capitalismo d questi anni: da una parte un turbocapitalismo velo�ce, innovativo ma onnivoro; dall'd�tra, dsuguaglianze sempre crescen�ti. Non solo: quanto più avremmo bisogno d regole e d sicurezza sociale, tanto più ripudamo lo Stato socide e tutto riduciamo alle razionalissime leggi del mercato (sorta d nomos pre-dominan�te), alle quali dovremmo sottomet�terei senza più volerle migliorare, cos�rinunciando alla nostra libertà e alla nostra autonomia. Scriveva Keynes nel 1936: "Sug�gerire un'azione socide per il bene pubblico alla City d Londra è come discutere L'origine delle specie ài Darwin con un vescovo nel 1865". Se sostitdamo la City con Wall Street (il baricentro finanziario odemo), abbiamo la stessa radede incomprensione. Il bene pubblico non interessa d capitalismo e nep�pure più alla politica. Viviamo una nuova fase rivoluzionaria del capita�lismo, che distraggo il vecchio cre�ando il nuovo (ma la globalizzazio�ne e la net economy sono davvero nuove?), una forma capitalistica pe�rò ancora instabile e incontrollata: RECENLeDem IONE o helis servirebbe allora un or�dine per questo merca�to senza regole non più quelle vecchie, non ancora quelle nuove. Michel Aglietta e Gior�gio Lunghini si interro�gano sitila questione e ne nasce un libro di�portante, ricco d suggestiom. Ag;liétta, docente di Economia a Parigi, è padre della cosiddetta scuo�la delle regoladom: il capitalismo è una grande forza d cambiamento, ma non ha in sé dcun principio d regolazione, questo deve venire piuttosto "dalla coerenza delle mediaziom sodati che orientano l'accumdazione del capitde nel senso del progresso". Ieri, erano le regolazioni del fordismo, imposte dalle istitimod e dalle lotte sodati. Ma oggi? Il capitalismo scrive Aglietta mette oggi in concorrenza società intere e il gioco delle medaziod sociali si rompe a vantaggio degli interessi privati e delle imprese. I legami sodati si spezzano, il denaro dviene l'unica forma d riconosdmento socide, cresce l'insicurezza, la sodetà salaride è in affanno. E' dunque urgente "orientare nuova�mente l'accumdazione del capitde verso una ripartizione solidde dei reddti". E immaginare anche un reddto d cittadinanza. Più critica ma più accattivante l'analisi e la tesi d Giorgio Lunghim, che insegna Economia politica a Pavia autore, tra gli dtri, d L'età dello spreco. Disoccupazione e biso�gni sociali. Grande è la ricchezza materide prodotta dd capitalismo "sistema che ha la straordinaria capacità d mutare forma per con�servare la propria sostanza". Ma grande è anche la contraddzione tra dsoceupazione, distribuzione arbitraria e iniqua della ricchezza e del reddto da una parte e bisogm sodati insoddisfatti dall'dtra. "Una contraddidone che l'ideologia del mercato tende a nascondere e che il mercato non potrà comporre, essen�done infatti la causa". Il capitalismo è cambiato. Ma se il capitalismo ha questa irrisolvibile contraddizione, lo Stato socide è davvero morto? No certo, e neppure è morta la necessità della politica economica, scrive Lunghini, che propone una nuova lettura d J. M. Keynes, economista troppo esdtato (e tradi�to) ieri, troppo dimenticato oggi. Lo Stato, dceva Keynes, non deve fare le cose che gli indvidd fanno già, ma "fare quelle cose che gli indvi�dd non fanno del tutto". Salute e ambiente, ad esempio, sono bem pubblici che acquisiranno un vdore crescente e questo giustificherà l'in�tervento dello Stato. Ma il capitali�smo è anche incapace "d garantire l'allocazione intertemporale delle risorse, dunque solo lo Stato potrà occuparsi del nostro futuro a lungo termine". Keynes. Ma non il Keynes della spesa pubblica facile; piuttosto quello delMtimo capitolo (filosofi�co) della Teoria generale, là dove scrive Lunghini accanto ad una 'lurida anahsi dei difetti del capitahsmo, c'è soprattutto un disegno d politica economica e sodde chiaro e teoreticamente robusto". E' lì, secondo Lunghini, che possiamo trovare la risposta. Forse non tanto alla domanda d Alice (come si esce da qd), ma a quella, ben più impor�tante, del gatto: dpende da dove si vuole andare. Keynes, teorico dello Stato sociale Michel Aglietta, Giorgio Lunghini Sul capitalismo contemporaneo Bollati Boringhieri, pp. 131. L 26.000 SAGGI RECENSIONE Lelio Demichelis

Luoghi citati: Londra, Parigi, Pavia