Silvia Ballestra: com'è difficile raccontare una vita che nasce di Silvia Ballestra

Silvia Ballestra: com'è difficile raccontare una vita che nasce Silvia Ballestra: com'è difficile raccontare una vita che nasce SOMMA incer�tezza continua a animare la narrativa (ita�liana) contemporanea. Incertezza di linguag�gi, di temi, di struttu�ra. Ne è ancora una prova Nina di Silvia Ballestra. Intendiamoci un roman�zo leggibile, scorrevole e corretto. Ma ho l'impressione che la sua nascita affondi in un ragionamento opportunistico e di conveniènza. Ballestra deve essersi detta; è da tanto che i narratori italiani (e io stessa) scrivono romanzi cattivi, in cui si concentrano ogni genere di efferatezze e diffondono una idea negativa dell? vita, proponendo discése all'inferno e intrecci scelle�rati; sono romanzi noiosi, e già da un pezzo diventati di maniera dopo quel poco di provocatoria libertà die, all'inizio, hanno introdotto nei pensieri e nelle parole. E allora io sai che faccio? Ti scrivo un roman�zo buono sorprendendo crìtici e lettori. Abbandono ógni ambizione escatologica che in fondo gli scrittori rottivi perseguono pescan�do a piene mani nelle metaìipre del delitto e dell'abiezione e, astenen�domi da ogni tentazione di fare affermazioni sul significato della vita e sul destino dell'uomo, mi ritiro a esplorare (a raccontare) i meccanismi di una esperienza fon�damentale (e affatto naturale) che tutte le donine della terra hanno almeno una volta patito e cioè l'esperienza di partorire un figlio. In realtà nemmeno la Baflestra RECENAnGug SIONE elo elmi è immune da ima ten�tazione ideologica (se pure, questa volta, po�sitivamente orienta�ta): infatti l'autrice, at�traverso l'atto di quel�la esperienza, intende (e non lo nasconde) cogliere il valore del passaggio dalla condizione di figlio cui Ja partoriente (nel nostro romanzo Nina e il suo compagno Bruno) aveva (avevano) fino allora appartenuto a quella di genitore cui stava (stavano) entrando. E certo si tratta di un valore alto, di trascinante vitalità esistenziale, ca�pace di modificare pensieri e fanta�sia e, per questo, bisognevole, per farsi credibile, di una resa espressi�va altrettanto alta. E qui la Balle�stra delude giacché quel valore presume inverarlo caricando di drammaticità il travaglio della par�toriente (D travaglio cu Nina ma è cosa per nulla straordinaria si protrae per un giorno intero) o abbandonandosi, a figlio nato, a poeticismi di grana qualunque del tipo «... Nessiin'altra sera sarebbe stata più dolce di quella in cui un Piccolino e sua madre, separati dall'obbedienza che separando nu�tre, compivano il loro salto dal mondo oscuro e silenzioso," dal liquido, dal morbido. Caldo. Oscu�ro. Silenzioso. Morbido. Avvolgen�te, ^iore tremante e notturna tem�pia. Neve che lieve discende da una nuvola purpurea»; o, ancora, al momento di uscire dall'ospedale e tornare a casa non più in due ma in tre: «... La vita li teneva nel palmo, e Nina, mentre Bruno semplice�mente si preoccupava di chiudere la portiera seppe, forse ricordò per la prima volta, che un tempo erava�mo noi bambini ovunque, e che da quel palmo era impossibile cade�re». Sicché la parte più riuscita del romanzo sono le pagine (che costi�tuiscono un terzo del volume) dedi�cate al travaglio di Nina (le lunghe dolorose ore che precedono il par�to) in cui la protagonista raggiunge punte di sofferenza insopportabile che non può lenire né variando continuamente la posizione del cor�po (ora seduto, ora deambulante, ora steso), né abbandonandosi a urli incontenibili, né aiutandosi con determinazioni intellettuali sempre più estreme purché quei dolori finiscano. Sono pagine di grande efficacia, asciutte e scontro�se, affidate a un linguaggio essen�ziale e tagliente che chiude ogni spazio a ammiccamenti superflui (del tipo: nel dolore del travaglio nel travaglio della: nascita -.vi è già il dolore del mondo) e non si smarri�sce in deviazioni stonate. E' una calligrafia secca che non so perché suscita in me il ricordo-di quei manoscritti antichi le cui pagine, fitte di lettere tracciate cqn mano ferma, venivano asciugate (e come accreditate per sèmpre) spàigendovi sopra una polvere essiccante. Molto meno interessanti sono le parti del romanzo (due terzi del volume) che precedono e seguono il momento del parto, cioè le pagine dedicate al primo incontro di Nina e Bruno (in una libreria di Bologna) e agli episodi successivi (del tutto consueti) della loro vita in comune (fino al ricoverò in ospedale per la nascita del bambino) nonché le pagine riservate alla degènza post partum di Nina. Queste ultime poi sono ulteriormente immiserite dall'inserimento dell'episodio, incon�gruamente melodrammatico, del medico (ginecologo) bello e sòccoso, elegante e snob (tanto da fare infuriare Nina per i suoi modi scostanti) che poi si scopre non essere die un povero e derelitto vedovo che, avendo perduta la moglie che amava in un incidente d'auto, è costretto la sera a prepa�rarsi da solo la misera cena. Ho pensato per un momento di collegare il romanzo della Ballestra a La stanza del figlio di Moretti: qui si consuma l'esperienza della morte, l�(in Nina) quella della nascita. Ma si tratta di tempi diver�si: 11 è l'elaborazione del dolore dopo una morte, qui l'elaborazione di una attesa (di una aspettativa) di gioia (e di responsabilità) dopo una nascita. Cos�diversi da non consen�tire che parallelismi dèi tutto ester�ni. Comunque è più facUe racconta�re una morte che una vita che nasce. RECENSIONE Angelo Guglielmi «Nina»: le pagine più riuscite sono quelle dedicate alle ore che precedono il parto, meno interessanti quelle anteriori (l'incontro con Bruno) e le successive, immiserite da una nota melodrammatica Silvia Ballestra Nina Rizzoli, pp. 226, L 24.000 ROMANZO Silvia Ballestra

Persone citate: Angelo Guglielmi, Ballestra, Moretti, Nina Rizzoli, Silvia Ballestra, Silvia Ballestra Nina

Luoghi citati: Bologna