«Per Israele Arafart resta un partner » di Fiamma Nirenstein

«Per Israele Arafart resta un partner » L'UOMO CHE HA SCONFITTO PERES NELLA CORSA ALLA PRIMA CARICA DELLO STATO «Per Israele Arafart resta un partner » Il presidente Katzav: anche se continua a minacciarci Fiamma Nirenstein GERUSALEMME U! NA giornata difficile quel�la di ieri per il Medioriente, nonostante la ripresa di colloqui fra i rappresentanti dei responsabili alla sicurezza pale�stinesi e israeliani e la speranza espressa da Shimon Peres che presto si possa sedersi di nuovo al tavolo delle trattative: un palestinese è stato ucciso a Kalkiha; colpi di mortaio palestinesi a Gadid, al sud della striscia, fuo�co anche a Beit Jalla. E da Teheran, dalla conferenza isla�mica dove si sono uniti a 34 Paesi arabi Hezbollah Hamas e Jihad Islamica, voci di guerra totale con la promessa di Ali Khamenei, la guida spirituale del regime iraniano, di «isolare il regime usurpatore sionista pri�vandolo delle condizioni econo�miche e politiche vitali» e di Nasrallah, il capo degli Hezbol�lah di «nuovi attacchr globali da parte dei combattenti della liber�tà in tutti i luoghi ai quali pensa e ai quali non pensa». Mentre Khamenei dedicava buona parte del suo discorso alla rilettura dell'Olocausto in chiave stretta�mente negazionista, iniziava in Israele il giorno della memoria dei più dei ventimila caduti di Tzanal, l'esercito israeliano. Ventiquattrore di cerimonie di cui la prima al Muro del Pianto, di struggenti racconti di genitori orbati, di vedove, di orfani. Sta�sera, poi, iniziano a ruota i festeggiamenti per il 53" anni�versario dell'Indipendenza dello Stato d'Israele. In occasione della solenne ricorrenza, il presidente dello Stato d'Israele Moshe Katzav ha concesso un colloquio a un grup�po di giornalisti della stampa intemazionale. Signor Presi�dente, non ci sono tante ragioni di gioia in questo anniversario. «Ci sono comunque: dopo duemi�la anni di esilio, dopo tante persecuzioni siamo tornati alla nostra patria, abbiamo assorbito immigrati da tutto il mondo, abbiamo riportato alla vita, fon�dando una democrazia oggi in pieno sviluppo, un popolo desti�nato alla morte nella Shoah». E tuttavia oggi siete ancora in guerra, come nel 1948, e siete accusati di violare i diritti civili e umani del popolo palestinese. «Come israeliano, sostengo con forza di non avere queste colpe: ho perseguito la pace con tutte le mie forze, e oggi devo proteggere il mio Paese, la mia gente. L'eser�cito si è solo limitato alla difesa, gh attacchi vengono da loro, sulle strade e nel cuore di Israe�le. Quanto ai diritti civili, noi cerchiamo di ledere al minimo la vita della gente, non abbiamo nessun interesse in punizioni collettive di carattere economi�co e non ci piacciono affatto i controlli o bloccare l'ingresso in Israele: ma dobbiamo pure cerca�re di impedire l'ingresso dei terroristi, di difendere la nostra gente. Non abbiamo scelta». E gli insediamenti? Come Presidente della Repubbli�ca, non le sembra che essi configurino un tipo di Israe�le che non si confà con l'idea democratica dello Sta�to di cui lei è il primo rappresentante? «Gli msediamenti sono sorti nel corso della nostra storia, dopo molte guerre non volute. Neppu�re Rabin né Peres hanno mai immaginato che la soluzione fos�se semplice. Non è un problema di destra né di sinistra. Una soluzione va cercata: ma certo, non lo si risolverà mai con la violenza e il terrore. Solo con una pacifica trattativa la situa�zione potrà modificarsi». Con chi deve avvenire que�sta trattativa se Israele non vede più un partner in Arafat? «Io non penso che Arafat non sia un partner: è il capo dei palesti�nesi, essi devono decidere, e non certo gli israsliani, chi li guida. E quando hanno deciso, quello e non altri è il nostro partner. Tuttavia non sono certo che sia un partner serio..». In che senso? «Dopo molte guerre con l'Egitto, Sadat giunse un giorno in Israele e disse una frase molto semplice "non più guerre". Con questa frase conquistò d'un lampo il cuore degli israeliani. Sadat ave�va capito che sono gli israeliani che cambiano i governi, che la democrazia ha il potere di cam�biare i primi ministri, di dirigerli verso la pace. Il popolo può fare la pace, e nessun altro. Ma Arafat ripete continue minacce, e con questo spinge l'opinione pubblica israehana in un ango�lo». La pace non ha speranze? «Il processo di pace è irreversibi�le, anche se è in condizioni gravi. Al tempo dei turchi, o degli inglesi, i palestinesi mai ebbero tanto rispetto e riconosci�mento quanto ne hanno oggi da noi. Che cessino dalla violenza, la pace è un orizzonte irrinuncia�bile». 1 ' .V'V'ifi-tùi/ ■■' '\ li: l Il presidente Israeliano Moshe Katzav (nella foto) è convinto che la pace, sebbene in questo momento sia agonizzante, sia una prospettiva ineludibile per Israeliani e palestinesi