Un grido dal ghetto di Monica Bonetto

Un grido dal ghetto Un grido dal ghetto «Yossl Rakover si rivolge a Dio» con Moni Ovadia e la sua orchestra CREDO nel sole anche quan�do non splende, credo nel! amore anche quando non lo sento, credo in Dio anche quando tace». Parole scritte sulle pareti di una cantina di Colonia dove alcuni ebrei tro�varono rifugio per tutta la durata della guerra. Parole semplici, che raccontano di una notte durata anni, di una disperazione combattuta con una" fede che il dolore più terribile non è riuscito a spe�gnere. Parole che possono servire da prologo, appena sussurra�to, a «Yossl Rakover si rivolge a Dio», breve racconto di Zvi Kolitz, scrittore ebreo lituano scampato alla Shoà e tuttora vivente in quel di New York. Un racconto che è una lette�ra, lucida e terribile, che si finge scritta a Dio da uno degli ultimi combattenti del ghetto di Varsavia poco prima di terminare le munizioni e fini�re vittima dei nazisti. Vi si racconta di come sia stato testimone di atrocità immoti�vate, di come abbia visto mori�re trucidati la moglie e i cin�que figli, di come la vendetta sia solo una parziale consola�zione, e di un Dio silenzioso, assente, che ha permesso un simile abominio. Per far divenire rappresen�tazione il testo di Kolitz, Ezio Trapani, che ha curato il pro�getto, ha affidato la traduzio�ne a Michele Cometa e l'inter�pretazione a Moni Ovadia, og�gi il più grande attore italiano legato alla tradizione e alla cultura ebraica. Il debutto è avvenuto poco più di un anno fa a Palermo ai Cantieri della Zisa riconvertiti a suggestivo spazio per manife�stazioni e allestimenti. A Tori�no, più semplicemente, lo spet�tacolo sarà rappresentato al Teatro Alfieri, da marted�24 a domenica 29 aprile alle 20,45 (festivo ore 15,30; telefono 011/517.62.46) nell'ambito del cartellone del Teatro Stabile. Ovadia, interprete intenso e partecipe, è accompagnato dal�la sua inseparabile Theater Orchestra impegnata in musi�che scelte dalla tradizione ebraica orientale, prima fra tutte una melodia dolcissima e terribile che apre la liturgia dello Yom Kippur, il giorno dell'espiazione. Scritto in una sola notte in un hotel di Buenos Aires nel 1946 e pubblicato in yiddish su ima piccola rivista argenti�na, il racconto venne correda�to da una prefazione che lo dichiarava documento autenti�co, ultimo messaggio di un combattente del ghetto di Var�savia, affidato a una bottiglia e rinvenuto tra cumuli di pietre carbonizzate e ossa umane. Di traduzione in traduzione divenne leggenda, testamento spirituale, tanto da provocare dure reazioni quando l'autore (emigrato e non toccato dall' Olocausto nemmeno nei paren�ti più stretti) ne rivendicò la paternità. Eppure resta la sua forza, che è quella di ima riflessione lucida e impietosa, di una preghiera lacerante, di una bestemmia devota che inchio�da Dio alle sue responsabilità. Un'invettiva struggente, pla�cata ancora una volta da una fede che ha di nuovo accettato la sfida di credere. Marted�24 aprile alle 12 nella Sala lauree di Palazzo Nuovo (via S. Ottavio 20, tel.011/516.94.84), per i «Foyer del DAMS», ci sarà un incontro con Moni Ovadia con�dotto da Roberto Tessati. Monica Bonetto w ^^ Moni Ovadia all'Alfieri dal 24 al 29

Persone citate: Ezio Trapani, Kolitz, Michele Cometa, Moni Ovadia, Ovadia, Roberto Tessati, Zvi Kolitz

Luoghi citati: Buenos Aires, New York, Palermo, Varsavia