Paolo VI ammonì: in Vietnam perderete di Maurizio Molinari

Paolo VI ammonì: in Vietnam perderete Paolo VI ammonì: in Vietnam perderete E Lyndon Johnson chiese al Papa di mediare con Hanoi documento Maurizio Molinari corrispondente da NEW YORK wmm CON una scelta che ha rari precedenti il Dipartimento di Stato ha incluso tredici documenti ufficiali top secret riguardanti i legami con la San�ta Sede nel Volume XII sulle Relazioni con l'Europa Occiden�tale negli anni 1964-1968, fre�sco di stampa. Si tratta di telegrammi, lettere e rapporti diplomatici che coprono il perio�do fra il 30 ottobre 1964 ed il 31 agosto 1968 e che alzano il velo sulle tensioni che segnarono i contatti fra il presidente Lyn�don B. Johnson e Paolo VI sulla guerra in Vietnam. Nell'ottobre del 1964 Paolo VI era stato eletto da pochi mesi al soglio Pontificio e Santa Sede e Stati Uniti non intrattenevano ancora formali rapporti diploma�tici. Il nuovo Papa non tardò a far intendere a Washington di voler espandere le relazioni bila�terali incontrando di persona Johnson alle Nazioni Unite nel 1965. Il Dipartimento di Stato premeva per io scambio degli ambasciatori per intensificare la collaborazione anti-comunista in Europa, sperava soprattutto di poter ricorrere alla Chiesa cattolica per indebolire i regimi comunisti nel�l'Europa Orienta�le. Ma la condu�zione americana della guerra ."in"Vietnam si rivelò ben presto un in�tralcio. Il 3 maggio del 1966 Paolo VI ri�ceve in udienza l'ambasciatore americano Henry Cabot Lodge, si mostra suhito «estremamente preoccupato per gli sviluppi in Vietnam» e gli chiede di conosce�re le vere inten�zioni del presi�dente Johnson. Lodge risponde in maniera detta�gliata, citando gli interventi del ca�po della Casa Bianca e fornen�do approfondi�menti. Paolo. VI ascolta, si mostra perplesso e, con accento polemi�co, chiede: «C'è qualche sforzo po�sitivo che non avete compiu�to?». Ascolta quin�di la tesi america�na sulla «mancan�za di volontà di pace di Hanoi» ma poi ribatte, sottolineando quella che è a suo avviso l'esigenza jrioritaria, «abjandonare i bom�bardamenti». Lo�dge corre ai ripari e, a fine udienza, espone un progetto di «tregua» che soddisfa il Pontefi�ce ma poi invia a Washington un preoccupato telegramma. Il dissenso sui bombardamen�ti infastidisce l'amministrazio�ne che punta a trasformare la guerra in una crociata morale contro il comunismo. Il 7 luglio Johnson scrive al Papa per cal�marlo, rassicurarlo e soprattut�to per giustificare la scelta dei raid aerei contro il Vietnam del Nord. La lettera viene consegna�ta dall'ambasciatore Arthur Goldberg: «Finora i nostri sforzi di pace sono stati vani, ho dovuto compiere la dolorosa scelta di ordinare i raid. La voglio assicu�rare sul mio desiderio di porre termine al conflitto in Vietnam il prima possibile». Nel novem�bre seguente Johnson invia da Paolo VI anche un suo amico personale James Rowe ma neanche questa udienza placa i timori del Papa e il presidente, l'ultimo giorno del mese, toma a scrivergli per anticipargli la scel�ta che accetterà la proposta di tregua di Natale avanzata dai viet. I gesti della Casa Bianca hanno scarso effetto in Vatica�no, dove lo scontento per le bombe lanciate a grappoli su Hanoi cresce con il passare dei mesi. Ad esseme letteralmente investito è il vicepresidente Hu�bert Humphrey che il 2 aprile 1967 si reca a Firenze per vedere il Papa. L'intenzione della Casa Bianca è quella di placarlo, di togliere l'ostacolo Vietnam dal�l'agenda bilaterale. Ma l'incon�tro fallisce. Humphrey lo ammet�te candidamente, scrivendo a Johnson dalla sede del consolato generale: «Il Papa resta molto preoccupato per i bombardamen�ti su Hanoi». In realtà è andata molto peggio. Paolo VI ha dura�mente strigliato il vicepresiden�te. Ecco cosa gli disse: «I bombar�damenti sul Nord erodono la posizione morale dell'America perché voi avete una grande missione quella di dimostrare che una società libera consente di vivere assieme a genti e razze diverse». E ancora: «L'opinione pubblica nel mondo, e soprattut�to in Europa, è contro di voi a causa dei bombardamenti». Humphrey tentò di ribattere: «Ma il Vietnam del Nord non vuole negoziare la pace...». Pao�lo VI fu irremovibile: «I bombar�damenti comportano per l'Ame�rica un costo in termini di opinio�ne pubblica mondiale e leader�ship morale assai superiore dei vantaggi militari che vi garanti�scono». Humphrey deve essere rimasto di sasso. Accorgendosi di aver alzato troppo il tono il Papa fece un prudente passo indietro: «Certo, io non sono un esperto di cose militari e quindi non sono la persona più adatta per esprimere giudizi in merito». Fallito l'approccio di Hum�phrey a Johnson non restò che tentare di persona. L'occasione venne nel dicembre seguente quando il Presidente americano impegnato in un lungo viaggio attomo al mondo decise di fare una breve sosta in Vaticano, alla vigiha di Natale. «Vengo da Lei alla vigiha di Natale per discute�re qual è il mighore cammino per raggiungere la pace in Vientam ed esplorare i suoi pensieri sulla questione», dice Johnson appena giunto davanti al Pontefi�ce. La conversazione spazia sui grandi temi dell'attualità del momento, quando si arriva al Vietnam Johnson sorprende Pao�lo VI chiedendogli aiuto: «Credo che chi abbia influenza nel Viet�nam del Sud dovrebbe incorag�giare i sud vietnamiti ad organiz�zare la grande maggioranza anti�comunista della popolazione in una vera ed efficace coalizione politica nazionale». Johnson al�lude all'influenza della Chiesa cattolica a Saigon ed ai molti leader sudvietnamiti cattolici praticanti. La proposta che affio*ra è quella di dar vita in Vietnam del Sud come nell'Italia dell'im�mediato dopoguerra ad un grande partito cattolico per evi�tare i rischi di una vittoria politica dei comunisti filosovieti�ci. «Sarebbe cosa buona se Sua Santità esercitasse la sua in�fluenza sul Vietnam del Sud disse Johnson per poter supera�re il problema di una scena politica frammentata, per dar modo alla gente sofferente di guardare con fiducia al futuro politico nella consapevolezza che i comunisti non riusciranno a sconfiggerli dentro l'urna elet�torale». Il colloquio fra il presi�dente e il Papa inizia alle 8,53 e finisce alle 10,07 del 23 dicem�bre. Ha fasi alteme. Il Papa assicura a Johnson di aver fatto sentire la sua voce ad Hanoi: «Ho rimproverato il Vietnam del Nord per non essersi, mosso sulla strada della pace». Gli dà atto del molo che svolge l'America nel fronteggiare il comunismo su scala planetaria: «Siete andati in Vietnam del Sud per proteg�gere e difendere un piccolo Pae�se e adesso siete impegnati in una Grande Guerra». Ma la con�vergenza finisce qui. Paolo VI cambia registro, prende in pu�gno il colloquio e dice al capo della Casa Bianca: «In nostro ilovpre è di far conoscere al mondo intero le nostre posizioni come quelle di amici della pace e nemici della guerra». Da qui la dichiarazione di dissenso dalla politica americana. «Io devo dif�ferenziare la mia posizione dalle vostre dice il Papa sebbene comprenda chiaramente le vo�stre buone intenzioni». E anco�ra: «Il mio desiderio è di sottoli�neare la mia solidarietà, il mio consenso con le vostre intenzio�ni ma voi dovete comprendere che io non potrò mai concordare con una guerra». E' con queste parole che il Pontefice disegna la linea rossa, il confine che separa Vaticano e Stati Uniti: l'accordo è sull'intenzione di difendere la libertà e la democrazia dalla minaccia dei comunisti del Nord legati all'Unione Sovietica, il dissenso è sul ricorso alle armi. Dalla trascrizione del colloquio resa pubblica dal Dipartimento di Stato il «no» del Papa alla guerra di Johnson non ha om�bre. Paolo VI si spinge fino ad avvertire l'America su quello che considera l'errore di fondo, affidare alle armi la lotta al comunismo. «Forse i metodi ai quali state ricorrendo non vi consentiramio di centrare i vo�stri obiettivi sono le parole del Papa perché il Vietnam del Nord non cesserà le proprie azioni, soprattutto perché alle sue spalle c'è una grande poten�za che lo sostiene, non credo che la guerra avrà fine ma credo che le sue caratteristiche sono desti�nate a mutare, diventerà difensi�va anziché offensiva». Ovvero: presto sarete costretti a difende�re il Sud. Ouasi una profezia di arte militare. Johnson capisce che non riu�scirà mai ad avere il Pontefice dalla sua parte, si rassegna al dissenso dai bombardamenti e cambia registro, spinge Paolo VI su un altro terreno, gli chiede di mediare. «Crede che la Russia voglia continuare la guerra?» domanda Johnson. «Quando ho tentato di convincere Podgorny che era giunto il momento di collaborare per la pace ho avuto una replica negativa risponde il Papa ma cosa potrei fare io pervoi, potrei for�se diventare un vostro interme�diario?». Johnson annuisce. Il Papa lo incalza: «Ma mi può prima as�sicurare che l'America vuole davvero la pa�ce?». «Sì, glielo posso garantire, questa è la nostra posizione», dice Johnson, rassicu�randolo. Il Segre�tario, di Stato Cicognani è l�pre�sente e per la pri�ma volta si fa sen�tire: «Ma Hanoi rifiuta di parlare con voi, come pensate di risolvere il proble�ma?». E' a quel punto che John�son scopre le carte e. propone un dialogo diretto fra vietnamiti del Sud e del Nord. «Possono dire ai russi che questa è la vostra idea chiede il Papa -, che il presiden�te Johnson vuole la pace, mi autorizzate a parlare a vostro nome?». «Sì», risponde il capo della Casa Bianca, chiedendogli solo di attenersi ad un testo di massima presentato prima del colloquio. L'incontro è finito, alla conclusiva stretta di mano Johnson domanda un impegno particolare per i militari ameri�cani caduti in mano ai vietnami�ti del Nord e Paolo VI assicura: «Farò il possibile, vedrò cosa si può fare, questa è una causa che mi è cara». Nell'anno che segue Washington e Santa Sede continuano a confrontarsi sul Vietnam e l'equilibrio uscito dall'incontro in Vaticano tiene alla prova della guerra: John�son non tenta più di avere il sostegno morale del Papa per la guerra ma ottiene i suoi buoni uffici sul fronte diplomatico. Nell'estate del 1968 il progetto che affiora è quello di un viag�gio di Paolo VI in Indocina, prima ad Hanoi e poi a Saigon come messaggero di pace. L'idea è avanzata da Washin�gton e trova disponibile il Papa. Si preparano i piani di viaggio ma poi è Hanoi a far deragliare il progetto. E' lo stesso Papa che informa Johnson per lettera: «I nostri sforzi hanno avuto pur�troppo un esito negativo in quanto a causa della guerra la Repubblica Democratica del Vietnam afferma che "mancano le condizioni per la visita"». A Washington non dispiacerebbe tuttavia trasformare Saigon nel�l'unica tappa ma Paolo VI pun�tualizza: «Di conseguenza dob�biamo cancellare anche la previ�sta visita nel Vietnam del Sud perché un simile gesto non favorirebbe la causa della pace, potrebbe solo aggravare la si�tuazione e le sofferenze». Il Dipartimento di Stato americano ha reso pubblici i documenti sui rapporti tra la Santa Sede e gli Stati Uniti negli anni caldi tra il 1964 e il 1968 II Pontefice: «L'esigenza prioritaria è quella di abbandonare i bombardamenti Essi forse vi danno dei vantaggi sul piano militare ma erodono la posizione morale Usa» Il Presidente: il Vaticano dovrebbe esercitare la propria autorità per far coalizzare isudvietnamiti contrai comunisti Il Papa: posso comprendere la vostra posizione in Indocina ma io non potrò mai concordare con una guerra wmm GII aerei BS2 americani autori del bombardamenti a tappeto sul Vietnam del Nord Nella foto grande, l'incontro tra Paolo VI e il presidente Lyndon B. Johnson al Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite Il ministro russo Podgorny In alto il leader carismatico vietnamita Ho Chi Minh