Ora il taglio delle tasse non è più tabù di Glauco Maggi

Ora il taglio delle tasse non è più tabùOra il taglio delle tasse non è più tabù Anche i democratici pronti ad appoggiare il piano Bush Glauco Maggi NEW YORK Alan Greenspan ha preso al volo il mini Toro di Wall Street delle ultime due settimane e ha tagliato i tassi senza apparire pressato dal coro degli operatori. Ha spiazzato tutti, riuscen�do a imporre anche questa volta i suoi tempi. Riuscire a mantenere una ef�fettiva indipendenza nelle decisioni della Federai Reserve è una garanzia per il sistema economico, perché dà all'opinione pubblica la sensazione che le sorti della ripresa siano in mano ad una autorità centrale, che agisce al fine "della stabilità dei prez�zi e di una crescita economica sosteni�bile". E che quindi non deve sombrare al servizio degli interessi 'particolari" della Borsa, e neppure degli interessi politici della Casa Bianca: le scherma�glie con l'appena eletto George Bush sulla profondità della crisi e sulle risposte da dare per invertire la rotta verso la recessione hanno fatto grida�re di volta in volta alla ribellione al Maestro (come Greenspan è stato ribattezzato dal suo biografo Bob Woodward) e alla combine tra i due. La carriera e i successi del governato�re sotto le due bandiere repubblicana e democratica autorizzano certo di iscrivere, tra le qualità dell'uomo, anche una innegabile duttilità; ma è un fatto che l'appoggio dato, di fronte al Congresso, al piano di tagli fiscali voluto da George Bush sia stato archi�viato non come un atto di piaggeria, ma invece come una necessità strate�gica, di lungo periodo. Ora che anche tra i democratici l'idea di ridurre le imposte non è più un tabù, resta però il compito fondamentale di accelera�re il più possibile la guarigione dell' economia malata, perché tutti i conti sul surplus del budget federale indi�spensabile alla manovra di alleggeri�mento fiscale poggiano sul manteni�mento del ritmo di crescita dell'ulti�mo quinquennio, e non certo di quel�lo degli ultimi cinque mesi, con il prodotto intemo lordo che danza pericolosamente attorno alla crescita zero. Le decisioni di oggi di Green�span sono un indubbio aiuto agli sforzi di Bush di evitare la recessione, sia pure nel rispetto dei due percorsi. Quello del presidente punta a ridare vitalità ai consumi, il cui indice ha segnato in marzo un calo significati�vo, rimettendo, come ama dire nei comizi, "i soldi in mano ai contribuen�ti". La strada della Banca Centrale è quella di facilitare il ricorso all'indebi�tamento, visto che la "debolezza della spesa per investimenti" è stata indica�ta come primo fattore di preoccupa�zione che ha portato alla riduzione odierna. Solo accelerando il ritomo della passata vogha di rischiare, il sistema potrà ritrovare un passo di sviluppo che non sia l'attuale, giudica�to "inaccettabilmente debole". Ma la voglia di rischiare è impensabile in un quadro borsistico come l'attuale, con il settore più innovativo del Nasdaq in preda alla crisi più violen�ta della sua storia trentennale. Ed ecco quindi che, a dispetto della volontà di apparire indipendente dai condizionamenti di Wall Street, Gre�enspan è ben consapevole del ruolo dei capital gains, dei guadagni aziona�ri, nella buona salute del sistema. Per un verso l'effetto ricchezza, che viene meno per chi vede il proprio portafo�glio ridursi pesantemente, è un ele�mento di freno alle spese, di ingolfa�mento dei magazzini, di contrazione dei profitti aziendali: e se gli utili calano, le casse dell'erario ne risento�no immediatamente. Ma dall'altro anche se spariscono i capital gain, quelli che in pien; bolla speculativa dal 1994 al 2000 hanno fatto affluire alle finanze qualcosa come 70 miliar�di di dollari, la scommessa di garanti�re il surplus necessario all'equilibrio tra tagli fiscali e spese pubbliche diventa problematica. Per questo lo sforzo è stato violento (due punti in meno in tre i nesi e mezzo, un taglio di circa il 30 per cento dal livello del 6,50Zo a cui si trovava il dollaro il primo gennijio), accompagnato oltre�tutto dalla consapevolezza che gli Stati Uniti devono fare da soli. "Il rischio di una crescita più lenta all' estero", scrive Greenspan senza cita�re Europa e Giappone, è tra i fattori capaci di m;i ntenere asfittico il ritmo dello svilup f )o e giustifica un "aggiu�stamento". E iiirà l'ultimo, per quest'an�no? Tra gli i3conomisti è già girata la prospettiva di un ulteriore ritocco di mezzo pun�/o entro la fine del primo semestre. Sisi servirà ancora, il Mae�stro non si tirerà indietro: ma non chiedetegli e juando.

Persone citate: Alan Greenspan, Bob Woodward, Bush, George Bush, Green, Greenspan, Sisi

Luoghi citati: Giappone, New York, Stati Uniti