A quando il ritorno dell'Ibis eremita?

A quando il ritorno dell'Ibis eremita? | LA LEZIONE | UN TRAMPOLIERE QUASI ESTINTO A quando il ritorno dell'Ibis eremita? IN CATTIVITÀ' VIVONO DUEMILA ESEMPLARI, MOLTI DI PIÙ' DI QUELLI ALLO STATO SELVATICO: MA MOLTI RILASCI SONO FALLITI E GLI UCCELLI SI SONO DISPERSI Walter Giuliano FU probabilmente lui il "corvo" che Noè mandò a ispezionare la Terra dopo il Diluvio Univer�sale. Fu forse lui a trarre in inganno il Foscolo che nei «Sepolcri» descrisse l'upupa come uccello dall'aspetto lugu�bre a dispetto dei suo piumag�gio variopinto e in tal modo le associò il pregiudizio di portasfortuna. «Lui» è l'Ibis eremita (Geronticus eremita) che Linneo nel "Systema Naturae" descrisse sotto il nome di Upupa eremi�ta come "Upupa viridis, capite flavo, cervice jubata". Qualche secolo fa l'Ibis eremita viveva anche sull'arco alpino, dove giungeva in primavera per riprodursi, spesso nelle vici�nanze degli insediamenti uma�ni, su muraglie di castelli, vecchi edifici, pareti rocciose. Nel 1555 la specie fu descrit�ta con accuratezza dal natura�lista elvetico Conrand Gesner nella sua "Historia animalium", un testo nel quale si elencano numerose località in cui la specie era rintracciabi�le, da Fola a Bad Pfaeffer, dalle sponde del Danubio a Innsbruck, Salisburgo, Bregonza, Graz. In quest'ultima loca�lità la sua esistenza è suffraga�ta dalla presenza di apposite nicchie per favorirne la ripro�duzione a scopo... gastronomi�co. Tra i siti indicati dal Gesner, compaiono anche alcu�ni territori italiani, tra cui le sponde del Lago Maggiore. Tuttavia la permanenza del�l'Ibis eremita sulle Alpi era destinata ad una precoce scom�parsa, avvenuta già, con tutta probabilità, nel corso della fine del sedicesimo secolo. La specie fu poi riscoperta in Asia minore, tra Turchia e Siria dalla spedizione ornitologica di fine ottocento e descritta da Rothschild, Hartert e Kleinschmidt nel 1897, con il nome di "Comatibis eremita" poi muta�to nell'attuale "Geronicus ere�mita". L'Ibis eremita è oggi al centro di un progetto di salva�guardia e di restauro naturali�stico intemazionale. Ciò è pos�sibile a partire dal fatto che la specie vive la paradossale si�tuazione di essere presente in cattività con una popolazione di duemila esemplari, dieci volte più numerosa di quella allo stato naturale. Sotto il profilo del patrimonio geneti�co, di biodiversità, la sua sal�vezza può quindi essere consi�derata come un traguardo rag�giunto. Ma ciò non rassicura affat�to ornitologi e naturaUsti, che da tempo si preoccupano della sua sorte in natura e ne hanno discusso in più consessi inter�nazionali. Il più importante e recente è stato senza dubbio quello di Agadir del marzo 1999, con la partecipazione di 34 delegati di numerose nazio�nalità. Proprio nei pressi deUa loca�lità marocchina, in due subco�lonie lungo la costa a nord e a sud dell'abitato, all'interno del Parco Nazionale di SousMassa, si trovano gli ultimi 200 esemplari selvatici della specie, a rischio di estinzione. Nel 1996 ben 40 di loro furono trovati morti per cause impre�cisate, mentre le colonie super�stiti che si erano insediate nelle aree inteme sono da tempo scomparse, cos�come quelle dell'Algeria. In Turchia l'ultima popolazione selvatica si è a sua volta estinta nel 1989 e rimangono soltanto alcuni esemplari in stato di cattività o semi libertà. Qualche segnale-;di ottimi�smo arriva dall'Arabia: dalle aree desertiche inteme, giun�gono segnalazioni deUa presen�za della specie. Il progetto intemazionale di reintroduzio�ne prende le mosse dal contat�to tra alcuni zoologi legati allo zoo di Monaco di Baviera e il governo marocchino ed è se�guito, per l'Italia, dallo zoolo�go Fabio Perco per Conto della Pro Natura. L'operazione npn è tuttavia semplice, nonostante si parta da una buona popolazione alle�vata a disposizione. Insorgono infatti numerosi problemi per garantire che la conservazio�ne del patrimonio genetico (già ottenuta con gli esemplari in voliera) si coniughi con l'aspetto culturale e comporta�mentale, tramandato dall'ulti�ma popolazione esistente allo stato selvatico. «Due osserva Fabio Perco sono gli aspetti critici principa�li: da un lato non sono del tutto chiare le cause dal decli�no, dall'altro tutte le sperimen�tazioni sin qui condotte hanno portato alla perdita dei sogget�ti liberati o aUa loro dispersio�ne". I casi studiati riguardano numerose situazioni. Allo zoo di Innsbruck, gli Ibis allevati in semi libertà sono stati portati gradualmen�te a un buon livello di autosuf�ficienza, ma col sopraggiunge�re del periodo deir"irrequietezza migratoria" si è stati costretti a imprigionarli nuovamente per evitame la disper�sione e le conseguenti perdite. Alla "Konrad Lorenz ForschunsteUe" (stazione di ricerca KL di Guenau, presso Linz), Kurt Kotrschal, successore del gran�de etologo austriaco, non ha avuto risultati migliori e gli esemplari liberati si sono di�spersi raggiungendo l'Qlanda, piuttosto che San Pietroburgo. Analoghi fallimenti sono giun�ti aUa conclusione dei tentati�vi operati in Israele e in Tur�chia. Occorre dunque mettere a punto un metodo di rilascio più affidabile che consenta di trattenere gli uccelli nel luogo di reintroduzione. Per studia�re questa possibilità, ad Aga�dir è nata l'idea del progetto intemazionale che per il no�stro paese sarà seguito da Perco sulla base dei positivi risultati ottenuti neUa reintro�duzione della Cicogna bianca e con la specifica esperienza maturata presso l'Osservato�rio faunistico di Udine e U Centro Avifaunistico Speri�mentale presso l'Oasi naturale dei "Quadri" di Fagagna, ove sono da tempo allevati esem�plari di Ibis eremita. Anche il Piemonte potrebbe dare il suo contributo, a parti�re dalla colonia di Ibis sacro (Threskiomis aethiopicus) spontaneamente insediatasi e nidificante sull'lsolone di 01-denico, nel parco naturale re�gionale delle Lame del Sesia. Sperimentato e messo a pùnto il metodo più corretto ed etti* cace, potrebbe partire l'opera�zione di restauro ambientale per intervenire nei siti medi�terranei giudicati, per clima e atteggiamento umano, i più idonei per la garanzia di suc�cesso. DESCRITTO DA LINNEO COL NOME DI UPUPA EREMITA ERA ANCHE PRESENTE NELL'ARCO ALPINO DA DOVE PERO' SCOMPARVE GIÀ' ALLA FINE DEL XVI SECOLO. LA COLONIA ATTUALMENTE PIÙ' NUMEROSA, CON 200 CAPI, E' AD AGADIR IN MAROCCO. ORA CE'UN UN PROGETTO INTERNAZIONALE L'Ibis eremita (Gerontlcus eremita), è totalmente scomparso dall'Italia da secoli. Mangia insetti e piccoli vertebrali. Depone dalle 2 alle 4 uova e le cova per 24, 28 giorni. In Piemonte iid potrebbe essere reimmesso sull'lsolone di Oldenico, nel parco regionale delle Lame del Sesia, (provincia di Vercelli).