tLe mani legate di chi taglia le tasse

tLe mani legate di chi taglia le tasse Tre vincoli limitano gli spazi di manovra del programma fiscale del centrodestra, mettendolo a rischio tLe mani legate di chi taglia le tasse Carlo Bastasin E 5 certamente positivo che Silvio Berlusconi e i suoi consiglieri economici ab�biano assicurato che il program�ma fiscale del centrodestra non violerà il Patto di stabihtà di Eurolandia, come invece temuto da un'analisi comparsa su queste colonne (23 febbraio scorso). I dettagli del piano tuttavia non sono ancora stati chiariti del tutto. Si sa che punta a un forte stimolo fiscale già nei primi 12-18 mesi, probabilmente il maggiore «taglio» mai realizzato in Italia in cos�poco tempo. Si sa anche che continua a basarsi su previsioni di crescita, indotta dallo stimolo, molto elevate (su cui abbiamo già espresso perples�sità). Nell'arco della legislatura, tuttavia, il programma fiscale di Berlusconi prevede un calo della pressione fiscale pari a 60-70 mila miliardi di lire, in termini assoluti compatibile con i vincoli del Patto di stabihtà. Ma le compatibilità numeri�che non sono tutto. Altre qualità sono indispensabili a rendere cor�retta una scelta di pohtica fiscale nazionale in Europa. In base alle informazioni disponibili, pur parziali, questi requisiti non sono stati messi a fuoco. Proviamo a occuparcene. Nell'area dell'euro la pressione fiscale è pari al 440Zo del Pil, contro il 310Zo in Giappone e il 280Zo negli Stati Uniti. Non a caso quasi tutti i Paesi dell'euro hanno annunciato o realizzato piani di riduzione delle tasse. Secondo una sintesi dell'Ocse, la Germa�nia taglia la pressione fiscale di oltre ri0Zo nel 2001 e ha in pro�gramma altri tagli minori negli anni a venire. La Francia ha una riduzione dell'l0Zo nel 2000 e una equivalente tra 2001 e 2003. L'Ita�lia stessa ha realizzato un taglio deU'1,5% tra U 2000 e il 2001. C'è una motivazione competitiva in queste iniziative fiscali, comuni�cate con enfasi per attrarre inve�stimenti esteri e forze lavoro qualificate. Finora i tagli sono stati orientati a ridurre gli oneri salariali (la tassazione effettiva sul lavoro calerà secondo la Commissione europea dell'l,50Zo tra il '99 e il 2002) e l'imposizione sulle famiglie in particolare ai livelli di reddito più bassi. In Germania , sono stati esentati i capital gains e taghate le aliquote perle impre�se fino a rendere Monaco o Fran�coforte le piazze più convenienti delTUe dal punto di vista fiscale per le imprese finanziarie. Solo Spagna e Portogallo non hanno seguito la strada dei tagli fiscali tra'99 e 2002. Un programma di tagli fiscali superiori al 30Zo del Pil da realizza�re in 12-18 mesi non ha però paragoni in Europa. L'effetto at�teso è di dare un calcio di avvio all'economia cos�forte da benefi�ciare di un tasso di crescita sostenuto anche esauritosi il pri�mo stimolo fiscale. Può riuscire questo ambizioso progetto? Tre sono i rischi che potrebbero far fallire il piano: se lo stimolo all'economia italiana dovesse coincidere con un rallentamento europeo; se la qualità dei tagli fiscali non sarà quella adatta a rilanciare in modo sostenibile l'economia italiana. Se per conve�nienza o demagogia, si trascure�ranno i rischi «keynesiani» di un aumento di deficit. 1 Coordinamento coi part�ner. Le indicazioni sull'economia europea sono peggiorate ri�spetto a pochi mesi fa. La Germa�nia (pari al 310Zo del pil di Eurolan�dia) rivede le aspettative di cre�scita del 2001 dal 3 al 20Zo, ma Deutsche Bank prevede già ulte�riori ribassi. L'intera area dell'eu�ro rischia un arresto della cresci�ta. Che cosa succederebbe se dopo il voto l'Italia da sola desse un forte stimolo fiscale all'econo�mia facendola crescere oltre la media dei partner? L'impulso ai consumi si tradurrebbe in buona parte in importazioni o aumenti dei prezzi. Lo stimolo italiano beneficerebbe i produttori esteri, mentre l'inflazione danneggereb�be ancor più i produttori italiani. Qualcosa di simile era successo nell'81-82 in Francia con Mitter�rand. Allora tuttavia era possibi�le svalutare e recuperare via cambio la competitività com�promessa. Oggi tm effetto-Mitter�rand diventerebbe uno svantag�gio competitivo permanente. 2 Qualità dei tagli. Molto tuttavia dipende dalla qualità dei tagli fiscah. Le indicazioni disponibili riguardano soprattut�to la riduzione, davvero vistosa, dell'Irpef. Si tratta di un tipo di intervento che, benché dovero�so, ha il carattere di uno stimolo diretto ai consumi (con gh effetti descritti sopra). Diversa sarebbe una riduzione del prehevo via oneri salariali. Riducendo la di�stanza tra salario netto e salario lordo, ai livelli bassi di reddito si stimola la partecipazione al lavo�ro e si apre la strada all'emersio�ne del lavoro nero. Ai livelli alti si migliora la dotazione d'offerta dei fattori produttivi e si previe�ne l'elusione. In entrambi i casi si moderano le richieste retributi�ve, con beneficio dell'inflazione e del livello di competitività del Paese. 3 Promesse senza sacrifi�ci? Respingendo le accuse di avventurismo fiscale à la Reagan, Giulio Tremonti ha spiega�to «non siamo supply-siders». Proprio questo è il terzo rischio: puntare più a sostenere la do�manda che a migliorare l'offer�ta. Come spiega bene Fabrizio Galimberti su II Sole-24 Ore, il prossimo governo erediterà una situazione dei conti pubblici peggiore di quanto appaia. No�nostante le rassicurazioni del governo uscente, su cui pesa la responsabilità di aver perso un' occasione di risanamento nel 2000, il rischio di un deficit in salita non va escluso. Ci sono in merito due teorie di politica di bilancio. La teoria della neutralità ricardiana sostiene che una maggiore spesa pubblica non ha effetti sulla crescita perché l'economia privata ridurrà la propria spesa prevedendo in futuro di dover pagare maggiori tasse per appianare la spesa pubblica. La teoria keynesiana invece sostiene che uno stimolo fiscale aumenta l'impiego del capitale e induce i disoccupati a rientrare nel mercato del lavo�ro, ciò migliora le attese di crescita futura e disperde i dub�bi ricardiani. L'evidenza statisti�ca mostra che in Europa entram�bi gli effetti si manifestano. In Italia tuttavia famiglie e impre�se escono da un decennio di duri sacrifici provocati dalla leggerezza fiscale passata ed è dubbio che un aumento del deficit non faccia scattare allar�mi, ridurre i consumi e frenare la crescita. Secondo uno studio della Commissione europea ("Public Finances in Emù"), un generico taglio delle aliquote fiscali pari all'I 0Zo del pil crea nel medio termine uno stimolo alla crescita di circa mezzo punto e un peggioramento del deficit pubblico dello 0,75aZo. Diverso è l'effetto se il taglio fiscale viene accompagnato da tagli nella spe�sa pubblica. In tal caso tagliare sia le tasse sia la spesa pubblica in una misura pari all'1% del pil significa creare uno stimolo all' economia compreso tra lo 0,50Zo e ri0Zo del pil e migliorare il bilancio dello 0,50Zo. Non sono noti nel programma del centro�destra piani di riduzione della spesa. Se, invece, come sembra di capire, essi ci sono e riguarda�no anche la spesa pensionistica, sarebbe non solo corretto, ma utile, comunicarlo fin da ora. carlo.bastasin@lastampa.it Salute dell'economia in Europa, qualità degli interventi e rischi di aumento del deficit pubblico

Persone citate: Berlusconi, Carlo Bastasin, Fabrizio Galimberti, Giulio Tremonti, Public, Silvio Berlusconi, Solo Spagna