LA CALUNNIA, UN VENTICELLO di Sandro Cappelletto

LA CALUNNIA, UN VENTICELLO BRAHMS SEVIZIATORE DI GATTI LA CALUNNIA, UN VENTICELLO Sandro Cappelletto FULGIDO esempio di ostinato single, visitatore non episodico delle mondane di Vienna, amante platonico di Clara Wieck, in devota memoria di Robert Schumann, marito di lei, Johannes Brahms celava forse inconsce pulsioni omosessuali? Come altro interpretare quella maldicenza che imputa al maestro, rigida colonna d'Ercole del classicismo in musica di fronte all'avanzare dello spirito della decadenza, la perfida abitudine di infilzare con frecce i gatti che avevano la sventura di transitare sotto le finestre del suo appartamento viennese? Dopo due anni di studi e ricerche il musicologo Calunn MacDonald ha dimostrato l'infondatezza dell'accusa, imputabi�le a un circostanziato pettegolezzo di Richard Wagner: U felino colpito veniva poi trascinato in casa, seviziato, e l'autore del Requiem tedesco annotava i lamenti del morituro, alla ricerca forse di futuribili accordi inauditi. Mentre MacDonald tiene alta la bandiera della professione, si constata una volta di più la perizia wagneriana nella demolizione degli avversari: il genio creatore della Tetralogia applicò per primo verso i colleghi quella regola della comunicazione contemporanea che insegna come «una menzogna ripetuta con convinzione per cento volte, diventa verità». Fu lui a iniziare una campagna di stampa contro i compositori ebrei Mendelssohn e Meyerbeer in nome dello «spirito tedesco», lui a insultare le partiture di Donizetti, che masticando bile era tuttavia costretto a trascrivere perché, nei giovanili anni di galera, altri lavori, se non quello per lui umilissimo, non riusciva a trovare. Diventato celebre, restava solo Brahms a contrastargli il primato in area tedesca; di Verdi non si curava troppo, gli bastava ridicolizzarne le «cabalette». «Wagner è solo un histrio», sentenzierà Nietzsche, ribadendo il distacco dall'ex venerato maestro. Poi, vendicherà tutti i colleghl Stravinskij, stabilendo, all'Università di Harvard nel 1940, che «c'è più valore nella Donna è mobile di Verdi di quanto ce ne sia nella retorica della Tetralogia». Indimostrabile, ma ben piazzata. Il Novecento ha camminato a larghi passi sulla via tracciata da Wagner: quando Hans Werner Henze chiese a Luigi Nono un giudizio su una delle sue prime opere, il maestro veneziano lo accolse con un «ti restituisco i tuoi tre chili di musica». Quanto delicato appare Beethoven, che di fronte a Rossini ansioso di venire riconosciuto come autore di drammi e non solo di opere buffe brucia quell'ambizione con un affettuoso: «Continuate a scrivere Barbieri: è un capolavoro». A lui, dopo il Fidelio, opere non ne venivano più, e ne soffriva.

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