Passa da Roma il dialogo con Baghdad di Emanuele Novazio

Passa da Roma il dialogo con Baghdad Il messaggio affidato dai vicepresidente Aziz all'ambasciatore Badini di ritomo dall'Iraq Passa da Roma il dialogo con Baghdad «Con voi siamo disposti a sederci al tavolo delle trattative» Emanuele Novazio ROMA L'Iraq di Saddam Hussein invia segnali di dialogo all'Occidente, e per un'apertura che potrebbe avere presto sbocchi di rilievo si affida all'Italia: «Siamo dispo�sti a sederci immediatamente al tavolo delle trattative per risol�vere il problema di prigionieri^ di guerra e dispersi, se a quel' tavolo siederanno Paesi umani�tari come l'Italia e non chi ci bombarda», è il messaggio che il vice primo ministro Tarek Aziz ha consegnato all'ambasciatore Antonio Badini, direttore gene�rale della Farnesina per il Medi�terraneo . e, il Medio Oriente, appena rientrato da una delica�ta missione a Baghdad. L'Iraq è pronta ad altre concessioni, la�scia intendere Aziz (che conferma: «Non abbiamo nessuna ri�vendicazione» sul.Kuwait). Ariche a rivedere il proprio atteg�giamento nei confronti della Commissione per le ispezioni, forse: purché è convinzione di Badini, un diplomatico di gran�de esperienza in quésta area calda del mondo l'Occidente si avvicini all'Iraq senza arrogan�za, dieci anni dopo la guerra del Golfo. Principale obiettivo della missione era per l'appunto con�fermare l'equidistanza italiana, per fondare su questa equidi�stanza un'opportunità di solu�zione di problemi antichi: è stata proprio l'Italia, nói recen�te passato/a sollevare il «proble�ma Iraq» di fronte all'Eurcma e a sollecitare in quella sede il passaggio a sanzioni «intelligen�ti», mirate. All'apprezzamento di Tarek Aziz per Amato e Dini, confermato all'inviato della Far�nesina, non è certo estraneo l'impegno umanitario mostrato dal nostro Paese: a Baghdad l'ospedale al-Nùman, aperto a un bacino di 2 milioni di perso�ne ma per anni in condizioni di abbandono, è stato riportato all'efficienza grazie agli aiuti del nostro governo. Ma non è probabilmente estraneo neppu�re il più generale atteggiamento di disponibilità che governo e parlamento italiani hanno mo�strato a riallacciare rapporti e affari con Baghdad (prima delle sanzioni, l'Italia era al terzo posto fra i partner commerciali dell'Iraq: dopo essere precipita�ta all'undicesimo è risalita al quinto, nell'ambito del pro�gramma Orni «oil for food», petròlio in cambio di cibo). Che il tempo stringa e s'im�ponga la revisione di un siste�ma di sanzioni che secondo Badini «hanno perso credibili�tà», lo conferma la situazione sul terreno. «Uno spettacolo inquietante che turba le coscien�ze», la definisce l'inviato della Farnesina, insistendo sulla qua�lità «molto bassa» della vita in un «Paese umiliato». E' 0 mecca�nismo stesso dei controlli sulle importazioni a provocare «abu�si», «mancanza di trasparenza» e danni gravissimi ai bisogni primari della popolazione: l'ac�qua inquinata diffonde le infe�zioni e fa impennare la mortali�tà infantile, ma l'acqua è inqui�nata perchè mancano i tubi con i quali riparare le condutture danneggiate, e se i tubi non ci sono la colpa è del sistema macchinoso al quale vengono affidati i controlli: un eccesso di burocrazia «risultato di dieci anni di indifferenza». Perfino il personale dell'Unicef è stato distolto dai suoi compiti umani�tari istituzionali e dirottato ai controlli. Il risultato è spesso «un oltraggio alla popolazione» : ci vogliono da sei mesi a un ^nno perchè le merci arrivino a destinazione. Da mesi, il comita�to per le sanzioni blocca beni per 4 mila miliardi di lire (un quinto dei quali di provenienza italiana). L'Iraq, del resto, ha le maggiori riserve petrolofere dèi mondo: quando resteranno sol�tanto le sanzioni sugli almamenti, all'Occidente si aprirà un mercato ricchissimo. I segna�li di dialogo ^ e le manifestazio�ni di simpatia potrebbero avere presto ghiotte ricadute commerciali. Una donna Irachéna e la figlia portano II cibo sulla testa al mercato di al Shorja a Baghdad