Euro, tutti vogliono una spalla politica Monti: trasferiamo altri poteri all'Ue

Euro, tutti vogliono una spalla politica Monti: trasferiamo altri poteri all'UeA GENOVA MONETA UNIGÀf RÓTÀGONÌSm Euro, tutti vogliono una spalla politica Monti: trasferiamo altri poteri all'Ue dibattito Javia Podestà Inviata a GENOVA IJT UNIONE Europea è un ibri" do: ha creato l'euro, ma senza I l'integrazione delle politiche economiche, senza una costituzione europea, senza una gestione unitaria delle riserve e un mercato integrato dei capitali, la stessa moneta è a rischio». Cesare Romiti non gioca di fioretto. Né contro gli egoismi dei governi di Eurolandia, affascinati dair«EJiropa delle patrie» di degaulliana memoria, in antitesi «con gli sforzi della commissione di procede�re versp l'integrazione amministrati�va, giurìdica, fiscale». Né contro la Bce «timida e indecisa» in assenza «di un contraltare politico adegua�to». Né quando muove, lancia in resta, contro il risanamento dei conti pubblici «fiscalmente ossessivo» rea�lizzato dall'Italia, che ha «bloccato lo sviluppo e oggi, inibendo la manovra qualitativa del bilancio pubblico, rende più difficile al paese di progre�dire verso l'integrazione europea». Sciabolando, questa volta però, si trova in buona compagnia perché la delusione per le periorm ance dell'eu�ro die, ricorda Enzo Grilli della John Hopkins University, dal suo esordio ha perso il SO0/» del suo valore di scambio con il dollaro, è ormai dila�gante: nella dottrina, nell'industria, nei cittadini europei in generale. E poggia sulla convinzione che la debolezza della moneta unica che pre�scinde dai fondamentah dell'econo�mia sia per il momento irreversibi�le, in quanto funzione diretta del nanismo politico dell'Unione. Al Forum sull'euro, promosso dal�la Cassa Forense presso i magazzini del Cotone, si ricava l'impressione che sul Vecchio Continente si aggiri un fantasma: quello dell'Europa che, partoriti euro e Bce, sembra aver perso ogni spinta propulsiva per ulteriori integrazioni e, rimanen�do una sostanziale incompiuta sul piano politico, è costretta ad assiste�re impotente alla caduta libera della sua divisa. Ma a questo destino di nanismo pohtico che, nei fatti, si traduce in marginalità economica «perché dice Grilli il dollaro forte si nutre della forte reputazione del governo americano e di un grande mercato finanziario integrato» si ribellano tutti: euroconvinti della prima e dell'ultima ora, euroscettici pentiti ed eurocrati senza soluzioni di continuità, salvo che per le geome�trie con cui anivare al governo politico europeo. E', comunque, cora�le il rifiuto degli euroegoisrai che dilagano nelle capitali di Eurolandia. Li bollano gli economisti da Enzo Grilli (John Hopkins University) a Francesco Giavazzi (università Boc�coni), a Marcello De Cecco (la Sapien�za di Roma) per i quali la debolezza dell'euro è frutto «della mancanza di un'unica voce dell'Unione nei con�sessi intemazionali e della moltepli�cità dei suggeritori della Bce. «Non si può operare con 15 antitrust ed altrettante autorità centrali», confes�sa Lorenzo Bini Smaghi (ministero del Tesoro) rimproverando ai ban�chieri centrali di «aver riscoperto, dopo la creazione della Bce, lo spuito di conservazione che rallenta il tra�sferimento a Francoforte delle altre competenze». Non è più tentro Gioigjo La Malfa per cui la Bce è «incerta e iiresoluta», sostanzialmente «incapace di rischia�re perché i burocrati rifiutano di assumere rischi che sono propri del potere politico», e oggettivamente «impedita di pilotare le crisi, dalla ristrettezza del ruolo di guardia al�l'inflazione, assegnatole dal trattato di Maastricht». Quanto sta succeden�do oggi sui mercati finanziari confer�ma a La Malfa che lo sviluppo e la competitività di un Paese «non si fanno con la pohtica monetaria» o con «pohtiche di flessibilità» (per lo più affidate alla negoziazione tra le part�sociali), ma si fanno con «pohti�che keynesiane» di investimenti pubbhci, in ricerca, nelle infrastrut�ture dunque «con un governo euro�peo che le decida». Inevitabile, a quel punto, che anche un iperprudente come il com�missario europeo alla concorrenza Mario Monti sempre attento a sbilanciarsi vuoi per intima convin�zione, vuoi per convenienza si lasci andare ad auspicare «il trasferimen�to di quote aggiuntive di sovranità» dai governi nazionali a Bruxelles: ben oltre i binari dell'attuale pohtica integrata delTUnione, in campo agri�colo, della concorrenza e della mone�ta. Dal suo osservatorio del mercato interno (prima) e della concorrenza (oggi) Monti non se la sente di dire che l'euro non ha prodotto niente. Ricorda che prima l'attesa prima e poi l'arrivo della moneta unica ha consentito un grande processo di ristrutturazione dell'apparato pro�duttivo europeo (340 le operazioni di concentrazione vaghate dalla sua direzione generale); l'aumento della concorrenzialità del mercato e il risanamento dei conti pubblici dei Partners di Eurolandia. Si compiace che, in Italia, nonostante la campa�gna elettorale nessuno degli schiera�menti «abbia messo in discussione i guard-rail fomiti dal patto di stabili�tà». Ma, alla fine confessa, che un passo indietro dei governo e l'aumen�to dei poteri dell'Unione è indispen�sabile. «Non è più sufficiente sottrar�re materie alle decisioni alla unani�mità conclude perché anche in presenza di voti a maggioranza quali�ficata i governi non si fanno sgarbi». In altri termini, l'Europa è impanta�nata: prigioniera degli interessi na�zionali. Di qui l'auspicio collettivo a riscoprire lo spirito dei Padri Fonda�tori. Senza saperlo, in perfetta sinto�nia con Carlo Azegho Ciampi. Romiti incalza: «L'Unione è un ibrido, manca un vero mercato dei capitali» Grilli: è questione di reputazione Bini Smaghi accusa: i banchieri centrali sono conservatori

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