CANALETTO

CANALETTOCANALETTO Un pittore di larghe vedute LA MOSTRA DELLA SETTIMANA Marco Vallerà POTREBBE esse�re un quesito da sciocchezzaio, da Dizionario del�le Idee Ricevute del fustigatore Flaubert. «Belletto. Più bravo deho zio Canaletto». «Canaletto. Più bravo del nipote Behotto». E cos�non si esce più dahe spire deho snobismo critico. Bisogna dunque esser grati a questa magnifica mostra che è costata anni di studi e di contatti alla Fondazione Cini, al curatore Alessandro Bettagno ed ai suoi accoliti, primi fra tutti Bozena Anna Kowalczyk, per aiutarci ap�punto ad uscire dahe secche dei luoghi comuni e provare quanto siano vane e fatue queste rivendi�cazioni d'un primato calcistico o qualitativo. Per quanto i due siano parenti e vicini a bottega, é fórse influenzati uno dall'altro, incarna�no alla fine due modi abbastanza disparati di concepire la veduta, che sino a loro era considerata quale pittura minore, trascurabUe, LA MDESETTMarco di genere ed inferiore comunque alla pittura di «historia», o allegori�ca, che Behotto tenta e con risultati davvero alterni. Non a caso questa formidabile adunata di capolavori, che segue a un'altra mostra indimenticata del 1982, vuol suffragare in modo sor�prendente e regale, il frutto d'anni di ricerca e di avanzamenti critici sulla statura del Canaletto. E, riu�scendo a strappare, a musei seve�rissimi nei prestiti, opere capitah, riaccostandole per la prima volta dopo la vita deho stesso artista e la loro diaspora cohezionistica, tenta e riesce ad illuminare il decisivo periodo iniziale deha sua Prima Maniera, come già felicemente la nominava perspicace il Marescial�lo-collezionista Von Schulenburg. E altrimenti non si capirebbe la notazione d'un trattatista sagace e quasi contemporaneo come h LanSTRA LA MANA allerà zi, che sottolineava la sua «bizzarria di pen�sare e prontezza di dipingere», che gh fa subito «scomunicare» il mestiere paterno del�lo scenografo e privile�giare un vedutismo immaginato e libero: «grazioso misto di moderno e anti�co, di vero e capriccioso». Dal momento ch'egh «ama il grande effetto e tiene Squanto del Tiepolo». Appunto, Canaletto figlio di Tiepolo, con la sua pennellata spu�meggiante e ariosa, che in questo periodo d'esordio domina ancora, prima deha sua leggera standardiz�zazione e stereotipizzazione londi�nese (che è il periodo che il grande pubblico conosce megho). In cui le pressioni del geniale conoscitoremercante Joseph Smith si fanno un po' oppressive ed incalzanti.' Mentre invece Belletto, che è stato a Roma, su consiglio anche dell'in�fluente zio, avverte più le seduzio�ni di certo vedutismo nordico,, rag�gelato, fiammingo, in primis la lezione di Van Wittel, e predilige un impianto più statico e lenticolare deha sua panoramica radente (per di più in terra di Dresda e Varsavia, fuggendo la luce di Vene�zia) e colori scuri, minerah, brucia�ti. Ma non si creda, come è eviden�tissimo qui, con la magica, mesmerica e misteriosa rephea in nero deha Veduta dell'Isola di San Cri�stoforo e San Michele non si creda a un Canaletto unicamente solare e traslucido, beatamente pago deha sua capacità di narrare per sguar�di. Anzi, tanto nehe sue sofferte frequentazioni dehe corti teutoni�che, Behotto si fa impermeabhe e quasi prussiano neho schierare le sue macchiette fra paesaggi im�piombati, tanto, e con squisito anticipo su Guardi e compagni. Canaletto si fa sensore precoce e ferito deha grandiosa decadenza deha Serenissima: e basterebbe guardare che allure lugubre e pitocchesca e quasi satanica assumano certe sue Vedute di San Marco, con gh sfilacciati panni da vicolo di Spaccanapoh appesi alle finestre decadute dehe Procuratie, e la piaz�za che pare un campo di battaglia dopo il passaggio di Cahot od un vento alla Magnasco, e le prospetti�ve che si fanno sconfinate e piovo�se, per capire che la sua natura non è cos�gioiosa e turistica, come certi stereotipi hanno sinora preteso. Ed è bellissimo veder qui la sua parabola nascere in certi schizzi archeologici del suo piccolo tour a Roma, che poi si gonfiano a quadri e scenari di desolata regalità, con il mendicante che si appoggia alla parete, perchè non ce la fa più a reggersi in piedi e il cagnino pidoc�chioso che annusa il suo confratel�lo, smentendo la retorica aulica di tutta quella Romanità in rovina. Tornato già virtuoso a Venezia, il Canal importa quella visione deha decadenza e de rudere, neha sua luminosa Venezia: ma gh riesce magnificamente di «passare» quel senso di umanità e di stanchezza deha carne anche ai monumenti, nel suo musicalissimo «maneggio dehe luci e dehe ombre». L'architet�tura (deh'irrigimentato ormai tran�seunte barocco) si fa umana, viva, sensibile: le costruzioni si affastel�lano, si scaldano al sole, si stringo�no verso il fuoco ottico. E se cos�Behotto può esser considerato una sorta di Moholy-Nagy deha vedu�ta, che impiomba nell'astrazione più rigida pure la Natura, il Cana�letto è una sorta di Cartier Bresson, che imbalsama magicamente l'odo�re deh'attimo: in cui la brace riotto�sa deho scaldino battibecca con il mantice, il cagnone ringhia al ca�vallo che scalcia, folgorando con uno schizzo di rossa-hngua la veri�tà deha scena, e neha splendente serie dei «quattro compagni» di cohezione privata, prodigiosi pendants, gh operai in bilico sui.tetti stanno letteralmente costruendo questa visione di Rialto. ALLA FONDAZIONE CINI DI VENEZIA LE OPERE D'ESORDIO PERMETTONO DI SEGUIRE L'EVOLUZIONE DELLA SUA ARTE DAGLI SCHIZZI ARCHEOLOGICI ROMANI AGLI SCORCI LAGUNARI «Il campo san Giacometto di Rialto», in una tela del Canaletto realizzata tra il 1725 e il 1726 Canaletto. Prima Maniera. Venezia. Fondazione Cini. Aperta tutti i giorni, dalle 10 alle 18. Chiuso il lunedì. Fino al 10 giugno