Quando intona l'ideologia come stecca l'Opera italiana di Sandro Cappelletto

Quando intona l'ideologia come stecca l'Opera italiana Quando intona l'ideologia come stecca l'Opera italiana RECENSIONE Sandro Cappelletto DUE musicisti docenti di Con�servatorio deci�dono di raccon�tare quattro secoh di opera itahana: dal Sei�cento al Duemila. Ri�spetto ai volumi più recenti dichiarano su�bito il proprio particolare punto di vista: «Si è preso in esame il valore delle singole partiture, la�sciando in ombra altri elementi quali i rapporti tra compositore da un lato e librettisti, cantanti e impresari dall'altro». Scarsa atten�zione all'opera lirica come impre�sa d'arte che coinvolge diverse energie economiche, polemica net�ta contro le storie della musica che non trascurano il contesto sociale della creazione del gusto, della ricezione; il primato assolu�to, viene qui ribadito, spetta alla «qualità dell'invenzione musica�le». Di conseguenza, non una paro�la neppure sugli spettacoh, sulle regie. «Opera itahana» significa quel�la scritta da compositori «nati e formatisi in Italia». Niente stra�nieri: no a Mozart (neppure per le sue opere "italiane"), s�invece a Salieri. No a Wagner, Offenbach, Berg, Strauss... Uno sguardo italocentrico, che intende ribadire, da Monteverdi a Montemezzi, un nostro ininterrotto protagoniRECENSaCapp SIONE ro letto smo, capace anche di ispirare la settecente�sca riforma del'tede�sco Gluck che, dicono gli autori, in realtà fu preparata da musici�sti, librettisti, impre�sari italiani. DifficUe applicare una pro�spettiva cos�geo-pohticamente orientata ad una disciplina, la musica, che non ha mai avuto orizzonti geografici, ma solo mentah. La narrazione procede veloce, il tono divulgativo non si coniuga con le inesattezze, le vicende biografiche di alcuni scelti prota�gonisti consentono uno sguardo complessivo sullo stile del tempo. Le opere vengono raccontate pri�vilegiando gh elementi formali della scrittura musicale e della vocalità: «La sinfonia rossiniana è insomma un primo movimento di sinfonia semplificato, abbrevia�to... effervescente nei temi d'at�tacco, pungente nei secondi temi cantabili». Oppure: «La scena del�la consacrazione che chiude il primo atto di "Aida" è caratterizza�ta da ima molle cantilena deUe sacerdotesse, impostata su un reinventato tetracordo diatonico deh'antica musica greca». Ma è nelle pagine dedicate al Novecento che il lavoro di Dorsi e Rausa prende il volo, e dà battagha: data scriminante è U 2 agosto 1945, morte di Mascagni e alba del tramonto deha «secolare tradi�zione del melodramma italiano». Il relativo insuccesso postumo del compositore livornese non è impu�tabile a normah metamorfosi del gusto e dello stile, ma al «silenzio dei nuovi governanti... essi, per vari e differenti motivi, non ama�no il teatro lirico nazionale e non lo sosterranno in futuro». Risulta�no ai due professori, sensibili assai ah'aggettivo «secolare», atti censori ei confronti di «Cavalle�ria rusticana», «Iris», ((Amico Fritz», «Le maschere»? I veri assassini del melodram�ma itahano sono tuttavia i compo�sitori delle avanguardie: le loro opere hanno prodotto «partiture incapaci di comunicare un discor�so organico agh ascoltatori, inter�rompendo una secolare cultura musicale». Una prepotenza photata dai dirigenti dei nostri teatri, a loro volta ispirati da precise diret�tive politiche. In genere, in Italia, i partiti si sono a lungo preoccupa�ti più di occupare i teatri che di organizzarne le scelte artistiche: basta consultare i titoh delle sta�gioni per verificare. Agh autori, in verità, interessa altro: la loro è una ricostruzione deha moderni�tà e deha contemporaneità che procede per esclusioni inaccettabili in un opera enciclopedica, de�stinata presumibilmente agh stu�denti di Conservatorio e di Univer�sità. La disinvoltura con cui si liquida l'esperienza della scrittu�ra dodecafonica è imbarazzante per la modestia delle argomenta�zioni. Autori itahani, o no? come Bruno Madama, Luigi No�no, Luciano Berlo, Sylvano Bussotti, Azio Gorghi sono ignorati. Il loro teatro musicale non viene criticato, neppure demohto: è sop�presso. E' esagerato definire que�sto atteggiamento disonestà intel�lettuale? Pensavamo che le mandi�bole dell'ideologia fossero assopi�te, questo volume ci convince del contrario, tristemente. Ma non dovevano occuparsi, Dorsi e Rau�sa, «solo» di musica? Una Storia che procede per esclusioni inaccettabili: per esempio, la disinvoltura con cui si liquida l'esperienza della ' scrittura dodecafonica Illustrazione di copertina dello spartito de «Il Trovatore» di Verdi, nella prima edizione Ricordi Fabrizio Dorsi, Giuseppe Rausa Storia dell'opera italiana Bruno Mondadori Editore, pp. 717, L 80.000 SAGGIO

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