La campagna del taglio del nastro

La campagna del taglio del nastro Albertini: troppe inaugurazioni? No, rendo conto ai milanesi del lavoro fatto La campagna del taglio del nastro Fabio Potetti MILANO AVEVA promesso che la sua non sarebbe stata una cam�pagna elettorale come le altre. E siccome il sindaco Gabriele Albertini è uomo di parola, al mattino inaugura il restaurato Teatro Dal Verme «per rendere conto ai milanesi quello che abbiamo fatto come ammini�strazióne». E al pomeriggio fir�ma con il presidente della Re�gione Formigoni l'accordo di programma per l'area multime�diale dell'ex scalo ferroviario di Porta Vittoria, 150 mila me�tri quadrati, un migliaio di mihardi di commesse per i lavori. In questa campagna elettora�le fatta di manifesti e spot televisivi, il sindaco sceglie un'altra strada: quella del ta�glio dei nastri ma su questo erano insuperabili i De già negli Anni Cinquanta e di un sano pragmatismo alla milane�se. Perché come dice Albertini: «Stiamo vivendo in un secondo Rinascimento. E dobbiamo sempre più assomigliare a New York, che sa mettere insieme Wall Street e il Moma». Qualcuno obietta che la poli�tica del taglio dei nastri sia contraria alla par condicio, che a Firenze hanno fatto bene a rinviare la presentazione del Crocefisso di Giotto a dopo la campagna elettorale, che i sin�daci in carica, in quanto tali, sarebbero fin troppo avvantag�giati nella corsa ai voti. Alberti�ni ha una risposta per tutto: «Abbiamo chiesto lumi al mini�stero dell'Interno ma non ci hanno risposto. I nostri avvoca�ti ci hanno detto che non abbia�mo violato alcuna norma. Que�sta è informazione, non propa�ganda. Si può non iniziare a fare il candidato, ma il sindaco si deve farlo fino all'ultimo». Che poi Albertini ricordi che nel '97 il suo comitato elettora�le era proprio qui davanti, sarebbe una specie di amar�cord. Che la sola vista di quelle «tristi impalcature abbandona�te» gli provocasse tumultuosi ricordi delle cose non fatte dalle precedenti amministra�zioni, varrebbe come nota di colore. Che poi nel '98 i lavori siano ripresi «grazie a questa amministrazione comunale e a questa amministrazione pro�vinciale», è giusto ima nota di cronaca. Rimane l'indubbio lavoro portato a compimento. Con un teatro da 1400 posti e dall'acu�stica perfetta, martelli pneuma�tici ancora al lavoro a parte, in cui presto si esibiranno il mae�stro Muti e il maestro Chailly. Rimane l'orgoglio di offrire ai cittadini un teatro a livello europeo, inaugurazione 5 apri�le, le prime 4 serate a biglietti omaggio, dati via come se fosse�ro volantini. E naturalmente rimane la polemica. Con l'asses�sore alla cultura Salvatore Car�ruba che fa due conti della «clamorosa impotenza delle precedenti amministrazioni pubbliche e dello scatto d'orgo�glio di questa». Alla fine, non sarà per que�sto teatro che i sondaggi a Gabriele Albertini riceveranno uno scossone. Tanto i suoi 40 incolmabili punti di vantaggio sul suo più diretto antagonista, Antoniazzi dell'Ulivo, rimango�no tutti. Inossidabili come le parole del sindaco: «Io dovevo solo spiegare ai milanesi come abbiamo speso 23 miliardi per questo teatro. Non è propagan�da, ma accetto le critiche». Quindi, la parola all'anziano melomane in quinta fila, che ..ieri mattina borbottava: «Han�no speso 23 miliardi, ci hanno messo 20 anni, dicono che que�sto sarà un grandissimo teatro sinfonico e si sono dimenticati un organo a canne...».

Persone citate: Albertini, Antoniazzi, Chailly, Formigoni, Gabriele Albertini, Salvatore Car, Teatro Dal

Luoghi citati: Firenze, Milano, New York