Shangri-La, l'eterna giovinezza e l'orizzonte perduto di Capra

Shangri-La, l'eterna giovinezza e l'orizzonte perduto di Capra SULL'ALTOPIANO DI ZHONGDIAN, A 3200 METRI, NEL NORD DELLA PROVINCIA DELLO YUNNAN Shangri-La, l'eterna giovinezza e l'orizzonte perduto di Capra REPORTAGE Marco Moretti UOMINI, donne e bambini fanno il bagno insieme, nu�di e senza imbarazzi, in una sorgente d'acqua calda. Sia�mo in un villaggio sull'altopiano di Zhongdian, a 3200 metri, nel Nord della provincia cinese dello Yun�nan. Mi ha portato qui Nuo Jie, una ragazza tibetana di 23 anni, per mostrarmi lo stile di vita del suo popolo, cos�diverso dai cinesi. «Noi tibetane siamo libere, abbia�mo rapporti prima del matrimo�nio, io vivo da due anni con un uomo senza essere sposati e non gli sono devota», mi spiega. Forse è questa la chiave della leggendaria Shangri-La. L'altopiano di Zhong�dian è il luogo «dell'eterna giovi�nezza» che ispirò a James Milton il romanzo «Orizzonte perduto», tra�sposto nell'omonimo film da Frank Capra nel 1937. E' stato aperto al turismo da pochi anni. Qui i tibeta�ni coltivano orzo e allevano yak. Vivono in case di terra con finestre colorate e pavimenti di legno che dividono in tre piani stalla, abita�zione e granaio. Da Zhongdian raggiungiamo Deqen sulla strada sterrata che insegue le alte valli dei fiumi Yangtze e Mekong tra villag�gi aggrappati ai pendii Wmalayani. Una pista che supera passi a 4200 metri tra boschi di pini, betulle, azalee e rododendri; incrocia uomi�ni che arano i campi con gli yak e donne che battono l'orzo sui tetti deUe case; tocca i monasteri di Dongzhuling e Songzhanling. Que�st'ultimo, una cittadella con 1200 monaci, è la seconda istituzione lamaista dopo il Potala di Lhasa. Fondato nel Seicento, fu saccheg�giato dalle guardie rosse ma, grazie alla libertà religiosa seguita alle riforme di Deng, è ridiventato il centro spirituale della regione, sot�to la guida di un Buddha vivente. Un lama ottantenne con la pelle cosparsa di burro di yak, col quale ho avuto l'occasione terrena di dividere un taxi. Per i tibetani, quest'uomo è una manifestazione del divino come il Kawagebo, la vetta di 6740 metri che divide lo Yunnan dal Tibet. Lo Yunnan offre il quadro più lontano dallo stereotipo della Cina omologata per lingua, razza, prag�matismo confuciano e corsa al benessere all'ombra della bandiera rossa. Qui gli Han, il popolo che noi chiamiamo cinesi e discende dal�l'omonimo impero (206 a.C. 220 d.C), rappresentano poco più di metà degli abitanti e sono concen�trati attomo a Kunming, la capita�le. Il resto della popolazione, di una regione poco più vasta dell'Ita�lia estesa dalle giungle dell'Indoci�na alle vette dell'Himalaya, è for�mato da 25 minoranze che conser�vano idiomi, costumi, musiche, fedi e gastronomie originali. Convi�vono da secoli in pace e, a differen�za del Tibet, non reclamano l'indi�pendenza. Perché Mao concesse grande autonomia alle minoranze. Una scelta strategica: le 55 etnie non cinesi rappresentano l'S per cento della popolazione ma occupa�no il 60 per cento del territorio nazionale, le montagne e i deserti alle frontiere occidentali e setten�trionali. Gli Yi, i Naxi, i Bai, i Tal, i Zhuang, i Miao, i Zang (tibetani) e molte altre genti dello Yunnan usano la loro lingua in scuole e uffici. Gestiscono le amministrazio�ni locali. E sono esentati dalla regola «una famiglia un figlio» perché vivono in regioni spopola�te. La diversità etnica pone lo Yunnan all'avanguardia nel ritor�no alla tradizione di un Paese in cui le bandiere rosse cedono sem�pre più spazio alle lanterne rosse. Si recuperano le ricette smarrite da generazioni guidate dal pensie�ro maoista che «la rivoluzione non è un pranzo di gala». Un fatto chiave per un popolo che considera mangiare il maggiore divertimen�to. E si restaurano templi e mona�steri distratti durante la Rivoluzio�ne Culturale. «Sarà slata un errore, ma io ero imo studente, sono cre�sciuto al tempo di Mao, era stupen�do, pensavamo di poter cambiare il mondo, di buttare tutto a gambe all'aria. Quel che hai vissuto a vent'anni è ciò che ti resta nel cuore» commenta Ma, ex guardia rossa di 49 anni riciclato in guida turistica free-lance, collezionista d'orologi, comunista nell'intimo, affarista nel quotidiano. Non è d'accordo Chen, il nostro autista, padroncino di 59 anni più cocciuto di un mulo. «Sono nato in una famigha di artisti, ero un attore dell'Opera di Pechino, interpreta�vo il ruolo dell'autorità militare. Ho inizialo a recitare e praticare il kung-fu a sei anni. Seguivo una dura disciplina. Per rafforzare cor�po e carattere, da sei a tredici anni ho dormilo coi piedi dietro il collo. Con la Rivoluzione Culturale l'Ope�ra si votò al pensiero di Mao. Allori, baUerine e cantanti non avevano più diritto al cibo: andaro�no a lavorare i campi. Io avevo la patente, diventai un autista del popolo». I miei compagni di viaggio snoc�ciolano la storia della loro vita mentre l'auto scivola da Zhong�dian a Lijiang. E' la città dei Naxi, un'etnia libelo-burmese deposita�ria di una musica ricca di euforie primaverili che riempie templi e strade con noie di xilofoni, tambu�ri, gong, flauti e strumenti a corde. Dichiarata dall'Unesco patrimonio dell'umanità, Lijiang è un borgo di antiche case in legno tra canali uniti da ponti in pietra e da passe�relle che portano a botteghe e abitazioni. E' un raro angolo di vecchia Cina. Con le donne che lavano la verdura nei canali. Le conladine, giunte dalla campagna con le gerle, che comprano al mercato attrezzi di ottone, ferro e rame. E il ponte e la pagoda da cartolina della Pozza del Drago Nero. A dispetto delle modernizza�zioni di Deng, qui tutto è frullo di riti antichi. Come la miracolosa camelia dei ventimila fiori, il nodo�so albero piantato 500 anni fa nel monastero lamaista di Yu Feng. Q i giovani Yi la più numerosa mino�ranza dello Yunnan che, ai piedi del Drago di giada ila velia di 5596 metri che domina Lijiang) pascola�no gli yak indossando manlelli rossi e cappelli di pelliccia ornati di piume di fagiano. Scendiamo ancora, fino a Dali, capoluogo di un altopiano a duemi�la metri in parte occupalo dal lago Erbai. E' il centro dei Bai, la seconda minoranza della provin�cia. Furono le alleanze Ira Bai e Han contro tibetani e mongoli a legare il destino dello Yunnan alla Cina. Si scoprono i segni dell'anlico regno Bai nella vecchia Dali, aperta da una torre Ming e domina�la da tre impettite pagode del XII secolo. Nei pressi, il luned�matti�na c'è il mercato di Shapin. Ragaz�ze Bai della montagna, con la testa coperta da cuffie floreali, contrat�tano lo scambio di galline, forag�gio, riso, ortaggi, cesie, ceramiche, stoffe. E' il ritrovo delle tribù che vivono di agricoltura e allevamen�to sui monti circostanti. Tra l'ani�mazione i barbieri rasano gli uomi�ni, le cuoche cucinano tagliatelle, le tessitrici lavorano al telaio, i cestai intrecciano il vimini, i tabac�cai arrotolano i sigari e i dentisti rappezzano bocche disastrale. QUI GLI HAN (I CINESI) RAPPRESENTANO POCO PIÙ DI METÀ DEGLI ABITANTI E SONO CONCENTRATI ATTORNO ALLA CAPITALE KUNMING, IL RESTO È FORMATO DA BEN 25 MINORANZE «Noi tibetane siamo davvero diverse dalle donne cinesi. Siamo libere, abbiamo rapporti prima del matrimonio, io vivo da due anni con un uomo senza essere sposati e non gli sono devota» I CONFINI m Lo Yunnan confina con Laos, Vietnam, Birmania e le province cinesi di Tibet, Sichuan,Giiizhou e Guangxi. E' formato a Sud dalle giungle di Xishuangbanna e a Nord dagli altopiani di Kunming, Dali, Lijiang e Zhongdian. La catena del Kawagebo lo separa dalTibet. Il Nord è attraversato dallo Yangtze, mentre il Mekong lo taglia dal Tibet al Laos. Le tre pagode di Dali, 850-1200 dopo Cristo. A destra: la città ed il tempio di Zhongdian, il luogo «dell'eterna giovinezza» che ispirò a James Milton il romanzo «Orizzonte perduto» ed il film di Frank Capra