I parà sulla linea del fuoco di Vincenzo Tessandori

I parà sulla linea del fuoco I parà sulla linea del fuoco Il pericolo sono gli agguati notturni professionisti U Vincenzo Tessandori NA volta un generale dal fisico atletico e dall'entu�siasmo straripante che di nome faceva Franco Monlicone, disse che «come la Fiat produce automobili, cos�noi militari pro�duciamo sicurezza». Ci teneva a precisare di non essere un solda�to qualunque e di non comanda�re soldati qualunque: era della «Folgore», e questo, secondo lui, bastava a spiegare tutto. Fatto è che la sicurezza, negli ultimi anni in Libano, in Bosnia, a Timor Est, in Kosovo è apparsa come un bene sempre più raro. Ora 200 soldati della brigata paracadutisti dovranno difen�derla ancora una volta, quella sicurezza, in un fazzoletto di terra esplosivo come una santa�barbara. La frontiera fra Kosovo e Macedonia non è soltanto una 1 . . linea di demarcazione, è il sogno apparentemente a portata di ma�no di una Grande Albania per realizzare il quale gli albano-kosovari paiono disposti a qualsia�si rischio perché si sa, i sogni, le utopie non hanno prezzo. Già durante la guerra fra la Nato e la Serbia, i responsabili dell'Uck, l'improvvisato esercito di libera�zione del Kosovo, non ci pensava�no due volte ha mandare i loro militanti in missioni che aveva�no tutto l'aspetto di esser suici�de. Ragazzoni arrivati dall'Euro�pa occidentale o dagli Stati Uniti si avventuravano nottetempo al di là della frontiera, soprattutto a Nord, nelle gole fra Kukes, dove arrivavano le fiumane di profughi, e Bjran Curri, dove si moriva e basta. Loro compito era agganciare le unità serbe e colpirle. Ma con una disannante regolarità, erano loro Ha venir feriti o uccisi, perché nessuno aveva troppa dimestichezza con le armi e molti erano privi di un minimo di addestramento. Ma questa è la guerriglia, ti diceva�no gli ufficiali che, talora, neppu�re si ricordavano di far visita ai loro feriti. E oggi sembra lo stesso, anche oggi alla vita non vien dato alcun valore. Questa è la guerriglia: a un solo passo dal terrorismo. Ed è questa la situazione che i para della «Folgore» devono aspettar�si. Perché si fa presto a dire che esiste «una forza intemazionale operativa ma nell'ambito del Kosovo»: quando ti sparano ad�dosso, magari di notte, la linea di confine non la vede nessuno e a nessuno può venir chiesto di rispettarla. La voce degli ordigni fatti esplodere per cercar la strage e quella del Kalashnikov sono conosciute ovunque nei Balcani, e farle tacere pare im�possibile. Nel Kosovo non ci si confronta in un grande «war game»: la guerra è stata autenti�ca come ora sono reali i rischi. «Siamo orgogliosi di quello che sappiamo fare in più degli altri, non per rambismo ma per capacità professionali», ha detto un giorno Enrico Persipaoli, già comandante della Scuola paraca�dutisti di Pisa. La professione di guardiano della pace è diventata la più difficile del mondo. O, forse, è sempre stato così. I confini, talvolta, sono troppo sottili. In Somalia, a Mogadiscio, nel '93. i nostri soldati si trovaro�no all'improvviso a dover scegliere: ammazzare o essere ucci�si. Non c'è troppo da pensare, quando ti accorgi di esser diven�tato un bersaglio, come erano diventati loro al chek-point Pa�sta. Anche un solo attimo è decisivo: così, quando risposero al fuoco, in tre erano già stati falciati. Armamento leggero, che signi�fica armi da scontro ravvicina�to, perché a questo sono allenati i para che, in caso di guerra, dovrebbero esser lanciati dietro le linee nemiche e picchiare duro. Ma qui è un'altra cosa, qui niente, lanci, qualche marcia, semmai, e se possibile neppure quella, perche ogni bosco, ogni sentiero, ogni albero può celare un'insidia. Occorreranno deci�sione e coraggio, ed è singolare come questo non venga messo mai in conto, quasi fosse conside�rato un patrimonio genetico di chi fa il paracadutista. Eppoi, il buon senso, che, al contrario, in conto vien messo sempre per�ché, per fortuna, pare che i nostri ne possiedano, in gran copia. Tutto utile, magari indi�spensabile. Ma rimane un pro�blema dalla soluzione quasi im�possibile trovarsi in mezzo a una guerra, o anche soltanto a una guerriglia, che non ti appar�tiene, che capisci poco e che ti coinvolge troppo. È a questo punto che un soldato professio�nalmente preparato come un para della «Folgore» avverte la necessità di ordini precisi. C'è solo la speranza che la Kfor, la forza multinazionale di pace pre�sente in Kosovo, della quale fanno parte i nostri militari, sia in grado di darli, questi ordini. I •' Sopra, una casa sulla collina di Tetovo centrata dall'artiglieria macedone A sinistra, paracadutisti della Brigata Folgore impiegati nei Balcani

Persone citate: Curri, Fatto, Franco Monlicone, Kukes, Ragazzoni