La torrida frontiera che non si vede

La torrida frontiera che non si vede UNA LINEA IMMAGINARIA ATTRAVERSATA DA PASTORI E GUERRIGLIERI La torrida frontiera che non si vede Viaggio sui luoghi in cui verranno schierati i nostri militari reportage JìtisepReZaccatì? yfh'ni* JU'is inviato a SKOPJE LA strada che dalla conca di Skopje risale con ampie curve verso il massiccio dello Sara (si pronuncia «Sciare») ima volta aggirata Tetovo cambia carattere, quasi l'approssimarsi del confine kosovaro l'innervosisse. La carreggiata si restringe, le pendenze si accentuano e man mano che il posto di frontiera di Jazince si avvicina scompaiono le spallette, i burroni si fanno più minacciosi, picchi ancora innevati si alternano a spianate che affonda�no neU'orizzonte. E' la cosiddetta «frontiera poro�sa», come un paio d'anni fa disse imo smarrito funzionario dell'Unhcr a caccia di profughi. Il confine che non esiste. Non esiste perché non viene definto dalla la natura: qui sopra creste, gole e crinali s'alternano a improvvisi spazi aperti che non disegnano una barriera ma l'inter�minabile e virtuale passeggiata di un serpente. Non esiste, perché non interes�sava a nessuno. Fino a nove anni fa questo era solò un confine ammini�strativo fra repubbliche jugoslave, e poi mero limite formale fra terri�tori di Stati slavi fratelli. Pastori e greggi sono abituati a traversare questa linea da secoli, spostandosi sugli altopiani alla ri�cerca di macchie d'erba affioranti dalla neve. La cosa ha cominciato a complicarsi quando a dorso d'asi�no hanno cominciato a muoversi i guerriglieri. Esattamente un mese fa il presi�dente jugoslavo Kostunica e quello macedone Trajkovski s'erano in�contrati per decidere di piantare qualche bandierina fra queste ci�me, di piazzare presidi armati su vette strategiche. Pochi giorni an�cora, e 200 dei nostri para della «Folgore» saranno schierati in terri�torio kosovaro a difesa di questa linea immaginaria, eppure caldissi�ma. Una piccola coicidenza storica rende l'annuncio del nostro Stato Maggiore più significativo: ieri, 24 marzo, cadeva U secondo anniver�sario dell'inizio della guerra del Kosovo, celebrato a Belgrado come tragico «Giorno della memoria». Che nello stesso momento ai para italiani venga assegnato il control�lo delle frontiere kosovare con Macedonia e Serbia (dopo la difesa dei serbi di Mitrovica) è cosa desti�nata ad assumere significati che forse andranno al di là delle inten�zioni di oggi. Al momento, sembra che il Mini�stero abbia dato annunci ufficiah dimenticandosi di informare del dislocamento i comandi interessa�ti. Fino a ieri sera di questo sposta�mento dei para i nostri ufficiali in Kosovo sapevano nulla. Ma è me�glio dirsi subito che si tratterà di un lavoro infame. In questo momento gli italiani dovrebbero condividere il control�lo delle frontiere con reparti statu�nitensi, svedesi, ucraini, polacchi, schierati a ridosso delle montagne in semicerchi successivi. Il ridispie�gamento però si svolge proprio nei momenti in cui la chiusura delle frontiere della «Sara Planine» si trasforma in elemento centrale degli equilibri balcanici. Nella recente storia della regione c'è una sola situazione paragonabile a quella che si delinea: lo spietato, eppure inutile tentativo serbo di ((blindare», nell'estate del '98, il confine alpino fra Kosovo ed Albania. L�il massiccio montuoso cam�bia nome: si chiama Prokletjie, che letteralmente significa «maledizio�ne». Per mesi, mentre la comunità intemazionale considerava «legitti�mo» l'intervento, tranne a cambia�re idea pochi mesi dopo, poliziotti e gruppi speciali di Belgrado tentaro�no con modi molto spicci di blocca�re le infiltrazioni dell'Uck dalle montagne. Non ci riuscùono mai del tutto. La situazione si riproduce ades�so tutt'intomo ai rilievi della Sara, con la differenza che i soldati Nato non potranno usare mitragliatrici pesanti né mortai, come faceva la «Milicja» di Milosevic. Allora, sul versante albanese dei Monti della Maledizione l'Uck aveva basato i proprii comandi. Villaggi primitivi come Bajram Curri e Tropoje si erano trasforma�ti in «territorio libero» di un'arma�ta che si muoveva su asini e muli, conosceva tutti i sentieri della montagna e riusciva a percorrerli di notte. Oggi le nuove Bajram Curri po�trebbero nascere in villaggi kosovari come Cirica, Begunce, Bererco, Gornja Grica. Un insediamento ma�cedone come Tanusevci (non a caso, patria del nuovo Uck, come la vicina Gracani) sorge al fondo di una vallata raggiungibile molto più agevolmente dal territorio ko�sovaro che da quello di Skopje. Se da Jazince, ultimo posto di frontiera sorvegliato (assieme con quello di Blace, più a oriente) oggi qualcuno vuole svalicare evitando i controlli, gli basta fermare la macchina qualche chilometro più in là, attraversare la strada e co�minciare ad arrampicarsi su un declivio aggrappandosi agli alberi di castagno. Dieci minuti dopo si trova in Kosovo. Accadde perfino a tre soldati americani, agli inizi della guerra. Era il primo aprile del '99: pattu�gliando il confine Andrew Ramirez, Christopher Stone e Steve Gonzalez furono arrestati da militari serbi e accusati di «invasione». Nessuno riusc�mai a stabilire in quale territorio si trovassero al . momento della cattura. Un mese fa i leader di Belgrado e Skopje si erano riuniti per decidere di piantare qualche bandierina tra queste montagne Un soldato delle forze speciali macedoni impegnate nella controguerriglia al confine con il Kosovo

Persone citate: Andrew Rami, Bajram Curri, Christopher Stone, Kostunica, Milosevic, Steve Gon, Trajkovski, Viaggio