Negri, brutti, sporchi e cattivi di Giorgio Calcagno
Negri, brutti, sporchi e cattivi Il razzismo linguistico: com'è nata una discriminazione che dalle parole è passata ai fatti Negri, brutti, sporchi e cattivi Giorgio Calcagno NEL 1464 il patrizio venezia�no Alvise da Mosto fece ima relazione sul viaggio da lui compiuto nove anni prima, su una caravella portoghese, lun�go le coste inesplorate del Sene�gal. E raccontò subito, nel suo linguaggio lagunare, la cosa che più lo aveva impressiona�to; «Questi Negri, s�mascoli come femine, me vegnia a guar�dar per una maravelia; e non de meno si meraveliavano del mio habito che de la mia bianchez�za». Non sapeva, il buon Alvise, che la cosa più maraveliosa era la parola da lui scritta per la prima volta in un testo italiano, «Negri». E, fin da quella volta, in contrapposizione a «Bian�chi». Le genti dell'Africa erano state sempre definite, nel mon�do mediterraneo, come «etiopi�che», dal greco «aitiops», volto bruciato; ed Etiopia, per gli antichi, era quasi l'intero conti�nente che oggi chiamiamo ne�ro. Naturalmente i romani co�noscevano l'aggettivo «niger», per indicare il più buio dei colori, che usavano in altei nza con «ater», cupo. Con le lingue romanze, il niger vinse la partita, delegando l'ater al linguaggio poetico, e diventan�do «nero» o «negro» in italiano, «negro» in spagnolo e portoghe�se, «negre» o «noir» in francese, «negru» in rumeno. Ma solo nel Quattrocento la parola negro passa da un colore a una perso�na, sostituendo l'etiope dei lati�ni. Alvise da Mosto non poteva immaginare, trascrivendo quel�la parola chiaramente già in uso, quale tempesta, non solo linguistica, avrebbe suscitato nel mondo. Ce lo spiega oggi un ricercatore dell'università di Torino, Federico Faloppa, allie�vo di Gianluigi Beccaria, che ha aperto un nuovo filone di studi, sul razzismo linguistico. La sua meritoria tesi di laurea, sotto il titolo punitivo di Lessico e alterità, che rischia di nascon�derne i contenuti, è stata pubblicata dalle edizioni dell'Orso, col contributo della Facoltà di Lettere, e gli ha procurato una borsa di studi all'Università di Londra, per continuare le ricer�che. Frutteranno, su un terreno cos�ribollente. Non è mica vero che la parola negro avesse, alle origi�ni, una intenzione razzistica. Per secoli, ci informa Faloppa, sembrava neutra, almeno per gli autori dei nostri dizionari. Ma il nero, fin dal simbolismo medioevale, «prima ancora di essere un colore, era un topos figurativo che metteva in rela�zione con il brutto ed il defor�me. E quindi con l'essere defor�me per antonomasia, il diavo�lo». Così, quando la parola arriva alle lingue anglosassoni, si è già caricata di una connotazione pericolosa, che evoca le ombre del male, contro la luce della civiltà bianca. La prima attesta�zione inglese, cento anni dopo il da Mosto, è di Robert Baker, che nel 1562 descrive gb abitan�ti del Capo Verde; «Are ali blacke, and are called negroes» (sono tutti neri, e sono chiama�ti Negri). Parola neutra in appa�renza, discriminante nella so�stanza, perché in quel sostanti�vo «negro» il bianco scarica il suo senso di superiorità, soprat�tutto economica. Nell'Ottocen�to americano la parola «nig�ger», peggiorativo di negro, di�venta sinonimo di «schiavo». Nel South Carobna i «nigger» sono suddivisi in tre categorie, secondo le mansioni. All'ultimo gradino c'è il «Bush Nigger», il negro della boscaglia (lo sa il presidente degli Stati Uniti?), considerato quasi un animale. Con il nostro secolo, sotto altre spinte, sociali e politiche, avviene una presa di coscienza, che obbliga a nuove scelte, anche linguistiche. Da una par�te c'è la riscossa dei neri, che vogliono rivalutare proprio quella parola, cos�vilipesa, in una sorta di Black Pride: con la Négritude del mondo francofo�no, il Black Power americano. Dall'altra il rimorso dei bian�chi, che cercano formule meno offensive, nello spirito del «poli�ticamente corretto», per defini�re il diverso: «coloured» negli Stati Uniti, «nero» in Italia, fino al più recente «afroamericano» dappertutto; generico, spesso improprio, che pensa di aggira�re il problema senza risolverlo. L'autore della ricerca ha esa�minato il razzismo linguistico, in duemila anni di civiltà occi�dentale anche verso l'ebreo, l'arabo, il meticcio, raccontan�do storie altrettanto interessan�ti e altrettanto rattristanti. La conclusione è sempre la stessa: «Finché il colore della pelle o l'appartenenza ad una presun�ta razza saranno ritenuti decisi�vi per definire i rapporti socia�li, non esisteranno termini vera�mente neutri». Solo nell'Ottocento americano la parola «nigger», peggiorativo di negro, è diventata sinonimo d�«schiavo»
Persone citate: Black Pride, Bush, Faloppa, Federico Faloppa, Gianluigi Beccaria, Negri, Robert Baker
Luoghi citati: Africa, Etiopia, Italia, Stati Uniti, Torino
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