.Iladri Baghdac di Jas Gawronski

.Iladri Baghdac Iraq dieci anni dopo: un paese vittima più di Saddam Hussein che delle sanzioni intemazionali .Iladri Baghdac Jas Gawronski BAGHDAD UN distinto signore, vestito con l'eleganza straripante di molti diplomatici, si avvi�cina a passi rapidi all'entrata dell' Al Rasheed, hotel un tempo lussuo�so, nel centro di Baghdad. La porta a vetro automatica si apre, lui entra ma non procede diritto, dise�gna una specie di semicerchio, come se vo esse evitare qualcosa. Ha buone ragioniper farlo: l'amba�sciatore Ryszard Krystosik, pur essendo un dipendente del Ministero degli Esteri polacco, è capo della se�zione di interes�si degli Stati Uniti nella capi�tale dell'Iraq, e camminando di�ritto avrebbe calpestato un mosaico ovale con l'effigie torva e sdentata di George Bush Senior, il Presidente della Guerra del Golfo, che occupa tutta l'entrata dell'al�bergo, incorniciato da una scritta in cattivo inglese: «Bush is crimi�nal». «Sovente i fotografi si piazza�no all'entrata per immortalare qualche personaggio che calpesta Bush. Nel mio caso sarebbe molto compromettente», mi spiega Kry�stosik, un diplomatico che sfida l'impossibile ogni giorno: cura i rapporti fra i due più irriducibili nemici al mondo. E questi rappor�ti, dopo l'elezione del figlio di Bush alla Casa Bianca e i bombardamen�ti da lui autorizzati alla periferia di Baghdad, non sono certo migliora�ti. Il problema Iraq è, insieme alla Corea del Nord, il più scottante in politica estera fra quelli lasciati in eredità da Clinton alla nuova am�ministrazione: il sistema delle san�zioni, sempre meno sostenuto dal�la comunità intemazionale, fa breccia da tutte le parti e comincia a sgretolarsi, i paesi arabi alleati degli Usa dieci anni fa stanno rivedendo le loro posizioni, tradi�zionali alleati di Washington come la Giordania e la Turchia traffica�no apertamente con Saddam e lo fanno anche antichi nemici di Ba�ghdad come Siria, Egitto e Iran, persino l'Inghilterra comincia ad avere dei tentennamenti. Intanto l'Iraq aumenta i guadagni derivan�ti dal contrabbando di petrolio, arriverebbero ora a 2 miliardi di dollari all'anno, grazie anche a un nuovo oleodotto verso la Siria che evita i controlli dell'Onu. E Saddam Hussein è meno isolato diplo�maticamente e più solido che mai al potere. Non solo, un rapporto dell'Onu sostiene "che Saddam avrebbe rimesso in sesto gli stabili�menti capaci di produrre armi chimiche e biologiche e, per non lasciare dubbi sulle sue reali inten�zioni, durante la sfilata militare per il decimo anniversario della Guerra del Golfo ha sfoggiato per le strade di Baghdad mille carri arma�ti, dopo la fine della guerra gliene erano rimasti solo 300. n suo collaboratore più fidato ed ascoltato, il vice presidente Tarek Aziz, vestito in tuta militare, respinge le accuse americane e dice che il suo paese ha sempre ottemperato alle risoluzioni dell' Gnu. «Gli Usa sostengono il contra�rio spiega cosi hanno una scusa per mantenere l'embargo, nella spe�ranza di instaurare in Iraq un regime a loro favorevole e rafforza�re il controllo sul nostro petrolio». Secondo Tarek Aziz, gli Stati Uniti non cercano le armi letali dell'Irak vogliono solo abbattere Saddam. «Le armi, con gli strumenti che hanno a disposizione, le avrebbero trovate subito, hanno addirittura installato 500 telecamere nei luo�ghi che ritenevano strategici per scoprirle. Perciò sanno bene che noi non le abbiamo. Se in questa stanza in cui io le parlo ci fosse stata qualche attività chimica, an�che 20 anni fa, con gli strumenti di oggi potrebbero ancora trovarne tracce. Gli americani invece hanno voluto ispezionare tutte le nostre sedi istituzionali e private, persino le dimore di Saddam Hussein, visi�te solo provocatorie». Viene spontaneo chiedergli per�ché, se il regime di Saddam Hus�sein non ha veramente nulla da . nascondere, da due anni non fa entrare gli ispettori dell'Onu? «Ma se gli ispettori volessero entrare da voi in Italia, lei li farebbe entrare senza qualche compensazione? Noi chiediamo, per riammettere gli ispettori, che venga revocato l'embargo». Certo Baghdad non sembra una città sofferente per l'embargo. Già all'arrivo, il Saddam International Airport, moderno, immenso e deso�latamente deserto, dà l'impressio�ne di poter provvedere a una gran�de capitale. Sul tappeto del «dito» che collega l'aereo al terminal ripe�tute scritte bianche «down Usa» fan già capire cosa si sentirà in città. Sui grandi carteOoni elettro�nici che annunciano arrivi e par�tenze sono segnati, per l'intera giornata, solo due voli intemi. Al banco dell'Iraq Airways una scrit�ta a mano ricorda che dalla prossi�ma settimana saranno ripristinati i voli per Mossul e Bashra e che «i prezzi sono convenienti». I voli intemazionali devono essere auto�rizzati dall'Onu che dà il via libnra esclusivamente alle missioni uma�nitarie: in pratica basta poi porta�re qualche cassetta di medicinali per poter sbarcare con frotte di uomini d'affari e faccendieri in corsa per essere i primi a stabilire contatti e contratti d'oro per il dopo embargo. Baghdad, come la Bucarest di Ceausescu, ha sacrificato vecchi e caratteristici quartieri per erigere palazzi scintillanti e imponenti sta�tue di Saddam Hussein, ossessiva�mente simili l'ima all'altra, un ber�retto militare in testa ed il braccio destro teso in avanti, come a indica�re nuovi orizzonti. Le automobili sono vecchie ma i negozi appaiono fomiti e la gente relativamente ben vestita. Solo all'ospedale pedia�trico centrale, tappa obbligata del giro di propaganda per ogni visita�tore straniero, si entra nella miseria e sofferenza della popolazione. Una miseria che ha un nome e un cognome: Saddam Hussein, è lui che deliberatamente congela i milioni di dollari guadagnati dal petrolio e non li spende in cibo e medicine, cos�aumenta i disagi del suo popolo. Sfrutta la nostra com�mozione e solidarietà, e trasforma in arma di propaganda ogni bambi�no che muore di stenti. Tanto che il segretario generale dell'Onu Kofi Annan gli ha scritto il 14 febbraio per esortarlo a «nutrire meglio la popolazione civile» chiedendo «chiarimenti» sulle risorse «molto limitate» destinate dalle autorità irachene alla Sanità e all'alimenta�zione, dei bambini soprattutto. Se�condo le Nazioni Unite, dal giugno al dicembre dell'anno scorso l'Iraq ha speso in cibo e medicine 8 mila miliardi di lire, pur avendone a disposizione, nello speciale conto controllato dall'Onu «petrolio con�tro cibo», esattamente il doppio. Il delirio di potenza di Saddam lo porta per giunta a esportare cibo e medicinali in altri paesi, come se il suo popolo non ne avesse bisogno. E con i palestinesi poi è ancora più generoso: avrebbe voluto do�nar loro un miliardo di dollari sottratto dai fondi previsti per l'Iraq, ma il Consiglio di Sicurezza dell'Onu ha bloccato la sua iniziati�va. Nei mesi scorsi, durante l'inten�sificarsi degli scontri tra Israeliani e Palestinesi, un discreto emissa�rio del presidente iracheno ha bus�sato alla porta di ogni famiglia araba con vittime nei combatti�menti per depositale un assegno di 20 milioni di lue per ogni morto. E non si dimenticano i feriti: 2 milio�ni ai più gravi, 1 milione a quelli leggeri. Non c'è da stupirsi che i palestinesi nelle dimostrazioni inalberino il suo ritratto, gridino il suo nome e sventolino bandiere irachene: oggi, fra di loro, Saddam Hussein è molto più popolare di Yasser Arafat. L'esempio più palpa�bile della megalomania di Saddam Hussein è la villa faraonica che si è fatto costruire in cima alle rovine di Babilonia: il posto più frequenta�to dai pochi turisti che ricevono il permesso di visitare l'Iraq. Tutti la vedono, tutti si domandano cosa sia, l'invariabile risposta della gui�da è solo: «E' vietato fotografare». L'Iraq è ormai vittima di Sad�dam, più che delle sanzioni. Gli osservatori più attenti pensano però che il regime delle sanzioni vada cambiato, perché nella sua forma attuale non funziona, ma non abrogato. Abrogarlo significhe�rebbe decretare il trionfo di Sad�dam Hussein nel suo paese e in tutto il mondo arabo, dargli la patente di vincitore in questa guer�ra psicologica nonché un lasciapas�sare verso una dittatura impunita ed illimitata. Occorrono invece, dicono, le cosiddette «sanzioni in�telligenti» cioè quelle economica�mente più leggere, ma più aspre ed efficaci invece sulle armi e la tecno�logia per evitare che l'Iraq acquisi�sca poteri di distrazione eh massa e minacci i suoi vicini. E il mondo. jgawronskl@europarl.eu.int Medicine e cibo vengono esportati in altri Stati Soldi ai combattenti arabi e miliardi col petrolio di contrabbando Nella foto di Pablo Albontfn una bambina in una scuola irachena. A sinistra Jas Gawronski