« Le cosche rialzano la testa »

« Le cosche rialzano la testa » « Le cosche rialzano la testa » Don Ciotti: le parole non bastano più Fulvio Milane inviato a TORRE ANNUNZIATA «Attenti, sono tornati alla gran�de». Don Luigi Ciotti lancia dal palco detta Giornata della memoria il grido d'allarme contro le cosche, contro un nuovo rischio-mafie, le�gato anche al pericolo «di una nor�malizzazione, di un calo di attenzio�ne». «Le parole sono stanche, è ora di fare», grida al microfono don Ciotti, mentre gli studenti scandi�scono a turno sul palco i nomi di 528 uomini, donne e bambini cadu�ti per mano della mafia: per non dimenticare, per vincere l'indiffe�renza, una «malattia mortale, un cancro che uccide la cultura della legalità». Torre Annunziata si tinge dei colori di quindicimila ragazzi venu�ti da tutta l'Italia per dire che sono ancora capaci di indignarsi, che vogliono riprendersi la vita e tra�scorrere le loro notti insieme, nelle strade, senza paura. Nel paese do�ve lavorò Giancarlo Siani, cronista coraggioso ucciso dalla camorra. l'associazione «Libera» celebra la sesta giornata della memoria e del�l'impegno in ricordo delle vittime della mafia. Memoria perché per andare avanti occorre conoscere il passato, impegno perché la mobili�tazione non deve durare un solo giorno, ma continuare nel tempo. Perché, come dice don Ciotti, «la mafia è tornata alla grande e l'at�tenzione sta calando». Le parole sono stanche, ripete il sacerdote fondatore d�Libera. «Fiaccolate e cortei non servono più avverte occorrono coerenza, concretezza e continuità». Con lui ci sono i presidenti della Camera dei deputati e della Commissione parlamentare antimafia, Luciano Violante e Giuseppe Lumia, il go�vernatore della Campania, Anto�nio Bassolino, e l'ex capo della procura della repubbhca di Paler�mo, Giancarlo Caselli. E ci sono soprattutto i parenti delle vittime della mafia, della ca�morra e della 'ndrangheta, con i volti segnati dallo stesso, antico dolore di chi non si rassegna alla fine violenta d�un figlio, un padre, un fratello. «La speranza deve esse�re più forte della morte», dice Rita Borsellino, sorella di Paolo, il giudi�ce ammazzato da Cosa Nostra. E, riferendosi alla bagarre pohtica sca�tenata dall'intervista in video rila�sciata dal fratello poco prima della sua morte, aggiunge lapidaria: «Le reazioni a quella cassetta dimostra�no che Paolo, oggi, fa ancora pau�ra». «Borsellino, Falcone, Giuliano, Antiochia, De Mauro»: i ragazzi continuano a pronunciare i nomi dei morti per mafia. Nomi noti. Ce ne sono tanti altri, meno famosi. Adriana Musetta, coordinatrice del�l'associazione che fa capo al giudi�ce Caponnetto, h chiama (d morti oscuri». Suo padre, Gennaro, lo fecero saltare in aria vent'anni fa. «Era un costruttore, aveva denun�ciato alcune irregolarità in un ap�palto e un tribunale composto dal�la mafia catanese e dalla 'ndranghe�ta decise d�eliminarlo. H processo? Ancoranon è stato celebrato». Sul palco, Luciano Violante dice che la lotta alla criminalità non deve avere un solo colore pohtico, e lancia tre proposte di legge bipartisan per la prossima legislatura: «Primo, semplificare le procedure per la confisca e il riutilizzo dei beniappartenentiaimafiosì. Secon�do: snellire alcuni aspetti del pro�cesso penale, perché sono ancora troppi mafiosi vengono scarcerati per decorrenza dei termini. Terzo, istituire un fondo anche per �fami�liari deUe vittime della criminalità comune». IlpresidentedellaRegìone Cam�pania, Antonio Bassolino, s'infiam�ma quando ricorda le manifestazio�ni anti-camorra di quindici anni fa : «Sfilavamo a Ottaviano, il paese del boss Raffaele Cutolo, tra finestre e porte sprangate dalla gente che aveva paura. Ora la situazione è cambiata, i cittadini e lo Stato possono, devono riprendersi ciò che è stato loro sottratto dalle co�sche». Bassolino propone «l'impie�go di ingenti risorse per l'uso da parte della coUettivìtà delle struttu�re confiscate alla camorra». Un'immagine della manifestazione per ricordare le vittime della mafia

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