Cronaca della nascita di un'altra Sarajevo di Giuseppe Zaccaria

Cronaca della nascita di un'altra Sarajevo 1 /Mf;!»:!—rr NELLA CITTA' DELLA CONVIVENZA PERDUTA TRA LE ETNIE Cronaca della nascita di un'altra Sarajevo A Tetovo tra cecchini, case in fiamme e gente in fuga reportage Giuseppe Zaccaria ■i'-é inviato a TETOVO INCOMINCIAMO dal nome di una piazza, perché forse cos�le cose si capiscono meglio. Dunque questa è Tetovo, enne�sima Gerusalemme degli albane�si. E questa piazza deserta, dove metafisicamente stazioniamo co�me in una prospettiva di De Chiri�co, si chiama «Centralna Trg». Fra breve comincerà l'attacco decisivo della polizia macedone, i rarissimi passanti suggeriscono di andarsene prima che faccia buio. L'architettu�ra cittadina non rende troppo dolo�roso il distacco. Intorno si nota�no scorci di primi�tività alternati a laidi intonaci pale�osocialisti, botte�ghe jugoresiduah e rare teste che si affacciano dalle porte degli scanti�nati. E pure que�sta piazza centra�le che si chiama piazza del centro, questo luogo sen�za nome, questa cosa che esprime ragion d'essere solo nel fatto di trovarsi dove si trova, assume un ruolo decisivo nei fatti di oggi. Fra poche ore tutte le tv del mondo trasmetteranno immagini di case che bruciano: sono quelle che s'affacciano sulla quinta domi�nante la collina. Batterie di teleca�mere sono già piazzate dietro sacchetti di sabbia, i network intemazionali si schierano prima delle forze speciah annunciando prossime trincee. Centralna Trg rappresentava la fine della Tetovo macedone, adesso si scopre prima linea e punto sensibile, ombelico senza nome di un'informazione priva di riferimenti. Quelle che domattina vedrete bruciare in tv saranno state per le Lungo iilindUrosevadi Fcon u piccole forze armate macedoni le tane dei guerrigheri, le basi dei tiratori scelti. Ancora adesso i cecchini albanesi punzecchiano la vita quotidiana di Tetovo con tiri maligni, che ammazzano poca gente ma costringono tutti a resta�re al riparo, a muoversi il meno possibile. Dalla loro linea di fuoco posso�no inquadrare il grande vialone dello stadio e la strada per Urose�vac. Parahzzano una città e tutti i collegamenti verso Nord-Ovest. La tv di Stato, che si chiama «Mtv», manda in giro croniste anzianotte che non riescono a nascondere incredibili acconciatu�re dietro i sacchetti di sabbia e schizzano fuori dall'inquadratura a ogni colpo di fucile. Poi rientra�no affannate per raccontare le ultime provocazioni dei «kriminalzi». Dev'esserci un ordine tassati�vo del govemo: gli albanesi che sparano dall'alto non possono es�sere definiti né «guerrigheri» né «indipendentisti» e tanto meno «terroristi». Perfino cos�ricevereb�bero indiretto riconoscimento di un molo, di un progetto, dell'esi�stenza di un movimento, per quanto folle. Devono invece restare «kriminalzi», gente senza volto né futu�ro, come la piazza senza nome o le accuse verso responsabihtà geopo�litiche ancora prive di destinata�rio. Possono parlare invece i loro rappresentanti istituzionah: il pre�fetto di qua, per esempio, che si chiama Myrteza Ismayh e già parla come un rivoluzionario, ac�cusando continuamente «di avere aperto il fuoco» l'esercito del Pae�se che rappresenta. A partire da questa notte, però, non si teorizza più. Si spara. Le case che adesso comincia�no a bruciare (e queUe che bruce�ranno domani, domani l'altro...) per gh albanesi diventeranno subito semplici abitazioni civili da cui un'arrogante maggioran�za slava scaccia vecchi e bambi�ne. Questo luogo infame già comin�cia a disegnare una Sarajevo al contrario, con la maggioranza as�sediata nel centro e gh indipenden�tisti che la circondano. Poco sotto la Piazza Senza Nome un dolce declinare di colline annuncia la «Tetovo albanese», dall'alto le col�line e i vihaggi si autoproclamano patria della «Tetovo guerrighera». Lungo 0 vialone deUo stadio il cartello che indicava Urosevac col nome albanese di «Ferizaj» è stato coperto da una mano imperiosa di catrame. E' cos�che nascono le milizie. Anche Tetovo, come le tante disgraziate città che in dieci anni l'hanno preceduta, diventerà pre�sto simbolo ed avrà il suo monu�mentò alla convivenza perduta, quasi che le tragedie avvengano per caso. A Sarajevo si parlava di un ponte intitolato alla fratellanza e all'unità, qui l'immagine di un compromesso sopravvissuto a die�ci anni di tensioni e poi annienta�to dalla prima «guerra umanita�ria» dell'Europa modema si chia�ma «Tetex». E' una fabbrica tessile. Fino a ieri dava lavoro a 600 operai, oggi prepara il pensionamento di due gruppi. «Qui si lavorava in annonia racconta il direttore, che non per sua colpa si chiama Rajm Thaci ed ormai viene visto come famiglio e complice deh'omonimo «serpen�te» capo dell'Uck Purtroppo le cose cambiano in fretta, ed ormai i due gruppi di operai si guardano con diffidenza...». Se le cose conti�nuano così, presto si spareranno. Il portavoce delle forze armate, Anton Milososky, annuncia che oggi si scatena «l'attacco decisi�vo». In tre o quattro i capi guerri�gheri (qui tutti si dicono capi) rispondono: «Resisteremo». A questo punto manca solo la strage. Una fila di cadaveri ripresi da una tv importante prima che marciscano, qualcosa che possa orientare in un senso o nell'altro una diplomazia intemazionale che balbetta come un bambino. Il discolo che l'ha fatta grossa e cerca di venire fuori dall'impiccio con l'aiuto della dialettica, del caso, magari della zia.... E però qualcosa comincia a montare, e non proprio nella dire�zione che a noi converrebbe. Ieri per esempio Saso Ordanosky, mio dei più noti commentatori politici di Macedonia (e fino a ieri, anche uno dei più ragionevoli) ha dato nome e taiga a un'idea che circola�va da tempo. Il lungo commento apparso sul suo settimanale, che si chiama «Fo�rum», s'intitola «I talebani balcani�ci» e sostiene che r«Uck» si è ormai trasformata in cre�atura impazzita della vecchia diplo�mazia americana. Esattamente come gh ex guerri�gheri afghani funzionah finché si trattava di reagi�re all'invasione so�vietica, oggi sol�tanto primitivi di�struttori di statue avrebbe assunto forme e struttu�re autonome, seguendo dinami�che ormai pressocchè incontrolla�bili da parte di qualsiasi diploma�zia. Perfino nel buio deUe forre che sovrastano Tetovo, fin d'ora sem�bra di poter distinguere almeno tre componenti in questo misterio�so esercito di generali. C'è un gruppo di «kriminalzi» che deriva direttamente dall'«Uck», ha cam�biato provvisoriamente nome in «Mia» e mantiene tutte le caratte�ristiche che conosciamo. Un altro nucleo proverrebbe da Kumanovo, appare più vicino alla natura macedone dei musul�mani di qua e potrebbe proporsi un giorno come quello dei «gueniglieri buoni». Il terzo, dicono, è La fabbria seicentlavoravansi prepardi due gr«prima o cos�r«Uck» legato al Nord dell'Albania, alle posizioni di Sali Berisha e dei suoi. E sembra calato qui solo per profittare di ciò che eventualmen�te succederà. Questa sera la televisione mace�done ha fatto seguire alle notizie deir«attacco decisivo» un film francese che tratta temi d'evasio�ne. Dev'essere lo spirito del mo�mento: evadere dai nomi, dalle situazioni, dalle responsabilità, dagli errori geopolitici, dalle pro�spettive e da un bilancio delle responsabilità che farebbe male a tutti. Mentre qui sopra si comincia�va a sparare sul serio (ancora a sera, il vento portava echi di camionale fin sulla capitale) nella Skopje già «purificata» dagli alba�nesi (non c'è stato bisogno di «pulizie»: sono pressoché spariti) un vecchio amico che pure appar�tiene alla medesima etnìa ha forni�to un'altra chiave d'interpretazio�ne di quanto sta accadendo. L'Osce e la Nato continuano a sfomare comunicati privi di sen�so da cui si ricava che 1.800 profughi dalla Macedonia hanno varcato la frontiera verso il Koso�vo, 2.200 sono andati in Serbia, altri in Turchia. L'interlocutore, ieri sera, descri�vendo i prodromi di queste ennesi�me ondate migratorie raccontava semplicemente che questi gruppi se ne tornavano «u kuci». Trascritta per come si pronun�cia l'espressione significa «a ca�sa», ma in un senso che in termini sociali significa «alle origini», op�pure «nella tribù». Insomma, in un ambito di protezione chiuso e primitivo. Se è vero che l'istinto della gente precede gh eventi, basta seguire le ondate delle nuove mi�grazioni per immaginare gh even�ti bellici. Quella mano di vernice nera sul cartello per Kumanovo anticipa il resto. Lungo il vialone dello stadio il cartello stradale che indicava la direzione di Urosevac col nome albanese di Ferizaj è stato coperto con uno strato di catrame La fabbrica «Tetex» dava impiego a seicento operai che finora lavoravano in armonia: adesso si prepara il pensionamento di due gruppi, perché «prima o poi si spareranno» Un militare norvegese della Kfor

Persone citate: Anton Milososky, De Chiri, Fo, Sali Berisha, Saso, Thaci