Un taglio di capelli: 2 lire

Un taglio di capelli: 2 lire Un taglio di capelli: 2 lire Ai tempi deir«ltalia imperiale» c'era il bollo anche per le biciclette: 10 lire PENSIONATO bancario rac�conta Domenico Cenrato di Ciriè sto ritornando a casa dopo un taglio di capelli (durata 6/7 minuti, perché radi ormai) pagato L. 17.000, e subito la memoria mi riporta indietro nel tempo. 1936, maggio, proclama�zione dell'Impero, morte di mio padre titolare di un negozio di barbiere a Savigliano, e nascono riflessioni e paragoni con la vita e con i prezzi di oggi. Parlo con cognizione di causa in quanto, dodicenne avevo dovuto gestire con la mamma e la sorella di 13 anni, l'attività del povero babbo. Frequentavo nel maggio 1936 la 2" ginnasiale, perché il papà aspirava per me ad una vita migliore della sua, ed il guada�gno della bottega con un lavoran�te a carico, pur molto frequenta�ta era modesto. Io, già allora contribuivo nel tempo libero da�gli studi, a spazzolare i clienti, e per non lasciarli scappare, ad insaponarli, «cos�mi diceva il babbo non scappano più». Il taglio di capelli costava allora 2 lire al massimo; la barba una lira, l'abbonamento mensile per tre barbe settimanali ed un ta�glio di capelli al mese veniva offerto a 5 lire, la Stampa si comprava a 20 CM (4 soldi), la Domenica del Corriere 30 CM (6 soldi), la targhetta d'alluminio per il bollo sulle biciclette 10 lire (che veniva pagato «se promos�so»), la multa dei vigili urbani (guardie) era allora di 10,10 (die�ci lire e due soldi, per cui quando si vedeva in lontananza una guar�dia ed eravamo in colpa perché giocavamo in posti proibiti grida�vamo: «scapa, àriva èl des e dui». Erano i tempi dell'Itaba Impe�riale (9/5/36 proclamazione) tutti Balilla, Avanguardisti, Piccole e Giovani Italiane, a seconda della età, con obbligo del sabato fasci�sta e del Saggio Ginnico che si celebrava il 24 maggio. Quello del 24 maggio 1936 rimane per me indimenticabile. Pur con i funerali di mio padre in quel giorno (e mia madre ancora a letto per un parto avvenuto il 18 dello stesso mese), mia sorella ed io avevamo dovuto partecipare al Saggio Ginnico (dopo la cerimo�nia funebre) perché l'esonero non ci venne concesso. Terminata con promozione la seconda ginnasio, il mio futuro di studente divenne problemati�co per l'impossibilità di pagare le tasse scolastiche (allora 60/70 lire, equivalenti a 30/40 tagli di capelli, pari oggi a 500/600.000 lire) e solo un provvidenziale sacerdote intervenne perché otte�nessi almeno la licenza del Ginna�sio inferiore, necessaria per tro�vare un minimo impiego e contri�buire alle necessità familiari, poi�ché l'attività del negozio era divenuta quasi passiva per le aumentate spese. Dopo la perdi�ta del babbo avevamo dovuto assumere un secondo lavorante retribuito a L. 55 settimanali che assorbivano buona parte dei ricavi per cui nel 1937 cedemmo l'attività. In concomitanza alla cessione che fruttò ben 15.000 lire vincolateci per la minor età in tre cartelle nominative di 4.500 lire caduna in rend. It 50Zo (parità aurea) con usufrutto a favore della mamma, e pagato parcella al notaio di circa mille lire, divenne necessario il contri�buto di un lavoro sia per la sorella che per me, dovendo an�che con la mamma pensare al fratellino appena nato. Nell'estate del 1937, inpossesso della licenza del ginnasio infe�riore, ma non trovando impiego, fui assunto come apprendista tipografo presso la più importan�te tipografia cittadina che tra l'altro stampava il settimanale cattolico diocesano allora diretto da Mons. Pellegrino, che diveni�va 26 anni dopo Arcivescovo di Torino. La paga settimanale era di 7 lire, e mi veniva data tutta in monetine da 10 CM (due soldi di bronzo) con aggiunta mensile di altre 3 lire perii recapito a mano agli abbonati, quindi ben 31 lire mensib. Compreso nel lavorò di apprendistato l'accensione d'in�verno, della caldaia a carbone verso le 6,30 del mattino, max. 7. Erano periodi difficili che in con�fronto agli attuali sembrano irre�ali ci si accontentava di poco, ma gli amici d'allora erano veramen�te tali. Da privatista, con enormi sacrifici continuai gli studi. La�sciai il lavoro tipografico nel�l'aprile '41 quando la mia paga era di 70 lire la settimana ed il mio stomaco mal sopportava la composizione dei caratteri in le�ga d'antimonio e piombo che mi provocarono il saturnismo. En�trai allora in banca con lo stipen�dio di ben 447 lire. Rimasi per due anni, fino alla chiamata di leva; disertore dopo l'S settembre, lavoretti saltuari, rastrellamenti, partigiano di cit�tà poi, e rientro in Banca dopo la Liberazione con avanzamento in carriera sino a direttore di Filia�le, poi in pensione dal 1989. Chiudo come diceva il Tomma�seo: «La memoria è più consola�trice della speranza». MMgMguggHMlWyMI 1938. Nella foto, gli esercizi ginnici che erano obbligatori durante il Ventennio

Persone citate: Domenico Cenrato, Filia

Luoghi citati: Ciriè, Savigliano, Torino