Non abbiamo in Italia scuole per grandi cuochi
Non abbiamo in Italia scuole per grandi cuochi Non abbiamo in Italia scuole per grandi cuochi Chi vuol acquisire conoscenze e pratica deve fare il giro delle sette chiese, come fecero Morini e Marcattilii, gli chef del San Domenico a Imola Carlo Petrini LE fortune dei grandi ristoranti, fatte salve le dinastie famihari, hanno vita breve. Il ricambio generazionale di chefs e diretto�ri di sale, il mutamento delle mode e l'inevitabile stanchezza che spesso caratterizza questo lavoro duro e difficile sono le principali cause di decadenza di un ristorante. Chi da trentanni non denuncia questa fatica è il San Domenico di Imola guidato da Gian Luigi Morini e dai fratelli Valentino e Natale Marcattilii. Morini ristoratore per passione ha fortemente voluto que�sto locale che mantiene livelli di eccellenza ed è costante meta di buongustai. La storia risale all'ini�zio degli Anni Settanta quando con un'abile operazione diplomatica Mo�rini riesce a convincere il grande cuoco Nino Bergese, da poco tempo pensionato sulla riviera Ugure, a seguirlo in quel di Imola. Bergese fu l'ultimo rappresentante della cate�goria dei cuochi di famiglia e negli Anni 60 fu titolare di un piccolo ristorante in Genova, La Santa. I segreti e le arti di questo grande artigiano vennero raccolti nel libro Mangiare da Re redatto con lucida lungimiranza da Luigi Veronelli. L'intuizione di Morini consiste neh' aver favorito la trasmissione dei saperi e conoscenze dal grande cuo�co al giovane Valentino offrendo a quest'ultimo l'opportunità di acqui�sire astuzie e piccoli particolari di questa nobile arte. L'operazione riu�scì, malgrado la prassi comune tra i cuochi fosse, in quel periodo, restia nel socializzare tecniche e ricette. Bergese scompare nel 1977 e al San Domenico si conserva un ricor�do indelebile del vecchio cuoco, primo maestro di Valentino Marcat�tilii. Ma per plasmare un grande chef non è sufficiente una sola esperienza, occorrono anni di ap�prendistato e la frequentazione di cucine di alta professionalità. Ed ecco ancora Morini, determinato e caparbio, introdurre il suo giovane cuoco nelle più titolate cucine di Francia. Da La Pyramide di Vienne ai fratelli Troisgros al grande Vergè è un susseguirsi di esperienze che formano colui che diverrà uno dei più grandi cuochi d'Italia. I tempi cambiano e pure le mode gastronomiche cadono in disuso, ma la solidità della cucina del San Domenico di Imola rimane un fatto certo. La Storia di questo ristorante è esemplare per capire la situazione drammatica nel settore formativo dei giovani cuochi. Il sistema delle scuole alberghiere è inadeguato, povero di idee e di prospettive. L'età degli allievi è troppo giovane per sollecitare forti motivazioni professionah e molti di essi, terminata la scuola, si perdono nella giungla di una ristorazione disordinata e di bassa qualità. Urge una riforma che sappia valorizzare le competenze acquisite di tanti bravi cuochi, rige�nerando una classe docente ormai inadeguata, spostando gli studi do�po la scuola secondaria. Insomma, tutto da rifare. Consi�derata la scarsa sensibilità su questi temi e i tempi biblici che in questo paese sono necessari per una qualsi�asi riforma, non c'è da farsi grandi illusioni. Cosicché chiunque voglia acquisire conoscenze e pratiche cu�cinarie di buon livello dovrà inizia�re il giro delle sette chiese, come fecero a suo tempo Gian Luigi Mori�ni e Valentino Marcattilii. PER il Roero, lembo di Piemon�te tra Langhe e Monferrato rimasto a lungo ai margini dei circuiti enogastrdnomici, pare sia arrivato il momento della svol�ta. La rinascita enologica è in atto non da oggi e molti borghi si attrez�zano di locali in cui la cucina di territorio si sposa con i vini della zona. E' il caso di questa osteria alla sommità dell'abitato di Vezza, dove quattro giovani hanno rimesso a nuovo un'antica casa del centro storico. Ne sono scaturite quattro accoglienti camere al piano superio�re, una vineria a quello inferiore e, appunto, l'osteria con angolo bar al piano terra. In tavola è una proces�sione di tipicità: vitello tonnato alla maniera antica, tagliata di vitello alle erbe condita con citronette, insalata di carne cruda, bagna caoda anche in versione estiva più leggera con peperoni o melanzane, sformati di verdura, secondo stagio�ne, con fonduta di rascherà sono esempi di antipasti. Tra i primi si esaltano i maltagliati ai poni e salsiccia, i t^jarin ai funghi e gli immancabili agnolotti dal plin. I secondi alternano brasato al Roero e arrosto con le nocciole, cinghiale o lepre al civet e rolata di coniglio. Un buon carrello di formaggi d'alpeg�gio anticipa i dolci: bonet, semifred�do al torrone e pesche di Canale ripiene di cioccolato. I vini contem�plano una buona serie di etichette della zona, elencate in una carta che, tenendo conto della ricchezza del territorio, ha ancora margini di miglioramento. Il conto finale è onesto. Si consiglia la prenotazione. Brasato al Roero o arrosto con le nocciole Paola Gho DI VIN ROERO piazza San Martino, 5 Vezza d'Alba (Cn) tei. 0173 65114 chiuso domenica sera e lunedi Coperti: 60 -l60 estemi Prezzi: 35-45 mila vini esclusi Cartedi credito: tutte
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