IL CORAGGIO DELlA VERITÀ di Domenico Quirico

IL CORAGGIO DELlA VERITÀ MARCIANONVIOLENTANEL CONGO IL CORAGGIO DELlA VERITÀ Domenico Quirico IN tanti anni di massacri e di miseria nessuno li ha mai ascoltati. Sono le comparse mute della recita di dittatori vecchi e nuovi Mobutu, Kabila, Museweni, Kagame che sfilano nei salotti buoni della diplomazia internazionale e proclamano la truffaldina palingene�si di rivoluzioni subito appassite; la manodopera dei saccheggiatori, bianchi e neri, che si alternano a inghirlandare di bugie il business dei diamanti, dell'oro, dell'uranio. Per la prima volta gli abitanti di Butembo nel Congo Orientale sono andati in piazza non per applaudire, a comando, queste menzogne, ma per gridare cose semplici «vogliamo la pace, vogliamo la libertà» che hanno il sapore del proibito, dell'eretico, del rivoluzionario. Nel Kivu travolto dal turbine maligno di eserciti stranieri e di bande criminali, teatro della prima guerra mondiale africana, hanno trasformato subito in una esercitazione di democrazia la cristallina provocazione dei trecento italiani arrivati qui rispondendo all'appello di «Beati i costruttori di pace», di «Operazione colomba» e di «Chiama l'Africa». Una azione non violenta coraggiosa, perfino temeraria per invocare la fine della guerra: perché ha dovuto sfidare la ostilità dei regimi ufficiali che fino all'ultimo hanno cercato di bloccarla o sfruttarla a loro vantaggio. Ci vuole coraggio per gridare in piazza, nel Kivu dei massacri, a fianco dei rappresentanti delle organizzazioni della società civile e dei religiosi, verità che qui costano la vita: in questo scrigno dell'Africa il colonialismo non è mai finito, nuovi gruppi stanno continuando, nell'indifferenza e con la complicità internazionale, il saccheggio. Nella zona dei Grandi Laghi una fragile proposta di pace convive con la atroce normalità (nel Burundi si sta combattendo ferocemente da giorni con centinaia di morti). Il misterioso assassinio del dittattore congolese Kabila e la ancor più misteriosa successione del figlio Joseph ha riaperto trame e scenari, mescolato vecchie alleanze, ridato spazio alla Francia che sembrava ormai cancellata dal nuovo africanismo americano. Forse, in questo scenario, lo scandalo di Bukavu resterà senza effetti pratici. Ma nelle coscienze l'immagine della folla che chiede pace continuerà a fermentare, a moltiplicare il suo benefico contagio. In Congo (e in Ruanda) l'Occidente ufficiale, quello delle Nazioni Unite e delle grandi potenze che proclamano il diritto alla ingerenza, ha molto, troppo da farsi perdonare: il silenzio con cui ha nascosto i genocidi; il cinismo con cui ha dato credito a despoti moderni e feroci (il giovane Kabila accolto a Parigi e a Wasghington con tutti gli onori!); l'avarizia con cui ha negato uomini e mezzi alla causa della pace. E' lo stesso Occidente che continua a pretendere che gli africani costruiscano democrazie, che la società civile a mani nude! rovesci i tiranni con cui sottoscrive affari reciprocamente lucrosi. Grazie ai trecento inermi marciatori di Bukavu questo Occidente ha qualche motivo in meno di vergogna.

Persone citate: Kabila, Kagame, Museweni

Luoghi citati: Africa, Burundi, Congo, Francia, Parigi, Ruanda