«Le sue armi politiche: pacatezza e serietà» di Federico Geremicca

«Le sue armi politiche: pacatezza e serietà» IL LEADER DS CANDIDATO A ROMA «LA NOSTRA ERA UNA SFIDA COMUNE PER CONQUISTARE DUE GRANDI CITTA» «Le sue armi politiche: pacatezza e serietà» Veltroni: sono sempre stato colpito dalla sua torinesità intervista Federico Geremicca ROMA aUARANTASETTE anni ap�pena, uno della mia genera�zione, stessi itinerari politici e non solo politici, il lavoro duro, le battaglie, il partito l'Ulivo e poi questa follia, questa sfida, voglio dire, di lanciarsi in una nuova avventura, la campagna elettorale per tentare di riconquistare al cen�trosinistra la guida di due grandi città come Roma e Torino». Sono le undici e mezza della sera, la voce di Walter Veltroni arriva come un soffio attraverso la cornetta del telefono. Il leader della Quercia ha appreso da pochissimo dell'improv�visa e drammatica morte di Dome�nico Carpanini, e non riesce a na�scondere né l'emozione né il dolore. Onorevole Veltroni, aveva vi�sto o sentito di recente Car�panini? «L'ultima volta sarà stato un paio di settimane fa. Nell'ultimo perio�do ci eravamo sentiti abbastanza di frequente in ragione della sua e della mia candidatura per le prossime elezioni amministrati�ve...». Era stato travagliato, come si dice, il percorso che aveva portato l'Ulivo a scegliere Carpanini come candidato sindaco, no? «C'era stata ima discussione, co�me accaduto anche in altre città. Devo dire che io, fin dall'inizio, mi ero convinto dell'opportunità di affrontare la battaglia torinese puntando appunto su lui, su Do�menico. Ne abbiamo discusso. Quel che resta ora, purtroppo, è la serietà e la compostezza, l'umiltà e la modestia con la quale Carpanini è stato dentro quella discussione. Se devo de�scriverlo con poche parole, alla luce anche della vicenda che ha portato alla sua candidatura, use�rei queste: un uomo che voleva bene al partito, alla sinistra e alla coalizione». Ha di Carpanini dei ricordi particolari, recenti? «In momenti così, i ricordi si affollano. Potrei dire che la prima cosa che mi è tornata in mente è la telefonata che gli ho fatto quando qui a Roma l'Ulivo ha dato il via libera alla sua candida�tura. Ma ricordo anche quando sono stato su a Torino per l'as�semblea congressuale piemonte�se che meentrammo sui temi della sicurezza. Domenico Intervenne, naturalmente. E il discor�so che fece mi confermò ulterior�mente la giustezza di una scelta che individuasse in lui il nostro candidato sindaco». Cos'è che la colp�di quell'in�tervento? «Potrei dirle la pacatezza dei toni. Potrei aggiungere: la serietà e l'assenza di isterismi che pure, spesso, si sprecano intorno a temi delicati come quelli della criminalità e della sicurezza. Ma se devo esser sincero, la cosa che mi colp�più di ogni altra fu la sua torinesità, la conoscenza profon�dissima della città e dei suoi umori, l'esser quasi impastato se mi si passa il termine con essa». E poi? «E poi che proprio andando in aeroporto per tornare a Roma, dopo quell'assemblea, mi venne�ro dati i primi sondaggi su una eventuale sua candidatura a sin�daco. Erano lusinghieri. Allora lo chiamai per dirglielo e lui ne fu felice, sinceramente felice. E poi potrei ancora dirle della telefona�ta che ci facemmo quando venne�ro ufficializzate sia la sua che la mia candidatura. Ci scambiam�mo gli auguri e anche qualche battuta sulla vena di follia che ci aveva spinto a buttarci in que�st'altra esaltante ma comunque difficile avventura». Fora? «E ora parliamo di lui, lo piangia�mo e lo ricordiamo. Io sono convinto che la sua scomparsa sia una perdita grave per il no�stro partito, certo, ma anche se non soprattutto per la città di Torino, che Domenico tanto ama�va e per quale tanto si è speso fino al suo ultimo minuto di vita. Era quel suo essere cos�torinese che colpiva, fuori e dentro il partito. Se posso ricordare un episodio, tomo a un mio ultimo incontro con il senatore Agnelli. Parlammo di tante cose, un po' anche delle elezioni al Comune. Il senatore ebbe parole di apprezza�mento per il lavoro svolto da Carpanini e per quel che avrebbe potuto ancora fare. Qualche tem�po dopo, mi capitò di raccontarlo a Domenico. Ne fu felice, in qualche modo perfino lusingato. Ma tutto questo, purtroppo, ora non conta più...». «Il senatore Agnelli ebbe con me parole di apprezzamento per il suo lavoro. Glielo riferii, ne fu felice e lusingato» Walter Veltroni, segretario dei Democratici di sinistra

Luoghi citati: Roma, Torino