Barbero: Tultimo rosa che accende Lautrec

Barbero: Tultimo rosa che accende Lautrec Barbero: Tultimo rosa che accende Lautrec STORICO medievista, Ales�sandro Barbero continua a frequentare altre età quan�do scrive romanzi che pure amano bagnarsi nel fiume della storia: forse per lo scrupolo di mantenere ben distinta la sua professione di studioso dalle risor�se del narratore. Fatto sta che manifesta, raccontando, un penchant verso la modernità: l'Euro�pa napoleonica («Bella vita e guer�re altrui di Mr. Pyle, gentiluo�mo»), la Russia sovietica («Roman�zo russo») e ora, con «L'ultimo rosa di Lautrec», la Francia di fine Ottocento. Sembra anche procede�re con un restringimento di cam�po, dal grande affresco d'epoca ai casi di un protagonista, per quan�to rilevato, come il pittore di Albi: circoscrivendo perdipiù l'atten�zione alla fase estre�ma della sua vita. Il titolo svela gli intenti e, per cos�di�re, l'uso che Barbero vuol fare del suo per�sonaggio. Rosa è il colore del grande cor�po che la prostituta Celeste esibisce per l'ultima volta a Lautrec (un corpo sfatto, "ma quante cose ti racconta questa carne"). E' soprattutto, nell'ulti�ma pagina del libro, il colore della vernice secca ritrovata dopo la morte nel suo atelier. L'una e l'altra occasione ci consegnano, in un filo di struggimento, i senso di un congedo dalla pittura. Barbe�ro ne racconta le avvisaglie che si manifestano in una mattina di febbraio del 1899. Quando Lau�trec, colpito da un attacco di delirium tremens, stramazza in una strada di Montmartre e viene ricoverato in un bordello: è "quasi arrivato al capolinea". Tirandone le conseguenze in senso ideativo e formale, non indugia tanto sul pittore, quanto sulle traversie di quel "nano", che lascia trasparire nell'abbrutimento i tratti del gran signore, insieme alla benevola, solidale disposizione verso il mon�do che ha scelto di frequentare con le sue gambe corte: il café chantant, il circo, l'osteria, il bor�dello. Nel romanzo, dipinti e mani�festi li vediamo appena in filigra�na, sono i "documenti" ai quali attinge il narratore per rappresen�tare una umanità marchiata dal RECENLorMo SIONE nzo dò vizio, dalla malattia, dalla miseria. In questa Parigi sporca di fumo e ba�gnata di nebbia la Francia ufficiale si presenta con il volto di un commissario esoso e di un medico lombrosiano. Con un tinnire di sciabole e speroni, un movimento di mantelle e chepì. Sono i giorni in cui muore il presidente della Repubblica, Paure, gli animi sono divisi per la revisione del proces�so Dreyfus e il leader dell'estrema destra Déroulède vagheggia un colpo di Stato. Intanto si scava la metropolitana e la borghesia trionfante si prepara ai fasti del�l'Expo che annuncia il secolo nuovo. In questi frangenti, Lau�trec combatte la sua battaglia contro le istituzioni statali e fami�liari (la madre adorata e detestata che non finisce di rimproverargli la pittura "scandalosa"), cerca con un sussulto di orgoglio e revivi�scenza di evitare il manicomio. Resterà sola a difenderlo, fino allo stremo, la ballerinetta del "Rat Mort", che è l'invenzione più riu�scita del romanzo, in cui trascina la sua grazia macilenta. Rossa di capelli e lentiggini, come la volpe che il nobile disgraziato e declas�sato non ha mai potuto cacciare, è incantata più che dalla dispendiosita, dalla sua gentilezza. La stes�sa, in fondo, del giovane operaio tra le cui braccia troverà riparo, in un inatteso per quanto preca�rio lieto fine. Barbero sa restituirci con sensi�bile aderenza la Parigi popolare e bohèmienne tra Montmartre e Montpamasse, il grigiore dei tetti e delle strade, il linguaggio sbocca�to e canaille. Sa sollecitare (con un sospetto di forzatura, peraltro consentita al romanziere) il valo�re emblematico, oppositivo, della vita e dell'opera di Lautrec. Im�mergendosi nel colore del tempo, trae partito dai trattati di crimino�logia e anatomia. Si concede il piacere della "citazione" colta, di immaginare una telefonata di Proust a Gaston Calmette: il diret�tore del "Figaro", avverso morali�sticamente a Lautrec ma deferen�te nei confronti dell'altoborghese Marcel che pure gratifica dell'ap�pellativo di "checca". Ma è una civetteria. Qui il riferimento lette�rario che davvero conta è Zola. Sono le sue battaglie civili, i sondaggi nel sottosuolo della so�cietà, l'attrazione per il malato e il deforme. Oltre a tutto il resto (comprese le proiezioni sui nostri giomi) il Lautrec di Barbero sem�bra respirare simpateticamente quell'aria, proporsi come un imphcito, convinto omaggio all'autore dei «Rougon». RECENSIONE Lorenzo Mondò Alessandro Barbero L'ultimo rosa di Lautrec Mondadori, pp. 160, L. 28.000 ROMANZO Alessandro Barbero

Persone citate: Alessandro Barbero, Barbero, Dreyfus, Gaston Calmette, Proust

Luoghi citati: Albi, Francia, Lautrec, Parigi, Russia