PALAZZESCHI Fuoco e fumo

PALAZZESCHI Fuoco e fumo PALAZZESCHI Fuoco e fumo E' in corso a Firenze (terminerà oggi) un convegno organizzato dall'Università su «L'opera di Aldo Palazzeschi». Vi fanno da cornice una mostra nel Museo comunale Alberto Della Ragione (documenti, prime edizioni, manifesti futuristi, quadri, innanzitutto i De Pisis) e una lettura di testi affidata a Paolo Poli. Fra i relatori invitati a ripercorrere l'officina dello scrittore fiorentino, Edoardo Sanguineti: pubblichiamo alcune parti del suo intervento, «Postille per un vecchio codice». L'INTERVENTO Edoardo Sanguineti NEL 1913, a due anni dalla pubblicazione del Codice di Pereìà, Ardengo Soffici pub�blicava sulla «Voce» un me�morabile intervento sulle opere gio�vanili di Palazzeschi, che può esse�re segnalato come il vero esordio della critica palazzeschiana, e al quale possiamo utilmente rifarci, e vorrei dire necessariamente, quasi, adesso, per incominciare.!.. J. Il Codice, infine, si risolve in un solo articolo, in un unico imperati�vo categorico, nel precetto e nella parabola della leggerezza suprema. Che sono parabole e precetto anar�chici e libertari, proprio. Siamo, se vogliamo dirla in questo modo, a specchio di quel paradigmatico co�dice dei telemiti, di cui si legge che «en leur reigle n'estoit que ceste clause», al «FAY CE OUE VOULDRAS» palazzeschiano. In questa prospettiva, per chi lo desideri, sono disposto anche a dire, come molti dicono correntemente, che Perelà è figura carnevalesca, e più sicuramente, per molti riguardi, almeno, affatto rabelaisiana. [...1 Ma, comunque si voglia leggere il Codice, e cioè la moralità, anzi la contromoralità controdolorifica, che chiude il libro, e specificamen�te quell'ultimo capitolo, s'intende, che, nella prima stesura, reca in insegna, come il romanzo tutto. Il codice di Perelà, ha ragione Soffici, se non in altro, là dove, polemizzan�do con Borgese, con «codesto dan�nunziano smesso», come lo desi�gna, codesto «amatore di lipparinate terrorizzanti», discorre, per Pere�là, dei «sorrisi dolenti di un nihilista convalescente», del «cantico mattutino di uno spirito tornato a galla da un tuffo ne la disperazione e fatto libero e imponderabile». E per quanto Soffici punti a una visione gratuita e innocente e irre�sponsabile dell'arte di Palazzeschi, e anzi dell'arte futurista, e anzi dell'arte in sé e per sé, non gli sfugge affatto, e malgrado tutto lo rileva e confessa, che in Palazze�schi, come, a mio parere, in tutta la grande poesia e in tutta la grande arte di questo secolo che ci è appe�na morto ieri, tra le nostre braccia, la pulsione anarchica, eversiva e ribelhstica, libertaria e rivoluziona�ria, è la pulsione decisiva, la matri�ce stessa di ogni possibile valore, nell'ideologia come nel linguaggio. Resta un punto, per il quale intendo affidarmi ostinatamente, a rischio di apparire gravemente mo�nomaniaco, al solito Soffici, ed è quello delle radici formali e struttu�rali, tematiche e figurali, iconologi�che e letterarie, di questo «romanzo futurista». Ebbene, Soffici, che ab�biamo sentito evocare marginal�mente Laforgue, nei Princìpi, a proposito di acrobatismo e clowni�smo, nega, per Palazzeschi, le «in�fluenze straniere [...] di Pierrot laforgueani». E scrive: «Palazzeschi s'è nutrito di libri di scuola e ha imparato a conoscere da due o tre anni appena i suoi presunti precur�sori», che è una testimonianza qua�si indiscretamente confidenziale, ma credibilissima, e preziosa. [...1 Nazionalismi culturali a parte, cre�do che sia corretto accogliere l'idea di una genealogia indigena e nati�ca, fondamentalmente, di Perelà, 'tra fiabe toscane e libri di lettura, teatri e teatrini fiorentini e stampe dell'Ottocento (dico quelle che cos�letteralmente si additano, non quel�le che metaforicamente si restaura�no in prosa), tra pettegole storie di buffi semiproverbiah, e anche semi�leggendari, e giomalini caricaturali e satirici. A una condizione, però, si capisce. A condizione che, anche in un clima fortemente segnato da tratti che vorrei definire granducal�mente umbertini, o umbertinamente granducali, se preferite, si conce�da che non ci voghono grandi sforzi per respirare, poiché di sé ha impre�gnato tutta l'Europa, anche nelle sue regioni più periferiche e margi�nali e attardate, aria di simbohsmo. È una specie di strano fantasma, ma potentemente contagioso, que�sto fumo di simbolismo che percor�re il Continente, questo simbolismo di fumo, si può dire come si vuole, ancora una volta, ma non si sfugge, non c'è scampo, nemmeno chi si trovi a masticare parole, per citare appena i casi alti e comprovabili. tra Collodi e Vamba, e gazzette puerili più o meno vernacolamen�te riboboleschi. ' Adesso possiamo ritornare a quella vecchia, e molto elementare domanda, intomo al «fatto», ai «mille fatti e nessuno», del nostro Codice. E una prima risposta è nella anche troppo frequentata for�mula che Palazzeschi suggerì, nel '58, nella sua premessa alle Opere giovanili. «"Perelà" è la mia favola aerea, il punto più elevato della mia fantasia». Ma Perelà è poi, in effet�ti, una «fa�vola», e ci reca innanzi l'intiero reperto�rio favoloso e favolistico del simbo�lismo, il meglio inventariabile, il più schiettamente, e quasi impudi�camente topico. E in due direzioni Palazzeschi visto da Ettore Viola. Nel Cd «AIEIMOIUI» le più note liriche lette da Cajani perArchividel'SOO conviene allora muoversi, ormai. Per un verso, strutturalmente parlando, proprio, si possono recu�perare gli archetipi che danno for�ma a questa nitida allegoria. Oui è arduo decidere se possa essere più utile, tanto per intenderci in fretta, un Propp o un Kerényi, o un qualun�que loro surrogante discepolo e seguace. È comunque la sola strada che permette di risolvere, in manie�ra pacifica e corretta, anche la querelle, altrimenti interminabile, della cristologia più o meno latente, più o meno programmatica, rac�chiusa nel codice letterario di que�sto Codice. Il quale, se cristologico è, è tale in quanto mobilita, non meno e non più di un qualunque Pinocchio, le funzioni e le mitografie evangeliche, accanto a ogni al�tra possibile immagine arcaicamen�te iniziatica e rituale, magica e archetipica, e insomma simbolica, strettamente discorrendo, prima ancora che simbolistica. Ma poi, a rendere l'impresa dia�gnostica più agevole e blanda, c'è tutto il repertorio immaginativo del Palazzeschi in versi, senza con�tare quella che diverrà VAUegoria di novembre. Penso a tutto quanto può situarsi in mezzo, da Ara, Mara, Amara al Rosario, dalle va�rie «regine» alle varie «caricature», dalle nutrici alle vecchie alle religio�se, dai piromani alle nobildonne. Ma l'inventario, nel Codice, ha ormai un'andatura sistematica, am�bisce a farsi idealmente totalizzan�te, e investe il catalogo completo, tendenzialmente, delle figure sociali. Sfilano, come in corteo, i vigili e i dazieri, le reali maestà e i cauti cortigiani, i fotografi e i cerimoniari, gli aristocratici e o popolani, il pittore Crescenzio Pacchetto e il banchiere Fortunato Rodella, il poe' ta Isidoro Scopino e il dottore Ago�stino Pipper e il filosofo Angiolino Pila detto Pilone, l'eminentissimo Arcivescovo e il cameriere Alloro, l'autoincendiario, l'incendiario di sé stesso. E poi, ecco le dame del tè e del ballo e del processo, che formano una verace «encyclopaedia sexualis», anzi una «pathologia sexualis» (Palazzeschi e Marinelli, maggio 1909: «Sono pieno di libri di cari amici, pei quali sento affezione o magari rispetto, ma la loro ma�sturbazione pensante le Laure, le Beatrici, mi à proprio indignato! Quelle povere donne sono ormai mence come le prostitute». E qui lasciatemi divertire me, e voi, la duchessa Zoe Bolo Filze, la princi�pessa Nadina Giunchi Del Bacchet�to, donna Maria Gioconda Di Cartel�la, la contessa Carmen Ilario Denza, la contessa Cloe Pizzardini Ba, la marchesa Oliva Di Bellonda, donna Giacomina Barbero Di Rio Bo, la contessa Rosa Ramino Lic�cio, la baronessa Gelasia Del Prato Solies, la principessa Bianca Delfi�no Bieco Delle Catene, mademoisel�le Enos Copertino. E avanti [...]. Non manca davvero niente, in que�sta rassegna tipologica di maschere e di marionette. E per la fauna femminile, ossessiva al carissimo ma misoginissimo Aldo, eccoci infi�ne, l�a mezza strada, tra la l^sùa alla contessa Eva Pizzardini Ba e l'Interrogatorio della contessa Ma�ria. L'itinerario deir((uomo di fu�mo», dell'eroe e martire di ogni leggerezza, percorre, in emblema, tutta la galleria della alienazione sociale, e le contesta in nome di un'idea di incendiaria distruzione, di amara e allegra rivolta. L'omaggio di Firenze al ribelle Perelà, eroe e martire ;i di ogni leggerezza HI L'omaggio di Firenze al ribelle Perelà, eroe e martire ;i di ogni leggerezza tra Collodi e Vamba, e gazzette puerili più o meno vernacolamen�te riboboleschi. ' Adesso possiamo ritornare a llhiltltCodice. E una prima risposta è nella anche troppo frequentata for�mula che Palazzeschi suggerì, nel '58, nella sua premessa alle Opere iili"Plà" è li flti, una «fa�vola», e ci reca innanzi l'intiero reperto�rio favoloso e favolistico del simbo�li il li itribil il Palazzeschi visto da Ett Vil Nl Cd AIEIMOIUI

Luoghi citati: Bieco Delle Catene, Europa, Firenze