Ma si possono davvero tagliare le tasse?

Ma si possono davvero tagliare le tasse? Analisi del programma economico di Berlusconi: le compatibilità con l'Europa Ma si possono davvero tagliare le tasse? Carlo Bastasin LE contraddizioni dehe pro�messe fiscali in campagna elettorale, già sohevate da que�sto giornale, sono diventate centrah nel dibattito pubblico. Do�po l'appello del Commissario Monti e l'accanito commento del Financial Times di luned�scorso, stanno assumendo un aspetto critico in chiave euro�pea per due ragioni: è più proba�bile la vittoria del centro-destra, sostenitore dei tagli alle tasse e quindi più a rischio di divergen�za dal rigore fiscale europeo, e vi si sovrappone il tema della com�posizione pohtica del Polo a cui partecipano formazioni che a occhi europei evocano tendenze estremiste. L'Italia d�Berlusco�ni rischia cos�d�apparire come una combinazione d�Austria e Irlanda, �due «casi» che hanno spaccato l'Europa: l'Austria de�nunciata per la presenza al go�verno del partito d�Haider, l'Ir�landa per i suoi tagli fiscali. Per quanto ingenua sia questa sem�plificazione, il rischio d�incom�prensione tra italiani ed europei è forte. C'è ragione d�credere che �problemi nasceranno dal fronte della pohtica economica. Li dovranno avere risposta. Il caso Austria è stato presto considerato un'interferenza poh�tica mal riuscita e carente dal punto d�vista del diritto. Oggi il giudizio è diverso: un governo nato su premesse ostili a quelle europee e pronto a far uso del proprio veto in tali materie, è rientrato nel gioco cooperativo dei partner, attraverso una «peer pressure» pohtica, reciproca persuasione tra partner, mentre il partito estremista ha perso consensi. Tuttavìa è davvero immaginabile che Francia e Ger�mania ritrovino una capacità d�iniziativa tale da denunciare come xenofobo o anti-europeo un governo italiano che non violi apertamente il gioco euro�peo? Maggiore è il rischio di incor�rere in un nuovo caso-Irlanda. Sulla vicenda sono state offerte valutazioni contrastanti su II Sole-24 Ore da Alesina-Perotti e da Lorenzo Bini Smaghi. Da entrambe le analisi emerge un giudìzio politico sulla condanna d�Dublino: «abuso di potere» della Commissione o dei Paesi grandi, secondo Alesina-Perotti; o con più coerenza «forma d�necessario coordinamento» per Bini Smaghi. La stessa contrap�posizione dehe due analisi dimo�stra però i rischi di futura incom�prensione Italia-Europa, che po�trebbe evolvere in una vera crisi. L'accusa di infrazione del�le regole economi�che colpirebbe l'opinione pubbli�ca italiana molto duramente, dan�do luogo a una condanna ((pohti�ca»: con metodo «irlandese», ma portata «austria�ca». Per capire se ciò possa avveni�re, bisogna rico�struire il pro�gramma economi�co di Berlusconi in base al poco materiale dispo�nibile: le dichiara�zioni, i documen�ti e h libro del leader d�Forza Italia {L'Italia che ho in mente). La filosofia è im�prontata a un im�pulso fiscale che si richiama alla «politica dell'of�ferta», secondo i principi della Reaganomics. Berlusconi indivi�dua un'area «no tax» a redditi bassi, un'area tassata con l'ali�quota base del 230Zo (redditi sotto i 200 milioni e piccole imprese). Per redditi superiori l'aliquota si ferma al 3396. In base ahe ipotesi d�Laffer, che ispirarono la Reaganomics, la detassazione crea un ambien�te favorevole all'investimento e induce gh inoccupati a cercare lavoro, alzando il «tasso di parte�cipazione» dal 5907o itahano (lavo�rano tre persone su cinque in grado d�farlo) al 6707o (due su tre) della media europea. In base all'esperienza lo stimolo alla ereli programma d I f. mi li: 23 e 33 9ò scita «dal lato deh'offerta», cioè dal maggior impiego del lavoro e del capitale, è incerto o difficile da quantificare. Più certo è l'im�pulso che la detassazione dei redditi esercita dal lato della «domanda», cioè sui consumi delle famiglie. Un sostegno alla domanda in Italia è sensato se esiste un forte eccesso di offerta d�lavoro, se il nuovo lavoro non si traduce subito e solo in domanda di salari più alti, cioè inflazione, se la qualità e il li�vello competitivo della produzione ìtahana non è co�s�bassa da far s�che la maggiore domanda si risol�va in un aumento dell'import e se lo stimolo fiscale non provoca dub�bi sulla graduale e costante ridu�zione del debito pubblico su cui grava la pohtica d�bilancio molto deludente deh'ultimo armo. Inol�tre il tagho ahe tasse non deve es�sere percepito co�me un caso d�«free-riding», d�abuso della coo�perazione, dai partner dell'area Euro: un aumen�to d�deficit può condizionare (anche solo in termini d�aspetta�tive) l'equilibrio tra risparmio e investimento nell'area euro e quindi provocare un rialzo, sep�pur piccolo, del livello (comune) dei tassi d'interesse a scapito dei Paesi la cui condotta d�bilancio rimane virtuosa. In tal caso l'Italia sottrarrebbe un po' d�crescita economica agh altri Pae�si attraverso lo stimolo fiscale alla propria economìa. Secondo un'analisi d�Csfb, basata su un modello econome�trico standard, uno stimolo fisca�le pari al 207o del pil produrrebbe una maggiore crescita del pil dell'l07o fino al 2004, ma in assenza di effetto-Laffer, cioè d�aumento dehe entrate fiscali con la riduzione deUe alìquote, ovviamente vedrebbe .un deficit ogni anno del 2,fó sopra quello programmato dal piano di stabihtà. La difficoltà d�previsione sul�l'aumento della base imponibile dipende dall'estensione del lavo�ro sommerso in Italia. Tasse più basse lo farebbero emergere e ciò aumenterebbe il pil e le entrate fiscali, o semplicemente il «sommerso» non ha alcuna convenienza a emergere e se lo facesse il suo contributo alla ricchezza del Paese calerebbe? Anche solo da questi dubbi si capisce perchè la questione meri�dionale sarà tanto cruciale in caso di governo Berlusconi. In assenza d�forte ripresa nel Mez�zogiorno, gh effetti di stimolo alla crescita «dal lato dell'offer�ta» d�una riduzione dehe tasse sono in serio dubbio. Non esiste seria evidenza empirica che per�metta d�stimare un effetto di «riemersione» nel breve-medio termine. Le chances di ripresa sono legate invece proprio all'im�piego d�fondi europei. Se però manca l'effetto-Laffer, i conti pubblici sono a rì�schio. Dalle dichiarazioni di cam�pagna elettorale non si desume che h calo d�introiti venga compensato da tagh alla spesa, al contrario si parla di ampi programmi di spesa in infra�strutture. Una situazione che ricorda le argomentazioni della denuncia europea contro l'Irlan�da: «i cui piani fiscali per il 2001 consistono di tagh alle tasse e ampi aumenti di spesa corrente e in conto capitale. Ciò alimente�rà la domanda, ma non avrà effetti nel breve termine dal lato dell'offerta». Le conseguenze po�lìtiche del caso irlandese sono note. Chi si prepara ad assumere ruoli di governo in Italia dovreb�be chiarire fin d'ora gli interroga�tivi sulle compatibilità finanzia�rie del programma, indicando oltre ai tagh dehe entrate fiscali anche quelli dehe spese, sapen�do che una crisi «irlandese» in Italia avrebbe ben altre conse�guenze per il governo, il Paese e l'Europa. Un governo di centro destra non rischierebbe accuse di xenofobia ma di indisciplina fiscale e di bilancio La ricetta Reagan ostacolata dall'alto debito pubblico e dal «sommerso» Un conflitto coi partner dell'euro aprirebbe una crisi «irlandese» di portata «austriaca» I f. mi li programma di Berlusconi prevede due sole aliquote fiscali: 23 e 33 9ò