Il Profeta, il «frantoio» e la Chiesa di domani di Igor Man

Il Profeta, il «frantoio» e la Chiesa di domani GLI ABBRACCI DEL PAPA Al NUOVI «PRINCIPI» DI ROMA Il Profeta, il «frantoio» e la Chiesa di domani ritratto Igor Man ^^UID vobis videtur?» (come la ■J vedete, siete d'accordo?): co^B^sì, in antico, il Papa chiedeva ai cardinali, in Concistoro segreto, dopo aver loro bisbighato il nome dei nuovi eletti. Muti, i poiporati si toglievano lo zucchetto a significar l'assenso. Allora la Chiesa era meno diffusa, meglio: la sua sottile in�fluenza diplomatica non era ramifi�cata come è adesso, epperò esisteva quel potere temporale che la Catte-, dra di Pietro esercitava con inflessi�bile autorità, alta consapevolezza del suo «primato» etico, usando l'arte del compromesso nel segno d'un realismo invero fiorentino. Si diventava cardinali, un tempo, massimamente per volontà e desi�gnazione del Pontefice che, tutta�via, non sempre privilegiava l'immacolatezza del designato poiché contavano anche la sua ricchezza materiale, la sua disponibilità nell'elargir limosine: Erano quasi tutti ricchi, ilio tempore, i candidati alla porpora; oggi vivono modestamen�te e quel po' di denaro con cui dovrebbero sbarcare il lunario lo decurtano ferocemente gli «aiutini» chiesti da parenti disoccupati, da poveri poverissimi i quali candi�damente immaginano che il cardi�nale solo perché cardinale possa pescare a piacimento nel mitico «Tesoro di San Pietro», s�da poter dispensar limosine ai bisognosi sen�za risentirne in proprio. Questo per quanto riguarda i cardinah diremo «normali», quelli che vivono in Curia e ivi lavorano facendosi cari�co di responsabilità spesso pesanti. Gh altri, sparsi nel mondo, spesso conoscono il martirio della fame, della malattia cattiva, della tortu�ra. Ma come si diventa cardinah e perché? Come e perché si compie il grande balzo dal viola al rosso, dal titolo di vescovo alla «berretta scar�latta»? Con le opere. Oggi nell'era nuova dell'Intemet, l'informazio�ne viaggia velocemente, in tempo reale, dimodoché il supremo designatore sa tutto di tutti i suoi uomini, dei «generah» a capo deUe Divisioni del Papa: che esistono, non nel senso ironicamente deni�gratorio che intendeva Stalin («ma questo Papa, quante divisioni ha?»), bens�in termini di apostola�to, di mobile catechesi incessante: il recentissimo Giubileo ce le ha fatte conoscere, codeste divisioni del Papa, nella indimenticabile not�te di Tor Vergata. Quell'accadimen�to, il raduno giovanile, ci ha fatto scoprire la realtà del cattolicesimo attuale; ci ha dato la misura della potenza non astratta ancorché spi�rituale della Chiesa; questa Chiesa guidata, con tormento e lieta passio�ne nell'istesso momentum, da un personaggio già nella Storia del Mondo, quel profeta postmoderno ch'è Karol Wojtyla. Recentemente, il Papa si è rivolto ai giovani, ricordando, ripassando ora dietro ora, l'estate esaltante del Giubileo. Avvenire ha pubblicato il testo inte�grale del messaggio dal quale risul�ta che, da quell'uomo intelligente ch'egli è, da quel Pastore severo ma misericordioso che vuol essere, Ka�rol Wojtyla abbia capito come quei giovani siano una sorta di «pohzza vivente» in grado, essa soltanto, di assicurare alla Chiesa un futuro. Wojtyla sa benissimo che in questo momento la Chiesa di Ro�ma, il Cattolicesimo, sia ima «enor�me minoranza»; vastissima e com�posita ma pur sempre minoranza. Soltanto il diffondersi della Parola può farla diventare maggioranza niente affatto silenziosa. (Quando non si sa). Ed è qui la «spiegazione» di certe nomine terzomondiali, su�damericane in particolare. Ed è qui lo straordinario mixage di persone e luoghi, di presente e di passato in prospettiva d'un futuro che si an�nuncia bibhco. Cioè rivoluzionario, serio, sinanco duro. Ecco: vedendo iermattina il Pa�pa, tutto d'oro vestito (in omaggio alla visibilità imposta dalla tv), franco nei movimenti e intelligibile nella voce come di rado accade, espansivo nei sofferti gesti di fratel�lanza: l'abbraccio al nuovo porpora�to, una parola acconciamente bisbi�gliata, proprio ad personam, ci è accaduto di vederlo com'è (forse), meglio: cos'è la Chiesa ch'egli incarna e guida. E' un enorme frantoio: vi affluiscono le olive le più diver�se: grasse, magre, nere, verdi, bian�che, minuscole eccetera. Tutte di�verse ma tutte destinate a una sola mola imparziale. Imparziale affin�ché ne derivi l'oho puro color del�l'ambra ma anche dell'oro; lucente siccome il giorno, lento nel versarsi nel Tempo cos�come fa il Sole al tramonto, all'alba. Nei secoli dei secoli. La Storia è fatta anche di episodi relativamente modesti in fatto di misura, di «quantità». Penso alla prima preghiera ecumenica, in Assi�si, voluta da papa Wojtyla che, poi, ne passò il testimone ai «ragazzi di Sant'Egidio», puntuah, ogni anno, nel riproporla in questa o quella capitale del mondo, come giornata di ecumenica fratellanza, di fiera proclamazione di fede. L'ultima preghiera ecumenica s'è svolta a Lisbona, or è pochi mesi. E il vecchio cronista ricorda il Perdono della Chiesa pubblicamente chiesto agli ebrei lusitani dal Patriarca di quella splendente capitale atlanti�ca; e si accorge che fra i nuovi cardinah c'è anche lui, monsignor Da Cruz Policarpo, di cui rammen�ta la commozione quando, insieme con Andrea Riccardi, il fondatore di Sant'Egidio, presero per mano Dan Segre (sì, lui, il grande giornalista israeliano, già diplomatico e «007» alla [vana] caccia del nostro Ame�deo Guillet di cui divenne amico) e lo issarono sul palco per la preghie�ra ecumenica della Pace. E Dan, col Tallith (lo scialle chiaro degh ebrei in Sinagoga) sulle spalle, gli occhi turchini, glaciali, pianse lacrime lustrali. Le stesse lacrime (forse) che scandirono i giorni infiniti di monsignor Van Thuan, nominato vescovo di Saigon proprio il giorno in cui quella capitale venne conqui�stata dai vietcong. Arrestato, tortu�rato, lasciato a marcire in una gabbia di bambù durante quindici anni all'incirca, nella giungla. Ma si risorge anche su questa terra se si sa pregare, se si riesce a perdona�re. Con la cerimonia di ieri, solare eppur misteriosa (cosa avranno pensato in quel preciso momento il cardinale Ratzinger, il cardinale Lehmann), papa Wojtyla non ha designato il suo successore ma ha dettato il suo testamento: dalla molteplicità di Assisi passando per l'arcobaleno di iermattina, all'uni�tà del Cristianesimo: domani.

Luoghi citati: Assisi, Lisbona, Roma, Saigon, Sant'egidio