Sfida asiatica per le imprese di Marco Zatterin

Sfida asiatica per le imprese Dini: meno dazi coi paesi Afta. Umberto Agnelli: dobbiamo essere più presenti Sfida asiatica per le imprese Tiene il «mode in Italy», nuove opportunità Marco Zatterin TORINO Attratti dall'Est Asiatico, dalle Tigri che la crisi del 1997 ha messo in ginocchio e che ora, superata la sbornia finanziaria, già marciano con passo rapido e sicuro. «Il potenziale di svilup�po economico dell'area è forte», assicu�ra il ministro degli Esteri Lamberto Dini, pronto a lanciare un appello per�ché l'Unione europea firmi più accordi con l'Oriente lontano^ riduca i dazi e favorisca gli scambi. «È una considera�zione ovvia che l'Italia e le sue imprese debbano essere più presenti in quei paesi» aggiimge Umberto Agnelli, da sempre portabandiera del nostro siste�ma imprenditoriale nel continente asia�tico. Come Dini, il presidente Ifil ritiene che le occasioni di business stanno crescendo e, come il ministro, ammette che bisognerebbe fare di più per aumen�tare i traffici commerciali, usando la chiave degli affari per favorire la stabili�tà politica e il diffondersi del benessere, ma anche per dare nuove opportunità ai nostri operatori. Di qui il confronto fra governo, imprese, tecnici e ambasciatori che ieri ha animato il convegno organizzato dalla Camera di Commercio di Torino sulle prospettive delle relazioni fra l'Italia e i paesi dell'Afta l'Area del libero scambio asiatica di cui fanno parte Birmania, Cambogia, Brunei, Fi�lippine, Indonesia, Malaysia, Laos, Sin�gapore, Thailandia e Vietnam. I dati dell'Ice, presentati dal presidente Fabri�zio Onida, riferiscono che nel 2000 l'interscambio si è stabilizzato, il che è una buona notizia, soprattutto alla luce dell'aumento di attività'e domanda asiatica. «Non abbiamo perduto quote rispetto ad economie più dinamiche della nostra e più attive dal punto di vista degli investimenti ha spiegato Onida eppure non abbiamo ancora recuperato tutto il terreno perso all'in�domani della crisi del 1997». Favorisce l'ottimismo il ricordo di un 1999 favore�vole, in cui l'export verso l'Afta era cresciuto dell'8,7 per cento (5.432 mi�liardi) e l'import calato del 6,6 per cento (5.903 miliardi). L'analisi di Dini invita ad insistere. «È stato notato che la crisi ha avuto l'effetto di imprimere un'accelerazione al processo di apertura delle economie ha spiegato il ministro -. Si è venuti a prendere coscienza dell'esigenza priori�taria di regimi stabili, aperti e democra�tici». L'instabilità politica resta però un nemico da battere. «Ci sono luci per l'espansione economica di alcuni paesi. Ci sono ombre laddove queste prospetti�ve non si vedono». L'Unione europea deve pertanto svolgere un'azione che favorisca democrazia e sviluppo. Dal canto suo «di govemo italiano è impe�gnato a sostenere lo sforzo crescente delle imprese nazionali impegnate nei paesi Afta, nomi come Fiat, Alenia, Pirelli...». Come? Migliorando l'informa�zione degli operatori e costruendo un «efficace sistema Paese». «È un chiaro errore pensare che l'Asia nel suo complesso sia una zona di perdurante instabilità economica» ha affermato Umberto Agnelli. Certo, ha rilevato, l'influenza di un Giappone con importanti problemi intemi sugli altri paesi è rilevante, «l'Est Asia ne risen�te». L'Europa deve pertanto avere un molo propulsivo ed aprire opportunità alle nostre imprese. «E nel nostro inte�resse. Collaborare con l'Asia è il modo migliore per prevenire il ripetersi delle crisb. Tuttavia, avverte Agnelli, «bisogna rigorosamente tenere conto che sono paesi difficili. Oualcuno ha detto che in Asia occorrono cultura, portafoglio e organizzazione. A mio avviso non basta ancora. È essenziale coltivare i rappor�ti, vivere lunghi periodi in loco anche se si è grandi imprenditori». La chiave per le imprese italiane, e cos�ritoma lo spunto di Dini, è il «fare sistema)». L'ingresso sui mercati asiatici richiede capitali ingenti, è impossibile agire senza sinergie con le banche. L'azione va concertata fra tutte le istituzioni, sfruttando i molti programmi Uè mirati a rafforzare la presenza economica in Asia. Tuttavia, ammette Agnelli, tali programmi «mi sembrano più utilizzati dalle regioni che dalle imprese». La tendenza deve essere invertita: le nuo�ve sfide non consentono altri ritardi. Il ministro degli Esteri Lamberto Din! A sinistra, il presidente dell'lfil Umberto Agnelli