Giustizia per le «schiave del sesso» di Enrico Singer

Giustizia per le «schiave del sesso» Giustizia per le «schiave del sesso» Tribunale dell'Aia, tre miliziani serbi alla sbarra reportage Enrico Singer inviato all'AIA SULLA parete di vetro a pro�va di proiettile che protegge l'aula del tribunale scende una tenda pesante. Anche le voci che arrivano attraverso gli altoparlanti sono deformate. E' uno schermo all'orrore, il rispet�to per le donne che sono venute fino qui a raccontare il loro inferno. La «testimone 75» tutte sono identificate soltanto con un numero aveva 15 anni quando fu portata dai miliziani serbi nella grande casa abbando�nate! dalla famiglia musulmana dei Karaman, nella cittadina di Foca, in Bosnia. Sono passati otto anni da quel maggio del 1992, ma la «testimone 75» non ha dimenticato. Ricordali seque�stro, in ima scuola dove era sfollata, la prima notte, sola in mano a cinque uomini, e le altre notti. Un incubo durato dieci giorni. Di fronte a lei ci sono i tre imputati che sono sotto proces�so al Tribunale intemazionale dell'Onu per la ex Jugoslavia. E' il tribunale che vuole giudicare anche Slobodan Milosevic per crimini contro l'umanità e che ha, in questo momento, 66 pro�cedimenti in corso contro altret�tanti protagonisti della guerra nei Balcani. Alcuni sono molto noti, come Biliana Plavsic, la donna che con Radovan Karad�zic e Momcilo Krajisnik guidava la presidenza a tre della Repubbhea serba di Bosnia. Altri sono gli sconosciuti esecutori della politica di sterminio che fu bat�tezzata «pulizia etnica». Ma que�sto processo è senza precedenti perché i tre imputati sono accu�sati di avere ridotto delle donne in «schiavitù sessuale», traduzio�ne giuridica di quello «stupro etnico» teorizzato e praticato dai miliziani serbi. La sentenza è attesa per do�mani e farà, come si dice in questi casi, giurisprudenza. Pa�tricia Sellers, assistente del Pro�curatore generale Carla Del Pon�te, ne è certa: «La prostituzione forzata non è stata mai giudica�ta da un tribunale prima d'ora. Dopo la seconda guerra mondia-. le sono state emesse sentenze contro chi organizzò il lavoro forzato dei prigionieri fino a ridurli in schiavitù. E la vicenda dei rimborsi per gli schiavi di Hitler si sta chiudendo soltanto adesso. Ma per le donne trasfor�mate in oggetti sui quali scarica�re violenza sessuale non c'è stata mai giustizia». Il processo per il caso di Foca sta cercando di fare proprio questo. Sono state ascoltate trenta testimoni. «Ma molte donne sono morte, altre non hanno voluto parlare. Non riusciremo a dimostrare quante sono state le vittime. Per noi è importante dimostrare il crimine», tiice Patricia Sellers. Il crimine è nelle parole della «testimone 56», come delle al�tre. «Foca fu occupata dai mili�ziani serbi all'alba di una dome�nica. Molti altri cittadini musul�mani erano fuggiti di notte. Io con mia madre e miei fratelli eravamo rimasti. Non volevamo lasciai la nostra casa. Entrarano i soldati. Ci portarono via in campi di concentramento im�provvisati. I miei fratelli chiusi in una scuola, io con mia madre nel centro sportivo del Partizan assieme a tante altre donne. Di notte i soldati tornarono. Mia madre fu violentata subito. Io fui portata via in quella grande casa che avevano trasformato in una specie di bordello. Loro arrivavano in quindici, venti. Noi ragazze eravamo sette». «Ho visto come hanno ridotto la testimone 75 che era con me. Quando l'hanno riportata nella stanza dove ci lasciavano riposa�re piangeva, vomitava e sangui�nava dappertutto. Credevo che morisse di emorragia. Ora che l'ho rivista qui so almeno che è viva». La «testimone 56» è stata nella casa Karaman di Foca due settimane, è rimasta incinta, ha abortito, adesso ha 25 anni e vive in un centro di riabilitazio�ne per profughi. Quando il presi�dente del Tribunale,. Florence Ndepele Mumba, una donna giu�dice dello Zambia, le ha chiesto se riconosceva in aula tra gli imputati i suoi aguzzini, la «te�stimone 56» ne ha indicati due: Zoràn Vukovic, un miliziano, e Dragoljùb Kunarac, un ufficiale dell'esercito serbo di Bosnia che comandava l'unità di incursori che occupò Foca. «Lui era il più violento». Il terzo iìnputato è un altro miliziano serbo, Radomir Kovac, accusato di avere organizza�to con gli altri due i «bordelli» di Foca. Erano loro a chiamarli così; i «bordelli» dove le donneschiave molte anche ragazzine di 12, 13 anni erano sottoposte a ogni violenza ed erano tenute in vita con poca acqua e ancora meno cibo. Il comandante Dra�goljùb Kunarac si arrese alle forze intemazionali il 4 marzo del '98. Gli altri due furono catturati, sempre dai militari della Sfor il 2 agosto e il 22 dicembre del '99. Da allora sono tutti nel reparto speciale della prigione dell'Aia che ospita i 35 serbi accusati di crimini dal Tribunale intemazionale. Gli av�vocati dei tre hanno sostenuto, come tesi difensiva, che non si può parlare di «schiavitù» per�ché le vittime «non erano in permanente possesso» degli ac�cusati. l�capo del collegio di difesa, Slavisa Prodanovic, ha anche sostenuto che «lo stupro in sé, in fondo, non è un atto che infligge pesanti sofferenze fisiche». E ha insinuato che le vittime sarebbe�ro state consenzienti, che avreb�bero preferito finire nel «bordel�lo» piuttosto che rimanere'nei campi di prigionia. L'accusa ha chiesto per i tre serbi pene da 15 a 35 anni di carcere. La parola, ormai, è ai giudici di questa corte intemazionale creata da una risoluzione del ConsigUo di Sicurezza dell'Orni nel maggio del 1993. Da quando ha comin�ciato a processare criminali di guerra serbi, ne ha assolto sol�tanto uno e ne ha condannati in via definitiva quattro. Altri undi�ci sono stati condannati in pri�mo grado. Finora tutti per i massacri e le fosse comuni. Da domani, probabilmente, anche per le «schiave del sesso». I tre imputati rischiano da 15 a 35 anni: sono accusati dello «stupro etnico» teorizzato e praticato nella primavera del 1992 Si scrive una pagina di storia: è la prima volta che la «prostituzione forzata» è giudicata con un processo, non accadde neppure dopo la seconda guerra mondiale Per molte donne vittime della violenza in Bosnia non c'era altra consolazione che le lacrime. Erano scene frequenti quelle di cui si occupa oggi il Tribunale dell'Aia

Luoghi citati: Bosnia, Jugoslavia, Zambia